Qualche giorno fa un mio amico, fotografo di
altissimo livello, ha manifestato un certo fastidio per tutti quelli che, senza
conoscere nemmeno la grammatica di base della fotografia, condividono scatti
improvvisati sui social network. Nei fatti, svilendo la professione.
Da un certo
punto di vista, ha ragione: anch'io m'incazzo come una jena di fronte a tutti
quelli che, non conoscendo la grammatica italiana né le regole base del giornalismo,
si improvvisano giornalisti e hanno la presunzione di definirsi tali. Quando
hai fatto secoli di gavetta e affrontato mesi di studio "matto e
disperatissimo" prima di sostenere gli esami da professionista, il minimo
che possa succederti è che ti girino a elica.
Sento però il
dovere di fare una piccola difesa d'ufficio per gli improvvisati e inesperti fotografi
- forse perché anche a me da qualche tempo è venuta questa fissa (ma non mi
sognerei mai di definirmi "fotografo") -, chiedendo al mio amico
fotografo di essere un po' più clemente, perché una piccola differenza c'è.
Prendi la luna.
La luna bisogna guardarla in due: uno la vede, dice un "guarda!" come
se fosse la prima volta nei millenni che la luna appare nel cielo e tutti e due
sollevano lo sguardo accompagnando il gesto con un sospiro.
E se nel
momento in cui vedi la luna accanto a te non c'è quell'uno che farebbe due? La
fotografi e la metti su Facebook. Senza pretese. Soltanto per dire
"guarda!" ad altri "uni" che in quel momento sono da soli
in strada, al lavoro, al mare, a casa davanti a quell'incubatore di solitudine
che è l'asocial network. E hai la sensazione di non essere da solo.
Anche se sai
bene che a quegli uni puoi aggiungere tutti gli zeri che vuoi, farli diventare
centinaia, migliaia, milioni, ma non saranno mai due.
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