lunedì 18 gennaio 2016

Un capolavoro

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Io non credo che mi abituerò mai, se anche dovessi scrivere centinaia di libri. La gente in fila che ti allunga il volume per fartelo firmare, la seguace feisbucchiana che ti chiede la dedica per sé e un'altra amica e ti ripete venti volte i nomi da scrivere e tu venti volte te li scordi perché nel frattempo altre venti braccia ti hanno allungato il libro da firmare. E ti dispiace, perché può pensare che di lei non t'importi niente mentre in realtà sei stordita perché stai vedendo un film e ti stai chiedendo cosa ci faccia dentro un film una che ti somiglia pari pari. E poi stai conversando con un tuo ex fidanzato, che ti fa un sacco di piacere perché non lo vedevi da quasi dieci anni ed è venuto lì apposta per te ma devi scegliere se interrompere il racconto che vi state facendo oppure mettere il pilota automatico e firmare le copie distrattamente, senza avere il tempo di mettere a fuoco la faccia che leggerà il tuo libro, come una scrittrice consumata. E le foto che manco una diva del cinematografo (che fra l'altro mi imbarazzano e perciò vengo sempre male). E ve lo devo dire: mi sento una stronza che se la tira.
Perché io quando scrivo un libro vorrei dargli due braccia per abbracciare gli amici, due occhi per leggere affetto negli occhi che incontrano, due mani per stringere mani sincere; e poi due piedi e un paio di scarpe per farlo camminare da solo. Senza di me e a prescindere da me.
Soprattutto se si tratta di un libro come quello - "Violenza degenere" - che ho scritto con la mia amica/collega/nipote (sorella no, ma soltanto perché lei ha la metà dei miei anni) Roberta Fuschi: perché questo libro lo hanno scritto le donne che ci hanno raccontato nei minimi e raccapriccianti dettagli le violenze subite da parte di chi finge di amarle, che ci hanno messo nelle mani le loro vite per evitare che altre donne patiscano ciò che loro hanno patito e per fare sapere ad altre donne che ne possono uscire.
Questo libro noi due non lo abbiamo scritto: lo abbiamo trascritto. E le firme sulla prima pagina dovrebbero essere quelle delle donne forti che - sfidando le convenzioni, le ostilità, l'ipocrisia, il giudizio sociale - hanno compiuto il capolavoro di liberarsi da uomini violenti.

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