giovedì 26 novembre 2015

Uno stipendio per la signora Chiosa

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Mi batterò perché il gestore del cinema paghi uno stipendio alla signora Chiosa: Tilla Chiosa.
La signora Postilla Chiosa, Tilla per gli amici, è una donna âgée che va al cinema sempre nello stesso cinema, lo stesso giorno della settimana, alla stessa ora, e si siede allo stesso posto. Arriva conversando con le amiche, si siede senza smettere di conversare, conversa durante i trailer e continua per il primo quarto d'ora del film. Poi attiva il servizio di audiodescrizione per non vedenti.
Che si esplica in due modi, a seconda del film. La prima modalità all'inizio è un po' diesel, ma poi va come un treno. Per capirci, non uno di quelli che circolano in Italia: diciamo un TGV. Il servizio riguarda le pellicole in lingua straniera sottotitolate in italiano. La signora Tilla infatti si accorge che il film è con i sottotitoli dopo circa una ventina di minuti dall'inizio, avendo per un attimo distolto l'attenzione dalla conversazione con le amiche e scoprendo chissà come di essere al cinema. Ma, tolti i venti minuti di black-out totale, poi non perde un colpo. La signora annuncia urbi et orbi che il film non è in italiano e parte con la lettura a voce alta dei sottotitoli. In differita, però: cioè, tu stai già cercando di leggere da te la battuta successiva quando ti arriva il parlato di quella precedente. Alla fine, se non sei un non vedente, rischi la neuro, ma almeno la categoria disagiata ne ha un gran vantaggio e quindi va bene così.
La seconda modalità è quella che definirei del racconto commentativo de noantri: sempre convinta di stare nel salotto di casa sua con le amiche davanti a una tazza di tè e di parlare della vita di un/una conoscente comune, la nostra Tilla si profonde in congetture e finali. Metti ieri per esempio: coppia in crisi dopo una tragedia immensa, "pausa di riflessione", lui disperato ma talmente disperato da essersi fatto (sembra che sia l'antidoto al cuore infranto usato dalla maggior parte dei maschi) una scopata con un'altra, macchina bloccata dalla pioggia, silenzio, imbarazzo, bacio, primo bottone di camicetta che salta via: "Senti", dice lui; "No, no", dice a bassa voce la signora Chiosa; "Ti devo...", dice lui; "No, speriamo che non glielo dice", mormora con un tono di voce appena un po' più alto e supplicante la signora Chiosa; "...dire una cosa", dice lui; "No, no: non glielo dire", si fa imperativa la signora Chiosa. Alla fine lui confessa e fra sala e platea esplode in un urlo - al posto dell'orgasmo che ormai è bello che andato - il disappunto totale della signora Chiosa: "Noooo, non glielo dovevi dire!"
Ecco, stendendo un velo pietoso sull'istigazione alla menzogna, direi che lo stipendio la signora Chiosa se lo merita tutto, per il pathos che mette nello svolgere il suo compito. Direi, anzi, che il gestore dovrebbe assumerla. E subito dopo metterla in cassa integrazione: così prende lo stipendio ma se ne sta a casa. O forse sono io che dovrei smetterla di essere così abitudinaria come una signora âgée e cambiare se non cinema almeno giorno, ora e fila.

lunedì 23 novembre 2015

Inc. Cool. 8 al quadrato


Ah, va bene. Quand'è così, mi vesto decentemente e mi trucco: un velo di fondotinta e il mascara per rendermi presentabile. Hai visto mai.
Dice l'Ansa che ora mi assumono. Cioè non è che dica proprio così, ma è come se: foto con mimosa d'ordinanza in primo piano, mani femminili che scorrono sulla tastiera di un computer e poi il titolone, grazie al quale la "prima agenzia di informazione multimediale in Italia", come la definisce Wikipedia, supera se stessa e raggiunge i livelli della Stefani. Insomma roba che manco l'Unità sfondata da Matteo Renzi. E meno male che l'argomento li ha costretti a non mettere l'immagine di una donna con il "mocio" in una mano e il secchio nell'altra.
Eccolo il titolo: "Istat: occupazione donne torna al top". Minchia! E com'è che finora non me ne sono accorta? Magari sono solo io che non me ne sono accorta, visto che ormai più che cercare lavoro dovrei cercare pensione. Magari per le trentenni e le quarantenni le cose cominciano a girare per il verso giusto.
Il mio difetto però è che vado oltre il titolo: io ho questo brutto vizio, che gli articoli li leggo. E poi vi vorrei denunciare per abuso della credulità popolare, perché voi lo sapete bene che i più leggono soltanto il titolo.
L'attacco dice che "L'occupazione femminile riaggancia i suoi massimi: torna al 50,9%, valore più alto dall'inizio delle serie (avviate nel '93), toccato solo due volte e mai superato. E' quanto emerge da dati Istat sul secondo trimestre 2015 per la fascia fra i 20 e i 64 anni".
E dov'è la fregatura? Eccola, arriva subito dopo, tanto la plebaglia si è già distratta con altri titoli: "Ma il rialzo è pressoché esclusivamente dovuto alle over-54, su cui ha influito la riforma delle pensioni". Quindi, come direbbe Maurizio Crozza, è un' "Inc. Cool. 8". Al quadrato però: perché non solo non è vero che aumenta il numero delle occupate ma per di più quelle che hanno lavorato una vita e vorrebbero finalmente ritirarsi (magari lasciando il posto a chi ha ancora voglia ed energia) non possono farlo grazie alla legge della madonna piangente Elsa Fornero. Ed è solo grazie a queste, costrette al lavoro come se fosse un ergastolo, se il tasso non si schianta.
Infatti, continuando a leggere, si scopre che in tutto si tratta di poco più del 50% di donne occupate, che è all'incirca la stessa cifra di vent'anni fa, che la percentuale è ben lontana dai "target europei" fissati per il 2020 e da quella attuale degli uomini italiani occupati (oltre il 70%), che le giovani donne - quelle "nella fascia d'età tra i 25 e i 34 anni" - invece che trovarlo il lavoro lo perdono. Però secondo la Stefani, pardon, secondo l'Ansa, "si può dire che si è messa una toppa alla crisi che aveva fermato la crescita dell'occupazione femminile". Come quella che avete messo voi scrivendo cose più o meno corrette sotto un titolo truffaldino.
Matteo Renzi ringrazia. Io intanto mi vado a struccare: la recita è finita.

mercoledì 18 novembre 2015

Sotto un treno

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Vorrei richiamare la vostra attenzione su un caso umano ingiustamente oscurato dai media per la concomitanza con il massacro di Parigi: è quello di un uomo che a 57 anni ha perduto il lavoro e che oggi dice di sé di essere "troppo giovane per andare in pensione", di sentirsi "sotto un treno" e che adesso deve soltanto preoccuparsi "di come tirare avanti". Qualche suo amico giura che "si ritroverà sul lastrico".
Da coetanea (e pure collega) che conosce bene, sia per esperienza diretta che per testimonianza di ultracinquantenni, ma anche di trentenni e quarantenni nelle stesse condizioni, vorrei rincuorarlo un po', perché lui dice di saper fare solo il mestiere che ha sempre fatto ed è scoraggiato.
Quindi gli farò un po' il quadro della situazione in cui si trova un o una professionista che perde il lavoro. Ma non voglio creargli illusioni e quindi gli dirò francamente che intanto chi viene licenziato deve rinunciare a trovare un lavoro come quello che faceva e che gli piaceva; quindi comincerà a cercare qualcosa che somigli al lavoro che faceva, poi si proporrà come segretario o vicesegretario o centralinista (ovviamente in nero) in uno studio professionale, andando avanti nel tempo si farà avanti come autista, baby-sitter, gattaro e scenderà sempre di più i gradini della scala sociale; avendo a disposizione molti giornali, potrà addirittura farsi un cappello di carta e improvvisarsi imbianchino. Di buono, rispetto a una donna, c'è che forse non rischierà che un potenziale datore di lavoro lo faccia girare per controllare che abbia il culo abbastanza sodo per eventuale palpeggiamento o gli chieda quant'è lungo il suo pisello. Comunque nient'altro che lavoretti qua e là, poche ore, niente contributi; c'è chi alla fine ha risolto suicidandosi.
Il punto però è che, rispetto a tutti gli altri anonimi trentenni, quarantenni, cinquantenni e ultracinquantenni licenziati, questo signore si chiama Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1 fedelissimo di culoflaccido al punto da essere soprannominato "Minzolingua", poi senatore di Forza Italia, condannato perché avrebbe usato la carta di credito della Rai per le sue spesucce personali (appena sessantacinquemila euro), e a causa di questa condanna espulso dal Senato in base alla legge Severino.
Vede senatore, ci sono due cose che ci distinguono e che mi rendono orgogliosa di essere diversa - io e molti colleghi di "cinquantennitudine" troppo vecchi per lavorare troppo giovani per andare in pensione - da lei: io non ho rubato nell'azienda in cui lavoravo e non so leccare il culo. Quindi in questa Italia alla rovescia io e i miei colleghi di "cinquantennitudine" non lo troveremo più un lavoro, lei invece sì e ben remunerato. Perciò almeno la smetta di fare la vittima offendendo chi davvero non ha prospettive.
Ah, e comunque se volesse suicidarsi, sappia che non la rimpiangeremo.


sabato 14 novembre 2015

Guerra


Se avessi soldi prenderei un aereo per Parigi in questo stesso momento. No, mamma, tranquilla, in questo momento non è pericoloso andare a Parigi: perché è già successo tutto e perché in questo momento è pericoloso in qualunque posto persino starsene chiusi dentro casa.
Stanotte mi ronzava sulla testa un aereo militare, hanno un rumore particolare gli aerei militari, e da queste parti ci abbiamo fatto quasi l'abitudine, noi che siamo colonia dell'impero e da qui facciamo guerra al mondo intero. Io no, io non ci ho fatto l'abitudine: io ho paura persino dei film sulla guerra e ho paura ogni volta che li sento passare quegli uccellacci neri, resto in apnea per tutto il tempo in cui volteggiano qui su, tendo l'orecchio ad accompagnarli mentre si allontanano, resto vigile per essere sicura che non ritornino. Vigile e impotente di fronte a una guerra senza data di inizio e di fine, senza territori delimitati, come un fiume che scorre sotterraneo e all'improvviso esplode travolgendo tutto. Non so quando succederà di nuovo e dove succederà.
So solo che succederà. E ancora una volta ci rimetteremo a pensare al nipote, all'amico di tuo figlio, al cugino, ai tanti ragazzi che da qui se ne sono andati per cercare il futuro o anche soltanto per respirare il fascino di quella città; e penseremo all'ospite di tre giorni di cui non ricordi più nemmeno il nome ma di cui ti chiedi se si è salvato.
Vorrei andare a cercarli tutti, mannaggia ai soldi. Se avessi soldi partirei subito per Parigi e mi metterei a girare per le strade, per abbracciarli tutti uno ad uno quelli che sono rimasti, e ad ognuno chiedere se conoscono il tizio o la tizia che ho conosciuto una volta per due o tre giorni qui nella mia città. Chissà dove sono adesso. Ne sono passati tanti da qui, da questa città dove la gente vive come se non sapesse che di notte nei suoi cieli si fa la guerra. Loro qui ci sono venuti per turismo, soprattutto coppie giovani: francesi sciovinisti che non dicevano una parola di italiano, francesi che credevano di dire qualche parola in italiano e invece la dicevano in spagnolo, spagnoli che vivevano in Francia, una ragazza nera e un ragazzo bianco bellissimi, australiani trapiantati a Parigi. Dove sono adesso?
Vorrei andare a bussare ad ogni porta, infilarmi in ogni vicolo, citofonare a casaccio. E abbracciarli, abbracciarli tutti forte quelli che incontro, talmente forte da non riuscire a respirare: così potrei pensare che a farmi male e a scricchiolare siano soltanto le mie ossa e non il pensiero che in qualunque posto e in qualunque luogo può succedere a una persona a cui vuoi bene e tu non ci sei a tenerle la mano.

venerdì 13 novembre 2015

Vendita delle indulgenze

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Ho appena scoperto che oggi è la giornata della gentilezza, una delle tante ricorrenze nate - forse - con le migliori intenzioni, a tutela di una specie in via di estinzione, ma presto fagocitate dal capitalismo che ne ha fatto un business: pare che fiocchino magliette e gadgets. Insomma, una di quelle cose ipocrite tipo festa degli innamorati, dei nonni, del papà o del gatto che un giorno l'anno servono ad assolvere gli altri 364 giorni di indifferenza e a volte di violenza. Basta spendere soldi in inutili cazzate, tipo vendita delle indulgenze, e il gioco è fatto.
Bene, io - anche se dico le parolacce - sono solitamente gentile: mi sposto per fare passare un'altra persona, dico grazie e prego e per piacere, mi faccio carico dei problemi degli altri, sono talmente gentile che se qualcuno mi dà una gomitata involontaria sono io a chiedere scusa per essermi trovata sulla traiettoria del suo gomito.
Dunque io, che sono solitamente gentile, oggi voglio trovare un modo per onorare questa giornata e dire gentilmente quello che penso a certe persone.
Ne prenderò alcune a campione e proverò a rivolgermi a loro con cortesia. Per esempio i cardinali che fanno la bella vita con i soldi destinati ai bambini poveri; per esempio Matteo Renzi che difende il poco gentile De Luca; per esempio i mafiosi che vogliono uccidere Di Matteo; per esempio coloro secondo i quali una donna che ha subìto per oltre vent'anni i maltrattamenti del marito non ha diritto al riconoscimento della colpa di lui nella causa di separazione (è evidente: le piaceva); per esempio chi ha dato l'ordine oggi a Milano di manganellare un professore cinquantenne disarmato e a volto scoperto che protestava contro la pessima scuola di questo governo; per esempio gli evasori fiscali; per esempio quelli che posteggiano il suv sugli scivoli per i disabili; per esempio i padroni che licenziano una dipendente incinta; per esempio quelli che sfruttano i lavoratori pagandoli poche centinaia di euro al mese (quando va bene).
E potrei continuare. Ma adesso devo trovare qualcosa di gentile da dire loro.
Dunque, vediamo... Ah, sì, ecco: gentilmente, per piacere, se non vi è di troppo disturbo, potreste andare a farvi fottere?