Negli anni settanta per comprare una 500 ci volevano cinquecentomila lire. È la stessa cifra che pagò, nel 1972, un uomo (un uomo? Un orco. Un porco) di 32 anni arrivato dal Piemonte in Calabria per comprare una ragazzina di 14 anni e portarsela a casa per farci quello che voleva: oltre quarant’anni durante i quali non ha fatto altro che maltrattarla e costringerla a prostituirsi, non dimenticando nel frattempo di farle fare una figlia dopo l’altra. Magari – ma questo forse non lo sapremo mai – per riservare anche a loro lo stesso trattamento.
Fino a quando, nel 2016, lei non lo ha ammazzato somministrandogli in dosi da cavallo un sonnifero che aveva fatto prescrivere per sé.
Oggi quella ragazzina, ormai sessantenne, dopo che finalmente in aula erano venute fuori le ragioni di quel delitto, è stata condannata dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino a 21 anni e 3 mesi di reclusione, respingendo la richiesta di ergastolo da parte della procura ma anche quella di considerare le attenuanti generiche avanzata dalla difesa: «Fatti di 45 anni fa – hanno detto i giudici – non le giustificano».
Fatti di 45 anni fa, andati avanti per 40 anni, non le giustificano? Avere distrutto la vita di una ragazzina di 14 anni, averla riempita di botte e prostituita per oltre quarant’anni non giustifica le attenuanti generiche?
Sì, è vero, un omicidio è pur sempre un omicidio e averlo fatto con un sonnifero forse contempla la premeditazione; sì, è vero, qualcuno lo dirà certamente, quella donna avrebbe potuto denunciarlo. Ma siamo sicuri che non avesse una paura fottuta delle conseguenze, per sé e forse anche per le sue figlie? E siamo sicuri che non avesse la certezza di non essere creduta, che per tutti suo marito era un brav’uomo che salutava sempre e non avrebbe fatto male a una mosca? Troppe ne abbiamo viste e sentite di donne che finiscono per farsi ammazzare nel timore di essere giudicate e abbandonate da tutti e dalla Giustizia prima di tutti. E allora lei ha deciso di farsi giustizia da sé. Ha sbagliato, certo, ma la Giustizia ha avvalorato i suoi timori con quella formula asettica e matematica secondo cui il dolore e le umiliazioni dopo 45 anni vanno in prescrizione.
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