venerdì 27 aprile 2012

Porto abusivo di parola

Provo un certo fastidio in questi giorni ad ascoltare o riascoltare le intercettazioni delle telefonate del vecchio maniaco sessuale con le ospiti abituali delle cene "eleganti" di Arcore. A parte la sensazione di essere comparsa non consenziente di una megafiction nella quale più che attori sembra recitino i doppiatori dei tg di una volta - per contratto senza inflessioni, senza sentimenti e senza opinioni - e che ti facciano sapere quello che vogliono farti sapere, dicendo troppo (quasi a volerti schiaffare in faccia la consapevolezza della loro impunità) o dicendo niente ma facendotelo capire (a te, ma soprattutto all'intercettatore), ci sono due cose che mi suscitano disagio e...no, direi proprio che mi fanno incazzare. La prima è il cinismo di queste giovani donne e, forse, più che cinismo, l'assuefazione a quell'operazione "culturale" condotta per un ventennio proprio dal loro sfruttatore per convincerci che è normale che una (o uno, è indifferente) debba aspirare - come massimo obiettivo della propria vita - a sgambettare in tv o al Bagaglino e che è normale che una (o uno, è indifferente) per raggiungere quell'obiettivo debba prostituirsi. E poi l'uso delle parole, di una in particolare, che mi fa un male cane. Ci avete fatto caso? Sia il vecchio porco che le sue interlocutrici usano a profusione la parola "amore", cominciano ogni telefonata chiamandosi "amore", dicono "amore" con la stessa frequenza con cui il "Che" diceva "che", si salutano chiamandosi ancora amore. Che, più che Vecchioni richiama alla memoria Federico Moccia. Io non so a voi che effetto faccia, ma io se li avessi fra le mani li schiaffeggerei. Perché la considero una specie di profanazione, una bestemmia. L'amore è una cosa bella (e le parole sono importanti), è la cosa più bella del mondo, ma loro la usano con lo stesso cretinismo di quelle signore (si fa per dire) che addobbano i loro cani come alberi di natale, con fiocchetto in testa e cappottino ricoperto di paillettes argentate che alla fine non sai più se è un cane o un merluzzo. E siccome in Italia ormai sono sempre di più le persone che usano le parole a cazzo di cane - chi per ignoranza indotta e scelta ben precisa di un qualche Minculpop, chi per comodità perché se le parole non hanno più un senso (e con esse i valori, le leggi, eccetera) si raggiunge il caos funzionale a qualche Casa (di appuntamenti) della Libertà - forse ci vorrebbe una legge. Sì, una legge: una cosa tipo quella che ti dice quali requisiti fisici e mentali devi avere per comprare un'arma, quali documenti deve presentare e a cosa vai incontro se l'arma te la compri lo stesso anche se sei mezzo cieco, tutto pazzo e odi il mondo perché sei stato abbandonato da entrambi i genitori in tenera età. E che preveda l'arresto per porto abusivo di parola.

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