domenica 18 dicembre 2016

La corrispondenza (cazzeggio domenicale)

Stamattina rispondevo alle mail. No, non nel senso che intendete voi, digitando sulla tastiera delle risposte a domande o comunicazioni: io ci parlavo proprio. Ad alta voce.

Ho dato degli stronzi a quelli di Amazon. Al sesto libro di uno dei miei giallisti preferiti che mi proponevano di acquistare - dopo avere detto per cinque volte «no, grazie» o «mi piacerebbe, ma non posso» – gliel’ho urlato: ma allora siete proprio stronzi! Lo sapete che non me lo posso permettere, no? E poi sei, sette tutti in una volta, sicché se anche potessi acquistarne uno sarei messa di fronte al grande dilemma sul titolo da scegliere. Vi potrei anche denunciare per crudeltà mentale. Lo sapete, vero?

Poi ho parlato col papa, che di questi tempi sembra intrattenga rapporti epistolari con cani, porci e sindaci. E, a quanto pare, anche con me. Mi voleva vendere un calendario dei preti. Non ho capito bene se nudi come si conviene a modelle e modelli da calendario o in modalità «chiedilo a loro». Gli ho chiesto come cazzo ti permetti, non lo sai come la penso? Domanda cretina. Primo perché, per quanti poteri soprannaturali possa avere, dubito che mi abbia sentito; e poi perché quando mai glien’è importato niente alla sua azienda di come la pensano gli altri: loro prendono gli indirizzi (non so come) e spammano come tutti gli altri che ti vogliono vendere qualcosa. Anzi, direi che loro hanno il copyright dello spamm: non fai nemmeno in tempo a nascere che cominciano a importi cose che non compreresti mai.

A Twoo – dopo avermi proposto per l’ennesima volta, non richiesto,  un arrapato alla ricerca di femmine da scopare il cui range anagrafico va dai venti agli ottant’anni - ho consigliato di farsi vedere da uno bravo. Ma davvero pensate che c’è chi creda che nella frase “scopo affettuosa amicizia” la prima parola sia un sostantivo e non un verbo?

La lettera successiva me l’ha mandata Groupon (e continuo a non capire come cazzo fate ad avere il mio indirizzo): sono passata sopra alla stanza d’albergo a 59 euro a Parigi, trattenendomi dal dirgli che mi mancavano i 259 per arrivarci; ho sorvolato sulle due fedine tamarre All The Love illuminate da tutto un rincorrersi diabetogeno di cuoricini e swaroskini che sembrava Brooklyn by Night; ho evitato di informarli che in vacanza sulla neve non ci vado neanche se mi pagano loro, perché sono freddolosa; ma il dosatore per spaghetti a due euro e novantanove (fino a 81% di sconto!), quello proprio no: «Io la pasta me la misuro con le mani» ho urlato «per chi mi avete preso?» e ho cominciato ad elencare, sempre ad alta voce, tutta una serie di cose che faccio in cucina “a occhio” e che mi vengono benissimo. Stavo per sfidarli a duello, ma ho preferito non sporcarmi le mani e passare a qualcosa di più serio.

Nella mail di Freelancer, fra le varie offerte di lavoro, qualcuno cercava un traduttore dall’inglese al cinese. Ho pensato: «Potrei dirlo a Serena». E c’è mancato poco che non le telefonassi. Serena, come tutti sanno (beh, proprio tutti no: diciamo alcuni che condividono le mie stesse frequentazioni) ha studiato cinese, è stata in Cina a lungo per la sua tesi di laurea e le fa comodo fare delle traduzioni da casa in modo da occuparsi anche della bambina. Chi meglio di lei? C’è un piccolo problema: Serena non esiste. Se non sullo schermo tv, mezz’ora scarsa al giorno, dal lunedì al venerdì, come protagonista di Un Posto al sole.


Su, smettetela di guardarmi con quelle facce. Vorreste farmi credere che anche voi non fate le stesse cose?

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