mercoledì 28 novembre 2018

Fantasmi

Carlo ha sessantotto anni. Da qualche anno è andato in pensione e finalmente si gode la vita. Niente di eccezionale, sia chiaro: faceva l’operaio, ma aveva cominciato a lavorare giovanissimo e dopo tanti anni di contributi qualche sfizio se lo può passare. Qualche viaggetto con la moglie anche lei pensionata per andare a trovare la figlia che insegna all’università in Francia e i suoi sono orgogliosi dopo tanti sacrifici per farla laureare, il progetto di una grande festa con gli ex compagni di lavoro per i suoi settant’anni ché ormai mancano solo due anni, l’acquisto della macchina nuova, al cinema un paio di volte a settimana, persino un abbonamento a teatro. E poi. E poi tutti i regali possibili per viziare i nipotini, le ore di gioco trascorse con loro. 
Bella la vita. 

Davide ha 21 anni. Ha preso una laurea triennale e ha trovato quasi subito lavoro, gratificante, ben retribuito, tredicesima, tutto in regola. Con la sua fidanzata, anche lei laureata e occupata, hanno deciso di prendere una casa in affitto e andare a vivere insieme. Fra qualche anno magari una casa la compreranno pure e faranno anche dei bambini. Per adesso si godono la vita.
Bella la vita.

Però non è andata così. Perché Carlo a sessantotto anni ancora lavorava, innaturalmente, secondo le leggi di mercato in base alle quali devi lavorare fino a schiattare, e una settimana fa infatti c’è schiattato: incidente sul lavoro lo chiamano. Schiacciato da un braccio meccanico in un’azienda per il commercio del pesce in provincia di Ferrara. Non è ancora chiaro se le norme di sicurezza fossero rispettate; quello che è certo è che a sessantotto anni è possibile non avere più i riflessi pronti ad affrontare l’imprevisto. E Davide invece aveva un lavoro di merda: apparteneva alla lunga schiera di quelli che non si possono permettere di studiare, e anche se avesse studiato non poteva ambire al lavoro che gli spettava, perché in Italia il lavoro è un optional. Raccoglieva rottami ferrosi Davide e di quel lavoro di merda ci è morto dopo essere stato investito da una fiammata ed essere rimasto in coma per alcuni giorni nel reparto grandi ustionati dell’ospedale Cannizzaro di Catania.

Carlo Panzavolta e Davide Calogero sono due dei quasi mille morti di lavoro in più in Italia rispetto al 2017. Rientrano nella statistica: secondo l’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, quelli che muoiono di più sono gli under 34 e gli over 65. I primi, mi sembra evidente, perché accettano lavori di merda pur di lavorare, i secondi perché sono costretti a continuare a lavorare malgrado il fisico non li accompagni più. Gli uni e gli altri perché ai padroni interessa solo il profitto - da ottenere anche a costo di disattendere le più elementari norme di sicurezza – e perché ai governi passati e attuali fa più comodo assecondare i padroni che attuare serie politiche del lavoro.
Salvini e Di Maio? No, non mi pare di avere sentito nessuna parola di solidarietà o di dispiacere dai capi di governo: il primo troppo occupato ad essere solidale con chi uccide un ladro a bruciapelo e a spacciare la pena di morte per legittima difesa, il secondo assolutamente preso a difendersi dall’accusa di essere contitolare dell’azienda del padre dove si lavora in nero. E dove, grazie al lavoro nero, è facile che gli infortuni sul lavoro vengano messi sotto il tappeto e che i lavoratori siano solo dei fantasmi da vivi e da morti. Niente equa retribuzione, niente misure di sicurezza, niente vita. Bella la vita, se non muori di lavoro.

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