Stamattina durante un convegno un esponente
nazionale di Amnesty International ha parlato del “barometro dell’odio”, un
monitoraggio effettuato dall’ong nel corso della recente campagna elettorale
italiana analizzando le parole usate dai capi dei principali partiti politici e
dai candidati. Studio che si è sviluppato non registrando le frasi riportate
dai giornali – che possono essere smentite con la solita formuletta del «non
sono stato capito» quando non negate con intimidatorie minacce di querele -, ma
attraverso l’osservazione dei post scritti direttamente sulle loro bacheche dai
nostri aspiranti rappresentanti in Parlamento, da cui è emerso
inequivocabilmente l’uso di un linguaggio discriminatorio, xenofobo, misogino,
e i cui risultati definitivi saranno resi noti nelle prossime settimane.
Una cosa però l’esponente di Amnesty l’ha detta subito
e cioè che se dovesse scegliere un posto dove andare a vivere in Italia sulla
base dell’uso inesistente del linguaggio di odio sceglierebbe il Molise. Ho
pensato che dev’essere per questo che da qualche anno circola l’affermazione
surreale sul Molise che non esiste: in effetti, sembra che ormai ci si noti per
la cattiveria e se non sei cattivo non esisti. La stessa «mappa dei discorsi di
odio per regione» pubblicata sul sito dell’associazione a supporto
dell’indagine (andate a guardarla) parte dal rosso cupo della Lombardia – per
la cronaca, con 123 frasi di odio 106 delle quali razziste e xenofobe – e va digradando
verso tonalità di rosa sempre più chiaro fino al bianco del Molise (in
compagnia soltanto di Val d’Aosta e Basilicata): bianco su sfondo bianco,
praticamente trasparente. Come quelle persone che non urlano, non insultano,
non danno fastidio, si scansano per farti passare, se sono al cinema evitano
persino di starnutire e nessuno si accorge che esistono. Non se n’è accorto
nemmeno Giorgio Napolitano, che in tutti gli anni del suo doppio mandato non
c’è mai andato nemmeno una volta. E invece dovrebbero fargli un monumento: al
Molise, non a Napolitano.
Sono andata a cercare su Internet perché si dice
che il Molise non esiste e ho trovato un articolo del Fatto quotidiano del 2005.
Dice che sì, va bene, «regione piccola e montagnosa», ma la ragione vera di
quella frase (che in compenso è diventata il titolo di una pagina Facebook
seguita da circa quindicimila persone) sta nelle parole di un certo dottor
Gregory Donald Johnson: «Ho studiato a lungo la geografia (…) dell’Italia, e
sono giunto alla conclusione che il fatto che nessuno ricordi il capoluogo del
Molise, il piatto tipico del Molise, una canzone popolare del Molise o perfino
il dialetto di questa regione, si può spiegare così: il Molise non esiste». E
fra le cause, alla luce del monitoraggio di Amnesty, si potrebbe aggiungere che
in quella regione non insultano i migranti.
Che poi, invece, potrebbe/dovrebbe diventare la
vera ragione per accorgersi del Molise: il suo piatto lessicale tipico.
Ma forse è meglio lasciarlo lì dov’è il Molise,
nel suo civile anonimato: per non rischiare che venga colonizzato dalle felpe
di qualche odiatore seriale.
* Ho preso la foto dalla pagina Fb Il Molise non esiste
* Ho preso la foto dalla pagina Fb Il Molise non esiste
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