Stamattina
rispondevo alle mail. No, non nel senso che intendete voi, digitando sulla
tastiera delle risposte a domande o comunicazioni: io ci parlavo proprio. Ad
alta voce.
Ho
dato degli stronzi a quelli di Amazon. Al sesto libro di uno dei miei giallisti
preferiti che mi proponevano di acquistare - dopo avere detto per cinque volte «no,
grazie» o «mi piacerebbe, ma non posso» – gliel’ho urlato: ma allora siete proprio
stronzi! Lo sapete che non me lo posso permettere, no? E poi sei, sette tutti
in una volta, sicché se anche potessi acquistarne uno sarei messa di fronte al
grande dilemma sul titolo da scegliere. Vi potrei anche denunciare per crudeltà
mentale. Lo sapete, vero?
Poi
ho parlato col papa, che di questi tempi sembra intrattenga rapporti epistolari
con cani, porci e sindaci. E, a quanto pare, anche con me. Mi voleva vendere un
calendario dei preti. Non ho capito bene se nudi come si conviene a modelle e
modelli da calendario o in modalità «chiedilo a loro». Gli ho chiesto come
cazzo ti permetti, non lo sai come la penso? Domanda cretina. Primo perché, per
quanti poteri soprannaturali possa avere, dubito che mi abbia sentito; e poi
perché quando mai glien’è importato niente alla sua azienda di come la pensano
gli altri: loro prendono gli indirizzi (non so come) e spammano come tutti gli
altri che ti vogliono vendere qualcosa. Anzi, direi che loro hanno il copyright
dello spamm: non fai nemmeno in tempo a nascere che cominciano a importi cose
che non compreresti mai.
A
Twoo – dopo avermi proposto per l’ennesima volta, non richiesto, un arrapato alla ricerca di femmine da scopare
il cui range anagrafico va dai venti agli ottant’anni - ho consigliato di farsi
vedere da uno bravo. Ma davvero pensate che c’è chi creda che nella frase “scopo
affettuosa amicizia” la prima parola sia un sostantivo e non un verbo?
La
lettera successiva me l’ha mandata Groupon (e continuo a non capire come cazzo
fate ad avere il mio indirizzo): sono passata sopra alla stanza d’albergo a 59
euro a Parigi, trattenendomi dal dirgli che mi mancavano i 259 per arrivarci;
ho sorvolato sulle due fedine tamarre All The Love illuminate da tutto un
rincorrersi diabetogeno di cuoricini e swaroskini che sembrava Brooklyn by
Night; ho evitato di informarli che in vacanza sulla neve non ci vado neanche
se mi pagano loro, perché sono freddolosa; ma il dosatore per spaghetti a due
euro e novantanove (fino a 81% di sconto!), quello proprio no: «Io la pasta me
la misuro con le mani» ho urlato «per chi mi avete preso?» e ho cominciato ad
elencare, sempre ad alta voce, tutta una serie di cose che faccio in cucina “a
occhio” e che mi vengono benissimo. Stavo per sfidarli a duello, ma ho
preferito non sporcarmi le mani e passare a qualcosa di più serio.
Nella
mail di Freelancer, fra le varie offerte di lavoro, qualcuno cercava un
traduttore dall’inglese al cinese. Ho pensato: «Potrei dirlo a Serena». E c’è
mancato poco che non le telefonassi. Serena, come tutti sanno (beh, proprio
tutti no: diciamo alcuni che condividono le mie stesse frequentazioni) ha studiato
cinese, è stata in Cina a lungo per la sua tesi di laurea e le fa comodo fare
delle traduzioni da casa in modo da occuparsi anche della bambina. Chi meglio
di lei? C’è un piccolo problema: Serena non esiste. Se non sullo schermo tv,
mezz’ora scarsa al giorno, dal lunedì al venerdì, come protagonista di Un Posto
al sole.
Su,
smettetela di guardarmi con quelle facce. Vorreste farmi credere che anche voi
non fate le stesse cose?
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