domenica 6 novembre 2016

Il muro del piscio

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Quanti cessi ci sono alla Oerlikon Graziano di Bari? La domanda non è stravagante, perché i padroni della fabbrica siderurgica hanno appena emanato una direttiva in base alla quale dal prossimo 14 novembre i lavoratori dovranno concentrare tutti insieme l’espletamento delle funzioni fisiologiche all’interno di sole due pause di nove minuti ciascuna. Vuol dire che se ti scappa pipì alle 9,30 e la prima pausa è alle 11, te la tieni per un’ora e mezza a rischio di farti esplodere la vescica. Oppure vai al lavoro con il pannolone. Giusto per fare l’esempio meno drammatico e non volendo tenere conto di chi ha la vescica debole o dei lavoratori maschi più anziani con la prostatite. Mettiamo, dunque, dei pisciatori medi. Pure così io me li immagino al momento del suono della campanella a correre e farsi gli sgambetti e guardarsi con odio per arrivare primi alla porta del cesso, a fare file interminabili, a contorcersi nell’attesa che gli altri abbiano finito, a sudare freddo e a lasciare andare qualche goccina un istante prima di essere riusciti ad abbassarsi le mutande. E non vorrei essere nei panni del quattrocentoventesimo. Già, perché i dipendenti della Oerlikon Graziano non sono poche decine ma, appunto, quattrocentoventi. Volendo fare un rapido calcolo e ponendo un tempo x per ogni pipì, mettiamo due minuti, per farla tutti di minuti ne occorrerebbero 840, molti di più dei nove previsti. Perché poi è realistico che se tutti se la tengono quando gli viene, alla fine saranno tutti ad avere bisogno di farla in quello stesso lasso di tempo.
E non oso pensare alla cacca: se uno invece di farla in un paio di minuti – ipotesi impossibile, a meno di un attacco di gastroenterite -, se uno ha qualche problema di stipsi e impiega dieci minuti consumando tutto il tempo che sarebbe occorso agli altri 419, che si fa? Arriva un controllore addetto alla cacca e lo blocca mentre la sta facendo? Alt, tempo scaduto. Ti multano? Lei deve pagare dieci euro ogni minuto in più utilizzato.
Però l’azienda è buona: ha previsto “la possibilità di interrompere l'attività lavorativa per esigenze fisiologiche improcrastinabili”. Com’è umano lei, direbbe il ragionier Ugo Fantozzi. Tutto bene allora, no? No, perché c’è una clausola, una postilla, come quelle scritte in caratteri illeggibili in fondo ai contratti con le compagnie telefoniche: la pausa extra ti viene garantita, però “previa autorizzazione del proprio responsabile”. Cioè tu ti stai cacando sotto a causa della peperonata della sera prima, vai dal tuo capo, accendi un cero alla madonna nella speranza che ti riceva subito, gli racconti i cazzi tuoi diciamo “intimi” e forse, dopo una decina di minuti e se non ha i coglioni girati per questioni sue personali, ti firmerà un “lasciacacare” grazie al quale potrai volare, leggero come una piuma, verso l’agognato cesso. Che realisticamente non ti servirà più. Altrimenti dovrai aspettare la famosa pausa e metterti in fila. A meno che i lavoratori non siano tutti maschi e per loro non venga costruito un apposito muro del piscio grazie al quale giocare a chi la fa più lontano come facevano da ragazzini.
Perché – e qui ripeto la domanda – quanti cessi vuoi che ci siano all’interno di una fabbrica? Escluso che ce ne siano 420 e che l’azienda decida di investire per aumentarne il numero per venire incontro alle esigenze dei lavoratori, mi sentirei di affermare che ce n’è uno solo: il padrone, in quanto categoria.




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