sabato 31 luglio 2010

Morti sul lavoro che non c'è

Una decina di giorni fa, in provincia di Lucca, un uomo ha ucciso i suoi due datori di lavoro che lo avevano licenziato e poi si è suicidato: l’indomani a Roma un giovane che aveva perso il lavoro sei mesi prima ha ucciso a colpi di mazza da baseball il suo ex datore di lavoro; un altro l’estate scorsa in Emilia ha ammazzato la moglie e i suoi due figli e ha tentato il suicidio: era disoccupato; stessa scena e stesso periodo a Varese; nell’aprile scorso un altro si è impiccato: in cassa integrazione da un anno lui, in cassa integrazione da un anno la moglie, con due figlie da mantenere; in gennaio nelle Marche un operaio senza lavoro si è lanciato dalla finestra di casa poco prima che arrivasse l’ufficiale giudiziario a notificargli lo sfratto...e questo elenco potrebbe continuare all’infinito: una lunga scia di morti sul lavoro che non c’è. E anche quando la causa del delitto è un’altra – la moglie uccisa per un sospetto di tradimento, un genitore assassinato per una malattia grave -, poi si scopre che la mano di chi l’ha commesso era quella di un disoccupato. Perché vai fuori di testa e ogni cosa ti sembra una montagna da scalare in totale solitudine e senza nemmeno un telefonino per chiedere aiuto.
Ma cosa sta succedendo? Non lo so, non sono un sociologo né uno psichiatra. So però che l’informazione di regime, spesso così solerte a creare collegamenti fra fatti di sangue, non sembra accorgersi di alcun legame: come se quei grappoli di “casi isolati” fossero solo un caso. E so che spesso, di fronte a questo continuo susseguirsi di licenziamenti senza motivo – o, meglio, solo a ragione del maggior profitto che induce a “delocalizzare” dove gli schiavi sono più schiavi –, mi chiedo perché nessuno si incazzi, perché restiamo tutti così indifferenti. A volte qualcuno si incazza, ma da solo. E se ti incazzi da solo, t’incazzi nel modo sbagliato: uccidendoti o uccidendo i tuoi figli.
Quello che manca, appunto, è una sana incazzatura collettiva e qualcuno che la guidi. E forse è proprio questo il punto: sindacati (a parte alcune frange sempre più sparute) che non fanno il loro mestiere, una sinistra comunista che non c’è più, una “sinistra” (?) moderata a cui piace condividere la bella vita dei padroni e persino candidarli nelle sue liste. Ma c’è anche altro: c’è che cammini per strada e hai la sensazione di essere trasparente; c’è che ti dicono “rivolgiti al tale” e diventi pazzo per lo schifo che ti provoca questa ulteriore forma di schiavitù che si chiama clientelismo e alla quale tutti sembrano assuefatti; c’è che accendi la tv e i telegiornali – invece di darti le notizie – ti fanno vedere un mondo che non c’è: pieno di suv, di puttanoni ingioiellati e vestiti di animali morti, di coatte verdoniane trasformate in dive da un cerebroleso convinto di meritare il Pulitzer.
E allora t’incazzi, perché tu lo sai che il mondo vero non è quello, ma ti senti impotente perché gli altri sono convinti che lo sia. E t’incazzi da solo.

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