mercoledì 13 luglio 2016

Una storia antica


Qualche giorno fa il mio cellulare si è svegliato morto. Crisi di astinenza, cazzi, madonne poliglotte, assistenza. Entro nel negozio, c'è una signora. Sento che il suo sguardo cerca di attirare il mio. Lei mi guarda, io la guardo, lei mi guarda, io la guardo; faccio un impercettibile passo in avanti, strizzo gli occhi, strizzo il cervello: "Ma noi ci conosciamo?"
Sì che ci conosciamo e, fra l'altro, non è nemmeno difficile riconoscersi perché abbiamo le stesse facce di allora: lei era la mia compagnetta del cuore delle scuole medie, il secolo scorso. Lei mi dice che ci eravamo già riviste una trentina di anni fa, io faccio fatica a ricostruire il ricordo.
Casa sua però me la ricordo benissimo perché ci andavo sempre. E mi ricordo i suoi genitori che mi sembravano anziani e i suoi due fratelli più grandi. Belli e simpatici, uno più bello e l'altro più simpatico: mi piacevano tutti e due. Avevamo tutti e quattro le lentiggini, ma loro avevano gli occhi chiari come il mare di una riserva naturale. Il maggiore era in pieno spleen e non mi cacava di striscio.
Storia dal profumo antico quella della sua famiglia: un uomo resta vedovo con due figli ancora piccoli e sposa la cognata. Perché la zia è mamma e non c'è pericolo che diventi matrigna. Buffo però per me sentire i due maschi che la chiamavano zia e la mia compagna, nata qualche anno dopo, che la chiamava mamma, quando i tratti somatici raccontavano inequivocabilmente la loro fratellanza, come fossero tutti figli della stessa madre.
Mi piaceva andare a casa sua, anche perché a un certo punto si scendeva in garage e i suoi fratelli le insegnavano a guidare il motorino. Sulla strada no, non era permesso, non aveva ancora l'età, ma in garage sì. Io la guardavo con ammirazione e invidia, ma il coraggio di chiedere ai suoi fratelli di insegnare anche a me non ce l'avevo. Restavo seduta in disparte a guardarli. Perché sapevo che nel momento in cui mia madre mi avrebbe chiesto cosa avevamo fatto io le avrei risposto che avevamo studiato, poi avevamo ascoltato la musica, la mamma ci aveva portato la merenda e alla fine eravamo scesi in garage e... e non ce l'avrei fatta a mentire: le avrei detto che mi avevano insegnato a guidare il Ciao e lei non mi avrebbe più mandata a casa loro. Un prezzo troppo alto da pagare.
Non c'è stato il tempo di raccontare queste cose alla mia compagnetta di scuola e nemmeno di dirle che penso a lei sempre - perché l'amichetta del cuore delle medie non è una cosa che si dimentichi tanto facilmente - e soprattutto d'estate, quando quotidianamente passo sotto casa sua tornando dal mare: non c'è stato il tempo perché il cellulare, 'sto stronzo, si è rianimato in un fiat. E lei ha detto che di fingersi morto lo aveva fatto solo per farci incontrare quel giorno. E io, che pure mi rifiuto di assecondare certe interpretazioni soprannaturali, per una volta mi sono lasciata andare alle cazzate e le ho detto che, sì, il cellulare si è finto morto per farci incontrare. Quello che non le ho detto è che il cellulare si è finto morto anche per farmi ricordare che a tredici anni, quando tutto il mondo si preparava al grande momento del motorino, per non rinunciare alla mia amichetta del cuore io decidevo di non salirci nemmeno di nascosto.

venerdì 1 luglio 2016

Una storia sbagliata


Oggi c'è questa storia sbagliata nell'aria che, da qualunque parte la si guardi, dà i crampi allo stomaco.
Dunque: ci sono un papà e una mamma, una bimba di poche settimane, dei vicini di casa e un giudice che da ammazzasentenze ha cambiato la sua ragione sociale in sputasentenze. Il papà lascia un attimo da sola la bimba per riscaldarle il latte, la bimba si mette a piangere, i vicini chiamano le forze dell'ordine credendo si tratti di un caso di abbandono, il giudice gliela leva dichiarandola adottabile. È successo sei anni fa: forse solo per un singolo episodio quel giudice che risponde al nome di Corrado Carnevale, cioè quello che da presidente di Cassazione cancellò per cavilli centinaia di sentenze di condanna di mafiosi e poi chiese il trasferimento alla sezione civile probabilmente per evitare il giudizio su di sé, ha stabilito che quei genitori erano troppo "anziani e sbadati" per badare alla bambina che quindi doveva essere adottata. Oggi, a distanza di sei anni, la Cassazione ha revocato quella sentenza decidendo che la bimba può tornare dai genitori spiegando che la legge non prevede limiti di età per "chi intende generare un figlio" (ma li stabilisce per l'adozione: figli e figliastri?). Perché il punto su cui faceva leva Carnevale era ed è proprio quello: sei anni fa i genitori della bimba avevano 69 e 57 anni quindi oggi ne hanno 75 e 63. Anziani, oggettivamente, sono. Tanto che li hanno definiti i genitori-nonni. E secondo me un figlio a quell'età non si fa. Comunque ora questa bambina c'è e credo che al di là delle leggi bisognerebbe far prevalere il suo interesse e il buon senso.
Genitori felici, riferiscono le cronache, certo. E della bambina si sa niente? Qualcuno, di questa bambina - prima, durante e dopo -, si è preoccupato? Ora lei ha sei anni, per sei anni è stata rimbalzata da una famiglia affidataria a un'altra da un brefotrofio a un altro che nemmeno Dickens avrebbe potuto immaginare tanto, e ora dovrebbe tornare da questi genitori che non conosce e che non hanno la forza fisica e generazionale per trattarla da figlia. Io a questi signori auguro la vita più lunga possibile, ma è probabile che fra sei anni, quando questa bambina avrà 12 anni e le verranno le mestruazioni per la prima volta, vorrà andare al cinema per la prima volta con un'amichetta, si innamorerà per la prima volta, potrebbe non avere nessuno a cui raccontarlo e non necessariamente perché i suoi genitori saranno già morti, ma perché saranno nati già nonni. E magari si scandalizzeranno eccessivamente oppure le concederanno troppo come fanno i nonni e come è giusto che sia per dei nonni.
Vorrei dare un consiglio a questi signori, non richiesto e inopportuno - lo so - perché in questi casi bisognerebbe tacere non conoscendo i dettagli e gli stati d'animo, però voglio darglielo: se davvero volete bene a questa bambina, trovatele un paio di genitori giovani e ponete come unica condizione per l'adozione che voi siate ufficialmente i nonni. Adottate gli adottanti e occupatevi di questa bimba coccolandola, viziandola e sbagliando tutto sull'educazione come fanno i nonni, portatela al parco, andate a trovarla quando ha la febbre, preparatele una torta, consolatela quando i genitori la sgrideranno, ma fate i nonni. Sapendo che quando non ci sarete più lei non sarà sola. Fatelo per lei.
Quanto a Carnevale, non gli farei mettere bocca su un bambino nemmeno per decidere se per la pasta con il formaggino sono meglio i corallini o le stelline.