lunedì 22 luglio 2013

La crisi è in crisi

Come se a Catania chiudesse 'a fera o luni (per i non catanesi, il mercato storico che si trova in piazza Carlo Alberto dal 1832). O come se levassero "u liotru". O il Colosseo a Roma. Valore architettonico zero (anzi, faceva cagare abbastanza, sul piano del gusto e della qualità), niente a che vedere con l'Anfiteatro Flavio, eppure a Roma chiude un pezzo di storia. Si abbassano le saracinesche del Mas in piazza Vittorio. Lì ci andavano i più poveri fra i poveri, sempre pieno di immigrati. Perché anche se sei povero un paio di lenzuola o qualche paio di slip te lo devi comprare e anche se sei povero hai bisogno degli strofinacci da cucina. Sintetici e repellenti all'acqua, cuciti male, tagliati peggio. Quando li stiri sono la rappresentazione plastica dell'impossibilità della quadratura del quadrato. Però ti servono, soldi per comprarteli di lino non ne hai e te li compri al Mas. Te li compravi. Ora, la cosa che fa riflettere è proprio il tipo di negozio che chiude. Abbiamo visto chiudere negozi di roba più o meno superflua (a parte i cellulari di ultima generazione: moriamo di fame, ma allo smartphone non rinunciamo, a costo di fare un mutuo e un mutuo per pagare gli interessi del mutuo) e persino quelli di abbigliamento frequentati dai benestanti (che ora tanto bene non stanno più), ma che chiudesse il mercato più a buon mercato non ce l'aspettavamo. Cos'è successo, sono i finiti i poveri? Forse è proprio il contrario: i poveri sono sempre di più, ma sono talmente poveri che adesso pure la crisi è andata in crisi.

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