Ma non era meglio quando si menavano fascisti e
comunisti? Almeno era nell’ordine naturale delle cose.
Non fraintendetemi: non sto auspicando il
ritorno agli scontri e alle teste spaccate. Sto solo dicendo che era più
comprensibile. Che c’erano delle passioni, c’era un contesto sociale fortemente
politicizzato e la Resistenza era ancora un evento storico vicino a
significativo per la maggioranza degli italiani.
Ora no, non lo capisco: non lo capisco perché la
gente debba lanciarsi reciprocamente addosso vagonate di odio e di rancore
senza una ragione. Perché, ammettiamolo, se la carbonara si fa con la pancetta
o con il guanciale non è che sia cosa da determinare i destini del mondo. Se
c’è chi preferisce gli aghi da calza all’uncinetto – Kim permettendo – non
dovrebbe scoppiare la terza guerra mondiale. Se a una coppia di genitori piace
comprare i vestiti uguali alla propria coppia di gemelli e un’altra coppia di
genitori invece preferisce distinguerli nell’abbigliamento non è che arriva il
meteorite del Buondì e ci carbonizza tutti.
Ma allora perché vi incazzate così? E,
soprattutto, perché prendete di mira l’obiettivo sbagliato? Perché siete
diventati tutti grillini inside?
Faccio un esempio: qualche giorno fa c’era una
lettera a un giornale nella quale una signora lamentava la difficoltà di
trascrivere nei registri italiani il doppio cognome, materno e paterno, del
figlio nato in America. Lettera pacata, sul cui contenuto puoi essere o non
essere d’accordo, ma che non insultava nessuno. Eppure nei commenti gli
insultatori seriali si sono scatenati: «problemi inutili; Eh, quando non si
hanno problemi veri; si perde tempo a scrivere lettere inutili, gridando contro
l’ingiustizia del mondo su questioni di una futilità sconcertante». E così via.
Naturalmente, in pieno stile grillista (o salvinista, fate voi), non poteva
mancare l’attacco ai giornalisti: «E di chi queste lettere inutili le pubblica,
vogliamo parlarne?».
Questo su un giornale, dove peraltro i commenti
dovrebbero essere prima esaminati da un moderatore che però a quanto pare
preferisce il ruolo di aizzatore.
Per non parlare dei social, dove comanda il
partito del fiele e la battaglia politica si fa più aspra non tanto fra
fascisti e comunisti, ma fra comunisti e comunisti, gente di sinistra e gente
di sinistra (che non vuol dire Pd, è bene ricordarlo), a cui basta un like non gradito a un commento non
gradito per iscriverti d’ufficio al partito dei rinnegati, per la felicità del
partito dei padroni (che vuol dire Pd, è bene ricordarlo) che gode come un
riccio a vederci litigare.
Di questo passo, se io scrivessi in un post che
ho le lentiggini qualche picchiatore virtuale obietterebbe, bava alla bocca, che
non sono lentiggini ma cacche di mosche, un altro che non è vero che ho le
lentiggini e sono una truffatrice perché me le disegno tutte le mattine con la
matita, un terzo che sono un’ignorante perché non si chiamano lentiggini ma
efelidi, un quarto – se io le avessi chiamate efelidi – che sono una stronza
perché uso una parola poco comune per tirarmela e dunque non sono abbastanza
comunista.
Di questo passo non si va da nessuna parte. O
forse si va verso l’estinzione. E forse non sarebbe male.
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