giovedì 30 maggio 2013

La rivoluzione francese

I servizi televisivi ieri sottolineavano l'emozione e gli occhi lucidi degli sposi. Come fosse una cosa strana. Come se i gay fossero dei bruti incapaci di sentimenti e non i giornalisti - la gran parte dei giornalisti - dei coglioni pieni di pregiudizi che si stupiscono della naturalezza delle cose. A me ha colpito invece un'altra cosa della cerimonia di Montpellier, il primo matrimonio seguito all'approvazione della legge da parte del Parlamento francese: mi hanno colpita le parole del sindaco. Non so se in Francia sia formula di rito o se si sia trattato di una scelta legata al momento - certamente storico -, però è stato bello sentirlo. Non solo sentire un sindaco (socialista) richiamare il "Trattato sulla tolleranza" di Voltaire, ma proprio le ultime parole di madame le maire: non ovviamente, un presunto ministro di qualcosa che si arroga il diritto di parlare a nome di una presunta entità superiore e nemmeno il freddo (ma certamente preferibile a stregonerie ultratiberine) "in nome della legge" che si sente da noi nei matrimoni civili. Assolutamente no: ai due sposi la sindaca ha detto di essere "onorata" di dichiararli uniti in matrimonio. Una sola parola, che in questa vicenda ha la carica dirompente di una rivoluzione. Una sola parola che - non potendo sentirmi onorata di far parte di un'Italia che fa concordati e trattative con tutti tranne che con i suoi cittadini - almeno mi fa sentire onorata di essere europea.

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