venerdì 22 novembre 2013

Condanna a morte


Alle 7 interviene il gatto. E' un po' che ti osserva in silenzio nel buio. Mette la sua zampetta a cucchiaio e la usa per sollevarti il mento: "Ehi, com'è che non ti sei ancora alzata stamattina?"
- E che mi alzo a fare?
Alla fine sono costretta: lui non molla finché non mi decido. Caffè, colazione, notiziario, accendi il computer... e poi? E poi cominci ad aggirarti per la casa senza voglia di vestirti. E per fare cosa? Alla fine ti costringi; passi davanti allo specchio: "Dovrei truccarmi un po'". E perché? Per conversare con il gatto? A lui non importa che faccia hai, ti ascolta comunque. Per avere la sensazione di dover uscire perché lì fuori c'è un mondo e tanti impegni che ti aspettano? Ma non ci prendiamo per il culo!
Ci sono giorni che proprio non ce la fai: la tua casa diventa un carcere, guardi le pareti dentro le quali sei rinchiusa e vorresti prenderle a picconate, metterti a urlare, uscire e fare a botte con qualcuno.
Non è cambiato niente nella tua vita, non un passo avanti né uno indietro, e già questo sarebbe sufficiente a dare di matto, ma sono i giorni in cui un altro va ad allungare la schiera, licenziato, derubato, deriso: ti diamo un calcio in culo e ti dimezziamo la liquidazione, così non potrai nemmeno investire su te stesso, dovrai usarla per sopravvivere e quando finirà sarai nella merda peggio di prima e comincerai a solcare le strade per dare un senso alle tue giornate. Ti condanniamo a morte, ma lo facciamo con una stretta di mano e un "ci dispiace". Bastardi. No, oggi nella mia vita non un passo avanti né uno indietro, solo un precipitare a testa in giù perché quello che da oggi in poi capiterà all'ultimo della schiera a te è già capitato e ad ogni nuovo arrivato nel club il coltello sprofonda nella piaga.
Poi c'è uno stronzo - complice e artefice di queste stragi quotidiane - che ci viene a raccontare la minchiata dei conti in ordine, della stabilità, dell'uscita dalla crisi. E ti viene voglia di menare le mani.
Domani forse non ci sarà bisogno del gatto per costringermi ad alzarmi: alle sette sarò insensatamente lavata, vestita e truccata come se dovessi andare a lavorare; domani forse il pessimismo della ragione cederà il passo all'ottimismo della follia, ma per oggi non me la sento di dirvi che tutto si aggiusta.

mercoledì 20 novembre 2013

Ad aequus o ad equus?


E così, Pippo, non ti adegui, eh? Ci hai scritto pure un libro per convincerci (e forse pure per fare soldi) che eri diverso da quelli del tuo partito. Pensa, io ci avevo quasi creduto: ho letto il tuo programma e mi era sembrato di sinistra; avevo apprezzato l'impegno, il fatto di averci perso del tempo; un bel programma di settanta pagine, non aequus a quello dei tuoi contendenti che sembrano avere scritto quelle poche paginette a tirar via, persino con contenuti condivisibili: la difesa della Costituzione, il richiamo alla Resistenza, il lavoro, le donne, le coppie gay, i diritti, perfino la felicità, fino a quel mai più alle larghe intese (che per la verità, a parole, era anche nei programmi degli altri tre). Roba che sembravi quasi uno statista al confronto di quell'altro che vuole cambiare verso all'Italia (dal missionario alla pecorina?). Hai fatto il coup de théâtre congressuale, annunciando la tua mozione di sfiducia alla centralinista di Letta, ti sei incazzato con i tuoi compagni (!) di partito, li hai accusati di non essere democratici, hai parlato di ricatti. Poi però hai votato come loro, per "disciplina di partito".
Salvo poi comunicarci attraverso il tuo blog: "Non mi ritrovo più in questo Pd. Per questo voglio cambiarlo: basta con le larghe intese, basta con il ricatto continuo sulla tenuta del governo. Che devono pensare gli italiani di gente che dice: "penso una cosa, ma ne voto un'altra?"
Ecco, appunto: che devono pensare gli italiani di gente che dice "penso una cosa, ma ne voto un'altra?". Fatti una domanda e datti una risposta, Pippo. Scoprirai che gli italiani di te pensano che ti sei adeguato, cioè che sei diventato uguale agli altri del tuo partito: aequus e anche un po' equus (asinus). Dici che non ti ritrovi più in questo Pd? Allora non cambiare il partito (ché, tanto, è una causa persa): cambia partito. Altrimenti vuol dire che è a te che hanno già cambiato verso. E inclinazione: a novanta gradi.

P.S.: Perdonatemi per il titolo: ad vuole l'accusativo, ma il gioco di parole con il significato etimologico (ad + aequus) non veniva.

Il quinto elemento della natura


Vi è piaciuta tanto quella villetta a schiera vista mare costruita sulla collina abbattendo tutti quegli alberi che l'abbracciavano con le loro radici impedendole di franare. Per averla vi siete fatti un mutuo che non finisce più e avete messo in conto, come fosse un elemento della natura - il quinto -, l'abuso edilizio la ricerca di un amico che ti presenti all'assessore la mazzetta la sanatoria.
Vi è piaciuta l'aria condizionata a palla pure nello sgabuzzino delle scope.
Vi è piaciuta la macchina perennemente in moto a sputare gas di scarico per non rinunciare nemmeno un istante ad ibernarvi nel vostro congelatore a quattro ruote trazione integrale esentasse.
Vi piace prendere l'auto anche per fare cinquanta metri perché siete incapaci di affrontare il mondo solo con il vostro corpo.
Vi piacciono, li avete votati quelli che rilasciano licenze edilizie su cauzione, quelli che spendono i nostri soldi per andare a sganciare bombe e colonizzare in conto terzi piuttosto che cercare di mettere in sicurezza il territorio e limitare i danni, quelli che affidano l'appalto per l'autostrada a uno che la costruirà al risparmio e se la farà pagare come se fosse d'oro.
E allora oggi, per piacere, evitateci l'ipocrisia del volto contrito l'indignazione su commissione le frasi di circostanza le interviste al prete l'immancabile appellativo di "angelo" rivolto a un bambino che nessuno ha voluto aiutare in questo Paese incattivito ma che anche voi avete ucciso. Voi che mandate un sms da due euro e un istante dopo risalite sul vostro suv con aria condizionata a palla per recarvi nel terreno agricolo che stanno sbancando per costruire la palazzina dove andrete ad abitare.
Non è un "naturale" cambiamento climatico quello che sta succedendo. Non è naturale che la Sardegna venga inghiottita dall'acqua che viene dal cielo. Non è normale. Non è normale nemmeno per la Sicilia che a fine novembre ci sia un caldo della madonna e non piova e le colture non vadano avanti; e non sarà normale, fra qualche giorno o qualche ora, quando una bomba d'acqua arriverà anche qui o in Calabria seminando terrore e distruzione, facendo crollare case costruite sulla sabbia, distruggendo i raccolti, seppellendo le persone nel fango. E rimettendo in moto la macchina delle lacrime a favore di telecamera e delle oscene risate telefoniche, degli appalti e delle mazzette considerati il quinto elemento della natura.

lunedì 18 novembre 2013

Intitolare una strada di Catania a Enrico Berlinguer - Petizione (solo per i catanesi)

http://firmiamo.it/intitolare-una-strada-di-catania-ad-enrico-berlinguer


Al Sindaco di Catania
Al Presidente del Consiglio comunale di Catania
"I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero". Enrico Berlinguer
L'11 giugno del 2014 saranno passati trent'anni dalla morte, sul palco a Padova, durante un comizio, di Enrico Berlinguer.
Non era "soltanto" il segretario nazionale del Partito Comunista: Berlinguer era un uomo il cui rigore morale e politico, la cui passione civile, il suo saper stare in mezzo alla gente e conoscerne le necessità erano universalmente riconosciuti. Tutti quelli che c'erano in quegli anni hanno ancora negli occhi il suo viso su quel palco come una maschera di dolore: dolore non soltanto "fisico", dovuto al malore, ma soprattutto lacerante angoscia per il degrado in cui precipitava il Paese e per la degenerazione dei partiti.
Difficilmente le nuove generazioni avranno la fortuna di conoscere un uomo che sintetizzi in sé il senso dello Stato, la cultura, la preparazione politica, lo spessore etico, la passione civile di Enrico Berlinguer. Per questo, perché i giovani traggano esempio dalla storia di quegli anni, e non soltanto come sterile omaggio formale, riteniamo che in ogni città d'Italia dovrebbe esserci una strada o una piazza intitolata a Berlinguer.
Per questo chiediamo a Lei di intitolare una via o una piazza di Catania a Enrico Berlinguer, nel trentesimo anniversario della morte, convinti come siamo che la dignità di una città riparta anche dal recupero e da una tutela strenua della memoria, come bene prezioso e antidoto alla corruzione e alla cancellazione della democrazia.

venerdì 15 novembre 2013

Nevrosi elettorale preventiva


Ancora è presto, lo so, e comincio a pensare che il momento non arriverà mai più, ma io ci sto male lo stesso. Nevrosi preventiva. Se a Obama hanno dato il Nobel per la pace prima di essere certi che non avrebbe fatto la guerra, io potrò permettermi di agitarmi prima che piova, no? E poi questo tipo di esperienza l'ho già provata e so già che fa un male cane. Ti senti come Linus quando gli tolgono la coperta per lavarla: tremi, sudi freddo, digrigni i denti, guardi l'orologio nella speranza che le lancette si mettano a correre all'impazzata e la tortura finisca presto.
Io sono di quelli a cui avevano insegnato che il voto è un diritto-dovere, che nei giorni precedenti le elezioni si sente emozionata come se dovesse fare un esame, che la notte prima non dorme e la domenica mattina si alza prima del solito, che votare è la prima cosa che fa e dopo, solo dopo, si va al mare. Non perché sia un dovere; non perché qualcuno me lo imponga: ma perché una cosa diventa dovere, dovere morale, quando ci credi. Come una storia d'amore o la cura di un figlio.
Una volta però non ci sono andata a votare: erano le elezioni provinciali di molti anni fa e a Catania si trattava di scegliere fra due fascisti. Sono rimasta a letto tutta la mattina, mi sono costretta a restare a letto, sentendomi derubata. Con l'aggravante che a derubarmi non erano stati i due "finalisti" - un fascistissmo e un fasciodemocristiano -, ma quegli altri che (come da sinistra tradizione) si erano dispersi in mille rivoli.
Ecco: alle prossime elezioni politiche nazionali ci sarà verosimilmente da scegliere fra tre fascisti anche perché la vostra altrettanto fascista vocazione maggioritaria esclude tutti gli altri a priori. E allora toglietevelo dalla testa: non ci vado a votare. Sì, va bene, io sono una, ma avete idea di quanti "uni" la pensano come me? Continuate a derubarli della speranza, del futuro, delle idee, continuate a raccontare che destra e sinistra sono categorie vecchie, a dire minchiate farneticanti tipo "la sinistra che non cambia diventa destra", continuate a sacrificare le nostre vite sull'altare del dio denaro, a toglierci il lavoro e le pensioni, e vedrete che saranno sempre di più gli "uni" che la domenica mattina resteranno a poltrire piuttosto che dare il voto a voi.
Questa mattina, durante lo sciopero generale, parlavo con altri "uni". Si parlava delle prossime - quelle sì, prossime - elezioni europee e gli altri "uni" mi manifestavano lo stesso malessere, la stessa lacerante divaricazione, la stessa rabbia mista a rammarico per una sinistra sempre più divisa che non lascia altra scelta, per il rifiuto di dover fare i conti con un partito sedicente di sinistra che fra un mese sarà ancora più di destra: come quell'altro, proprietà privata e sotto ricatto di imprenditori e senza scrupoli con le vite "da sogno", grazie ai quali le nostre vite diventano incubi. Una compagna mi ha detto: "Ma io NON POSSO non andare a votare. Come faccio a non andare a votare proprio io che dico sempre a tutti di andare a votare?" Perché, certo, non andare a votare significa darla vinta in partenza a quegli altri, ai tre fascisti, senza nemmeno provarci. Eppure ho paura che finirà così.
Sì, lo so perfettamente che non v'importa e che anzi è proprio questo quello che volete: una bella oligarchia inciucista che vi permetta di partecipare tutti insieme al gran banchetto. C'è solo un piccolo particolare: che in questo banchetto internazionale voi non siete i commensali, ma i camerieri. E quando non gli servirete più, vi rimpiazzeranno con altri camerieri.

martedì 12 novembre 2013

Giustiziati otto milioni di polli


Premessa serissima per non incorrere nelle solite accuse di stalinismo, pedofagia, eccetera: io sono assolutamente contraria alla pena di morte, ovunque la si pratichi, chiunque la pratichi, su chiunque la si pratichi. Eccettuate, ovviamente, situazioni contingenti molto particolari. Faccio un esempio: Mussolini. Che a testa in giù ci sta sempre benissimo.
Detto ciò, vi prego, lasciatemi sognare. Dunque, il titolo del Corriere della Sera oggi era questo: "Ottanta esecuzioni in Corea del Nord: 
vedevano la tv del Sud". Pensate - mutatis mutandis e indossate quelle di ferro come si conviene a un Paese governato da larghintenditori - se il titolo fosse stato: "Ottanta esecuzioni in Italia del Sud: vedevano la tv del Nord".
Perché, non è forse questo il problema dell'Italia? Non ottanta, né ottocento od ottomila, ma otto milioni circa (anche se lui arrotonda a dieci) di telespettatori/elettori, prevalentemente del Sud, di una vasta gamma che va dal pollo all'aspirante ricco, che da trent'anni guardano  le sue tv.
Provate per un attimo ad immaginare l'ebbrezza di vederli giustiziati con una sventagliata di mitra sulla pubblica piazza. O meglio, perché i polli in fondo sono polli e non hanno colpe se non quella di essere polli: provate ad immaginare l'ebbrezza di vedere lui giustiziato con una sventagliata di mitra sulla pubblica piazza.
E però, siccome sono contro la pena di morte a qualunque longitudine e latitudine, siccome più che giustiziarlo preferirei che fosse fatta giustizia e siccome penso che sarebbe più efficace, a lui infliggerei un'altra pena molto più penosa: confiscargli tutte le sue tv e tutti i suoi beni, come del resto si fa (o si dovrebbe fare) con i mafiosi e gli evasori fiscali.
Purché poi la Cancellieri - nota per i suoi colpi di genio, sia da ministro dell'Interno che da ministro della Giustizia - non glieli restituisca con la scusa di venderli al miglior offerente.

lunedì 11 novembre 2013

Nuovo Cinema Aerosol


Ci vogliamo prendere per il culo? Ma sì, dai, comincio io. Poi voi se volete aggiungete qualche altra voce all'elenco.
Dunque: l'Aquila è stata totalmente ricostruita tre mesi dopo il terremoto e nessuno ha preso le tangenti, non c'è mai stata nessuna trattativa fra lo Stato e la mafia, le sigarette elettroniche fanno bene, quelle tradizionali non fanno venire il cancro (ma nemmeno i gas di scarico delle macchine), il cioccolato fa dimagrire, il Pd è un partito di sinistra e Berlusconi ha fluenti riccioli naturali come Sally Brown.
Insomma Galan ha detto che d'ora in poi si potrà fumare le sigarette elettroniche nei cinema: ha spiegato che lo ha fatto perché lui è un liberale e le restrizioni di prima gli sembravano eccessive. Ma forse voleva dire liberista. E infatti ha confessato di avere "recepito l’appello proveniente da una nuova filiera produttiva, per altro in forte espansione, massacrata da tassazione e da pesanti divieti di utilizzo e pubblicità". E sulla "forte espansione" non c'è dubbio: nella mia città, dove tutta l'economia è ferma, ogni due negozi uno è chiuso e nell'altro si vendono sigarette elettroniche e forse sarebbe ora che qualcuno indagasse sul fenomeno, non soltanto sul piano sociologico. Il senatore si è fatto forte anche delle dichiarazioni di qualche scienziato: sì, proprio quello amico del nucleare. Un nome e una garanzia.
E allora preparatevi: d'ora in poi andare al cinema (o al ristorante, come negli altri luoghi pubblici) sarà come galleggiare in un'immensa macchina per l'aerosol e naturalmente, nel Paese dei furbi, ci sarà sicuramente qualcuno che si accenderà una sigaretta di tabacco pronto a giurare - se lo beccano - che stava facendo i suffumigi per curare un fastidioso raffreddore.                                                          
Siccome io sono una fumatrice che va da sempre a fumare fuori pure sotto la neve, ma siccome sono anche una che (potendo) al cinema ci andrebbe tutti i giorni, credo di essere titolata a dire la mia. E la mia sarebbe che io al cinema vieterei, oltre le sigarette "normali" e quelle elettroniche, nell'ordine: 1) i pop corn e tutto ciò che fa crunch crunch; 2) le signore sfaccendate che si mettono a chiacchierare durante un film con pochi dialoghi perché "tanto non c'è niente da sentire"; 3) i selvaggi che lasciano acceso il telefonino e rispondono solo dopo averlo fatto squillare a lungo -  altrimenti che gusto c'è a rompere i coglioni al prossimo? - e conversano senza abbassare la voce nemmeno di un tono come se fossero in piazza. Che poi, a dirla tutta, io a questi che ci raccontano i cazzi loro a tutto volume vieterei di usare il cellulare anche all'aperto.  



sabato 9 novembre 2013

Welfare familiare


"Ben il 37 per cento degli italiani non solo non è riuscito a risparmiare ma è stato costretto a chiedere aiuto economico ai genitori per arrivare alla fine del mese... c'è anche un 14 per cento che ha chiesto sostegno ai parenti mentre l'8 per cento agli amici. Di fronte alle difficoltà economiche solo il 14 per cento si è rivolto a finanziarie o banche per gli ostacoli opposti all'accesso al credito, per i costi elevati o per la richiesta di garanzie.

Spesso considerata superata, la struttura della famiglia italiana si sta dimostrando, nei fatti, fondamentale per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini. Secondo l'indagine il 10 per cento delle famiglie italiane infatti non arriva a fine mese, mentre il 45 per cento riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi...
 Più di due italiani su tre (68 per cento) hanno ridotto la spesa o rimandato l'acquisto di capi d'abbigliamento riciclando dall'armadio per l'autunno gli abiti smessi nel cambio stagione, ma oltre la metà (53 per cento) ha detto addio a viaggi e vacanze e ai beni tecnologici (52 per cento). A seguire nella classifica delle rinunce si colloca anche la frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 49 per cento. Il 42 per cento degli italiani ha rinunciato alla ristrutturazione della casa, il 40 per cento all'auto o la moto nuova e il 37 per cento agli arredamenti. Pesa l'addio alle attività culturali del 35 per cento degli italiani..."
Ecco, perfetto: mancano soltanto l'altezza, il colore dei capelli e quello degli occhi, l'indirizzo e il numero di telefono e potrebbe essere il mio autoritratto. O quello di Maurizio. O di schiere ormai di amici e conoscenti, disoccupati o lavoratori in nero. Maurizio ha rinunciato a comprare i dischi che amava tanto e ha persino pensato di mettere in vendita quelli accumulati nel passato, la colonna sonora della sua vita; io ho smesso di andare al cinema e di comprare libri. Ciascuno di tutti gli altri ha rinunciato a qualcosa o già a tutto. C'è solo un piccolo particolare: che il ritratto tracciato dalla Coldiretti riguarda i giovani e invece io, Maurizio e tutti gli altri abbiamo abbondantemente superato i cinquant'anni e dovremmo essere noi il welfare, noi la famiglia a cui si rivolgono i nostri giovani. E di questo - giovani e vecchi - dobbiamo ringraziare i governi servi delle banche che si sono ripresi con gli interessi il nostro futuro e persino il nostro passato.

mercoledì 6 novembre 2013

La strana famiglia di Guglielmo


Ci sono gli emigrati del sud Italia, ci sono i neri, ci sono gli omosessuali e i poeti, c'è la sofferenza data da un padre violento e dunque la comprensione della sofferenza altrui, c'è il cognome di una madre, come dovrebbe essere sempre.
Mi piace questa "strana" famiglia di Guglielmo (Mimmo? Mino?) De Blasio, Bill, nuovo sindaco di New York di origini campane, "tacciato" - ha detto oggi una giornalista - di essere comunista. Come se essere comunista fosse cosa disdicevole e certamente lo è per un Paese come il nostro dove è considerato normale che un pedofilo sia presidente del consiglio.
Ve l'immaginate in Italia cosa sarebbe successo? Uno che ha una moglie con un "passato" da lesbica? Non gli avrebbero fatto fare nemmeno l'amministratore di condominio. E il signor Barilla gli avrebbe negato il cibo. Amico dei mafiosi sì, evasore fiscale pure - la chiesa ti dà la sua benedizione -, ma una moglie ex lesbica e pure poetessa proprio no. E poi un figlio con tutti quei capelli in testa e, soprattutto, l'idea balzana di tassare i ricchi e di occuparsi dei diseredati delle periferie. Già, per uno anche moderatamente di sinistra dovrebbe essere normale, ma qui - abituati a una sedicente sinistra che non disdegna di governare con un pregiudicato - se parli di tasse ti "tacciano" di comunismo.
Lo aspettiamo alla prova dei fatti, comunque, perché l'America è quel Paese dove ti danno il Nobel preventivo per la pace e poi si sa com'è andata a finire.

sabato 2 novembre 2013

Intervento umanitario


Molti anni fa conoscevo un tizio che lavorava all'ufficio Anagrafe del comune.
Un giorno mi vide in fila, in attesa di richiedere un certificato, e - lungi dall'apprezzare o dal trarne un qualunque minimo insegnamento - si offese a morte perché non mi ero rivolta a lui. Uomo piccolissimo, leso nel suo piccolissimo potere di gestire un piccolissimo potere. Offeso perché - così mi disse - evidentemente non lo consideravo un "amico". Dove amico è sinonimo di "uno che ti fa i favori" scavalcando tutti gli altri - qualcuno vecchio, qualcuno handicappato, qualcuna troppo incinta, qualcuno troppo grasso per stare in piedi a lungo - che avrebbero diritto allo stesso "favore", ma un amico così non ce l'hanno.
Amico come la Annamaria, quella che mangia sempre le caramelle, la ministra dell'ingiustizia: quella che al telefono con la sua amica ripeteva "non è giusto" perché avevano arrestato in blocco tutta la famiglia Ligresti, aggiungendo "qualsiasi cosa io possa fare conta su di me". Così come evidentemente per quel tizio, peraltro non richiesto, non era giusto che io facessi la fila, ma tutti gli altri sì. E infatti, come un Berlusconi qualunque, l'amica Annamaria - piccolissima donna che gestisce un grande potere - ha preso il telefono e (sembra, pare, ma io non ci credo, direbbe Crozza) e ha fatto scarcerare la piccolina che faceva i capricci e non mangiava perché a quanto pare il regime carcerario non era in sintonia con il tenore di vita a cui era abituata. Se ne deduce che se tu normalmente fai una vita di merda, siccome quella che fai in carcere è uguale a quella che facevi fuori, anche se stai morendo puoi restare a marcire lì dentro.
Ha detto che il suo è stato un "intervento umanitario", assicurando di averlo fatto per molti altri. Quindi, immagino (si attendono testimonianze), per migranti "colpevoli" di essere scappati da guerre e fame, tossicodipendenti, qualche disoccupato costretto a rubare il latte e i pannolini per i suoi figli. Intervento umanitario, sì, come quelli che fanno gli Stati Uniti e i paesi loro sudditi: si chiamano guerre. E, in questo caso, guerra dei ricchi contro i poveri.