domenica 15 gennaio 2012

The Artist, la passione, la vita

Qualche giorno fa ho finito di studiare "Ricostruire il partito comunista" (Diliberto, Giacchè, Sorini - Edizioni Simple) e, come spesso mi capita dopo aver letto un libro, che si tratti di un saggio o di un romanzo, resto per giorni chiusa dentro una sorta di "bolla" che mi induce ad interpretare tutto - persino la pappa dei miei gatti - alla luce delle cose che ho assimilato.
Sicché è successo che io abbia vissuto così anche il film che ho visto ieri: The Artist, film muto e in bianco e nero del regista Michel Hazanavicius.
Li accomuna nei miei pensieri l'epoca di partenza e il percorso nei decenni. Inizio anni Venti: in Italia nasce il partito comunista, a Hollywood - spero di non essere considerata blasfema per il parallelismo - George Valentin è un attore di successo del cinema muto che non riesce ad accettare l'avvento del sonoro. Attore strepitoso, che parla con il corpo, con lo sguardo, con i muscoli del viso (e altrettanto strepitoso il cane che gli recita accanto: "gli manca solo la parola", dirà di lui il suo padrone) suscitando nel pubblico, più e meglio di milioni di parole al vento, sentimenti di condivisione e di immedesimazione, provocando (come è nella vita) l'alternarsi di un sorriso, di una preoccupazione, di una risata, di un sospiro di angoscia per una mente che corre verso il precipizio. E se il film è muto i sospiri di angoscia del pubblico li senti, li puoi contare, li puoi catalogare uno per uno.
Quell'angoscia, quella sensazione di sprofondare nelle sabbie mobili, è la stessa che a volte ti prende quando sai che la tua idea e la tua passione è buona, è ancora valida, dà un senso alla tua vita e può rendere dignitosa la vita di tutti gli altri, ma la gente non ti capisce più. E allora - dicono in estrema sintesi Diliberto, Giacchè e Sorini (che non me ne vorranno se li "uso" per questo parallelismo e non mi soffermo, per consapevole mia inadeguatezza culturale, a parlare diffusamente del loro lavoro) - non bisogna buttare via l'impianto teorico, ma attualizzarlo e trovare linguaggi nuovi. Così come, sembra dirci il film, non è restando arroccati ciascuno sulle proprie posizioni, non è mettendo in contrapposizione il vecchio e il nuovo, gli anziani e i giovani, che si trova la soluzione, ma al contrario attraverso un patto generazionale, uno scambio di esperienze e una complicità che alla fine ti fanno venire voglia di ballare insieme e di intraprendere insieme, con la passione elevata al quadrato, un percorso che è un po' passato e un po' futuro.
Comunque, qualunque sia la vostra storia e quello che ci leggerete, vi consiglio di andare a vederlo questo film muto e in bianco e nero in questo mondo vociante e in un technicolor esasperato, perché si esce dalla sala soddisfatti e con la consapevolezza di avere ancora molto da dare e da fare.

http://www.youtube.com/watch?v=O8K9AZcSQJE

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