lunedì 16 agosto 2010

Cloaca sociale

Il sovraffollamento delle carceri alibi per nuovi appalti?


Prendete una “stanza” di circa sedici metri quadrati, metteteci grappoli di letti a castello – qualcuno persino a quattro piani, che per scendere ti devi paracadutare -, aggiungete il cesso alla turca che è quanto di più schifoso si possa immaginare, un lavabo e un cucinino di quelli con le bombole da campeggio, e alla fine infilateci dodici persone e chiudete la porta a chiave.
La stanza è la cella di un carcere, le persone sono dodici detenuti che in piena estate possono fare la doccia soltanto a giorni alterni e, nello spazio lasciato libero da letti e suppellettili – secondo quanto riferisce Salvo Cannata, avvocato penalista a Catania -, devono fare i turni persino per stare in piedi; e questo “affresco” è la sintesi di quello che chiamano sovraffollamento carcerario, piatto forte del menu telegiornalistico estivo insieme alle precauzioni da prendere per difendersi dal caldo, le corna di stagione, gli anziani soli e i cani abbandonati. Argomento da spiaggia, si direbbe, in cui tutti si affannano a snocciolare dati e che in questi giorni vede lo “straordinario” impegno di parlamentari di ogni colore nella visita annuale a battersi il petto, prima di chiudere il gas e partire per le vacanze. Anche e soprattutto quelli della destra, correi del berlusconiano pacchetto sicurezza inventato per far vedere quanto sono bravi loro a combattere la criminalità. Ma quella dei poveracci e dei diseredati. Perché gli altri, le cricche, i sistemisti, gli Anemone, i Balducci, Berlusconi e i suoi compari, ciascuno dei quali può vantare almeno una legge ad personam costruita per parargli il culo, non faranno mai un solo giorno di galera. A Catania quelli della cricca, quelli che si fottevano i soldi dei servizi sociali, dentro ci sono stati un giorno e mezzo: tempo di confessare il minimo indispensabile per essere scarcerati. Perché, ipotizza più d’uno, la magistratura avrebbe avuto paura di andare avanti; paura che si parlasse di quel sistema inventato per favorire “gli amici” trombati alle elezioni – uomini del Pdl e dell’Mpa, uomini di Firrarello e di Lombardo -; paura che scoppiasse una nuova tangentopoli catanese.
Un giorno e mezzo. Si sono accontentati di quattro cazzate e li hanno rimandati a casa. Gli altri, invece – gli immigrati, un incensurato che si ritrova a spacciare per disperazione -, li lasciano là a marcire: “chi ruba i miliardi – riferisce Cannata – in tre mesi è casa, chi spaccia uno spinello si fa un anno”. Per non parlare dei tempi di attesa quando fai richiesta al Tribunale di sorveglianza per essere affidato ai servizi sociali o per andare a lavorare: sei-sette mesi, che a vivere in quelle condizioni è difficile non diventare un animale rabbioso. Nessuna riabilitazione in carcere e la Costituzione italiana, già messa sotto i piedi da questo governo, ridotta sempre più in brandelli. Cannata parla di leggi liberticide e incostituzionali varate dall’esecutivo che, così come ha fatto per la scuola, porta avanti un discorso di classe: dentro ci stanno i poveracci, gli immigrati, i disperati, gli anziani, persino i malati. E – denuncia ancora - “lì acquisiscono gli elementi per un futuro da malavitoso: il carcere è una cloaca sociale. Tiriamo lo sciacquone e non ci preoccupiamo più, ma quella è merda che ci ritorna indietro, perché la gente esce più cattiva”. O non esce, perché “non vede il futuro” e si taglia la gola da parte a parte con una lametta come ha fatto l’ultimo suicida nel carcere di Bicocca.
Ma, prima delle vacanze, i parlamentari vanno a fare il loro giro turistico in carcere per poi gridare allo scandalo sovraffollamento (e dire che in Sicilia ci sono almeno tre carceri, costruite e mai messe in funzione) e chiedere inciucisticamente all’unisono che si costruiscano nuove carceri. Magari assegnando l’appalto a quelli che se la ridevano la notte del terremoto a L’Aquila.
Lo hanno fatto anche a Catania: sono usciti tutti indignati e contriti dal carcere di piazza Lanza, gridando allo scandalo e chiedendo che la struttura venga “delocalizzata”. Anzi, qualcuno che dovrebbe fare opposizione si è spinto anche più in là sollecitando che vengano presi in considerazione “con attenzione i progetti di finanza presentati”. E i progetti presentati - dietro i quali ci sono gli stessi faccendieri e palazzinari artefici di un nuovo “sacco” di Catania che hanno cementificato la città negli ultimi anni - sono quelli che prevedono di radere al suolo il carcere e costruire un grattacielo da venti piani farcito di 600 vani, centri commerciali e uffici.
La cloaca bipartisan ai tempi della cricca.

Nessun commento:

Posta un commento