lunedì 21 novembre 2016

E se è una femmina si chiamerà Pleistocene

Ma che bestie siete? Che male vi ha fatto vostra figlia? E, soprattutto: noi saremmo la nazione civile rispetto alla Turchia che legalizza lo stupro attraverso il matrimonio riparatore?
Vi avverto subito: non ho nessuna intenzione né voglia di essere politicamente corretta - che poi in questo Paese di baciapile significa ipocrita -, perché questa vicenda chiama in causa tutti: dalle politiche per l’istruzione alle famiglie, passando per la stampa.
È una storia tutta sbagliata quella che arriva da Bari.
La storia è quella di una vita interrotta: la vita di una bambina di 12 anni che fa sesso con un compagnetto di scuola di poco più grande – come lei “colpevole” solo di ignoranza indotta -, resta incinta e partorisce. Ovviamente con il consenso dei genitori.
Prima trauma: restare incinta.
Secondo trauma: dirlo ai genitori.
Terzo trauma: pianti, disperazione dei genitori, discussioni più grandi di te se tutto va bene; urla, botte, scambi di accuse nell’ipotesi più realistica.
Quarto trauma: tu quello non lo vedi più.
Quinto trauma: essere risucchiati in un vortice di incontri fra genitori, visite al parroco (scommettiamo?), allestimento del corredino e rotture di coglioni varie che una eviterebbe volentieri anche a trent’anni - e quando il figlio ha scelto di farlo -, ma non si può perché i nonni ci resterebbero male. Perché comunque questo bimbo nascerà e andrà vestito. E se è una femmina si chiamerà Pleistocene.
Sesto trauma: pancia che cresce, gente per strada che ti guarda come fossi un animale strano (a meno che non abbiano deciso di segregarti per nove mesi), qualcuno ti addita, qualcun altro ridacchia. Per non parlare di chi a mezza bocca ti dà della zoccola.
Settimo trauma: un parto cesareo, un’operazione in piena regola, pesante, quando a quell’età il massimo che ti dovrebbe succedere è che ti tolgano le tonsille.
Ottavo trauma: nasce il bambino, se sono gentili te lo fanno vedere, ma un istante dopo te lo tolgono. Quel bambino non sarà mai tuo.
Ripeto le domande: che bestie siete? che male vi ha fatto vostra figlia? Scommetto che voi siete di quelli contrari all’educazione di genere nelle scuole. Scommetto che voi siete di quelli che “oddio, il gender che vuole fare diventare tutti froci”. Scommetto che voi siete di quelli che “fornicare” è peccato, ma abortire è ancora più peccato. Scommetto che voi siete di quelli che “sia fatta la volontà” del vostro dio del cazzo.
Sapete una cosa? È colpa vostra e di questa società bacchettona se quella povera bambina non ha capito niente di quello che le stava succedendo prima, durante e dopo. Ed è colpa vostra e di questa società bacchettona se d’ora in avanti la sua vita sarà quella di una bambina adulta, o di un’adulta bambina, di una persona comunque che non sa quanti anni ha e non sa quale sia il suo ruolo nel mondo, perché non è più piccola ma non è ancora grande, perché non è più solo figlia ma non è nemmeno anche mamma. L’unica cosa sensata (non dico indolore, ma sensata) che avreste potuto e dovuto fare per restituire a vostra figlia un barlume di normalità sarebbe stato di farla abortire, a tutela della sua salute fisica e mentale, ma probabilmente avete preferito ascoltare il parroco piuttosto che il buon senso. E non vi rende meno colpevoli il fatto che questo bambino lo alleverete voi. Io spero che viviate con il senso di colpa.
Però vorrei anche sapere come si sono comportati medici e magistrati. Le cronache non chiariscono. Ci raccontano invece (e qui arrivo al discorso che chiama in causa i giornalisti), come fossero comari in visita alla puerpera, che il bambino alla nascita pesava tre chili; ci riferiscono che il parto è avvenuto in una clinica privata di Bari; qualcuno parla di gravidanza «inusuale» (ohibò!) e addirittura – c’è da non crederci! – della «cicogna» che «ha fatto capolino»; infine precisano che la storia non è avvenuta in un contesto degradato ma che entrambi i «baby-genitori fanno parte di famiglie normali». Senza nemmeno uno straccio di virgolette ad enfatizzare un’assurda presunta normalità.
La stessa, a ben pensarci, che attribuite alle famiglie “per bene” dove un uomo “stimato professionista“, "accecato dalla gelosia" e colto “da raptus” ammazza la moglie che voleva separarsi e decidere della propria vita.


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