mercoledì 31 luglio 2013

Giessica

Qualche giorno fa parlavamo, con una nuova amica, di quella che i francesi chiamano "gauche caviar": i figli di papà fighetti che si credono di sinistra perché si fanno le canne; le signore piene di soldi che si credono di sinistra perché ammazzano la noia e zittiscono la "coscienza" organizzando festicciole per raccogliere giocattoli da regalare ai bimbi poveri; quelli che non ti salutano nemmeno, guardandoti dall'alto in basso, convinti che il loro pisello rivoluzionario sia più lungo, più pisello e più rivoluzionario del tuo. Insomma quel tipo di sinistra incarnata ancora oggi - malgrado il lungo silenzio interrotto soltanto da una recente lettera al Capo dello Stato - dal cachemire e dalla r moscia di Fausto Bertinotti. Nessuna analisi politico-sociologica: il punto era quale fosse l'omologa definizione in italiano. Sinistra al caviale? No, troppo letterale e pedissequo. Allora sinistra salottiera? "Carina, ma ce n'è un'altra", mi dice la mia amica. Discussione meramente linguistica, pippa intellettuale, facendoci un po' anche noi gauche caviar. Ci lasciamo così: io con la certezza che continuerò a rimuginare sulla questione (è una delle mie nevrosi) finché non arriverà quel termine che ho sulla punta della lingua e che non mi lascerà dormire se non quando avrà varcato la soglia delle labbra. Nevrotica pure lei, evidentemente, se dopo giorni ci siamo comunicate in simultanea il risultato del nostro paperoniano mumble mumble con annessi "cent pas" da reparto di ostetricia. E sapete cosa abbiamo partorito? Nessun dubbio, nessuna esitazione, né malessere sciovinista: il corrispondente italiano di gauche caviar è sinistra radical-chic. E che cazzo! Cioè: una giornalista e una letterata convinte dell'italianità di un'espressione formata da una parola inglese e una francese. Ora io non pretendo che gli italiani diventino tutti tanti soldati Chauvin, ma che almeno provino a ridimensionare la loro (nostra) esterofilia provinciale. Altrimenti poi non lamentiamoci quando qualcuno chiama la propria figlia Giessica (scritto proprio così). O sono troppo radical-chic se dico questo?

sabato 27 luglio 2013

Partito Delirio

Insomma, se ho capito bene, Renzi vorrebbe portare cani e porci a votare per il segretario (che vorrebbe anche candidato premier) del suo partito. Così magari ci vanno pure quelli del Pdl e, se Berlusconi dovesse essere escluso definitivamente dalla vita pubblica, il presidente del consiglio diventerebbe lui, il paraberlusconi, leader unico del Pudp, il partito unico dei puzzoni. Epifani e Franceschini invece vorrebbero distinguere le due figure e portare a votare iscritti e "aderenti" per la scelta del solo segretario riservando le primarie al candidato alla presidenza del consiglio. Ma come si individuano gli aderenti? C'è una tessera che ti conferisce lo status di militante e una che ti qualifica come aderente? Gli si fanno pagare due euro e poi gli si dà un calcio in culo? Si avvistano grazie a una luce circolare intorno alla testa? Gli si fa un esame di cultura generale sul tipo di quello per la concessione della cittadinanza agli immigrati, a rischio che vengano espulsi perché (legittimamente) pensano che quella di Presidente della Repubblica sia una carica a vita? La cosa divertente comunque è che ciascuno è una corrente a sé e in un quarto d'ora puoi sentire venticinque dichiarazioni una differente dall'altra e ti senti come un astemio caduto in una botte di vino da mille litri. Poi naturalmente litigano anche sulla data e sulle regole del congresso, come se non avessero uno statuto. Che infatti finisce nel cesso quando il barbudo chiarisce che "la regola segretario-candidato premier era adatta a una fase di bipolarismo" e che adesso "serve una regola per una fase in cui servono alleanze". Dove per alleanze, se non ho capito male, si intende appunto quel partito unico dei puzzoni, alleato degli "Alleati", che ha trasformato definitivamente l'Italia in una colonia. Partito Delirio.

venerdì 26 luglio 2013

Oppure era Brunetta

Un po' sono d'accordo con Fassina, un po' invece no. Perché conosco una persona, disoccupata da anni (una che è cifra delle tante nelle stesse condizioni), che si mette a tremare ogni volta che arriva la bolletta della Tarsu. Vorrebbe pagare, ma non può. La posa lì all'ingresso, per ricordarsene, in attesa che venga un momento migliore. Che non arriva. E alla prima bolletta se ne sovrappone un'altra e poi un'altra e un'altra ancora, all'infinito. Alla fine è costretta a chiedere una rateizzazione, perché alla necessità di pagare le tasse ci crede e quello è l'unico modo, anche se gli interessi fanno raddoppiare la cifra. Per questo un po' sono d'accordo con Fassina. E non capisco lo scandalo e l'indignazione di fronte a una verità banale e non capisco soprattutto lo scandalo e l'indignazione di Susanna Camusso: dipende forse dal fatto che quella verità la costringe a prendere atto che esistono i poveri? Io gli evasori li odio: sono dei bastardi che considero al pari dei mafiosi e spero proprio che un giorno, arrivando in ospedale per un infarto o un aneurisma, qualcuno gli dica "crepa, tu qui non puoi entrare". Ed è per questo che un po' non sono d'accordo con Fassina: perché - come sempre accade in questo Paese di furbi - le sue parole finiranno per autorizzare quelli che evadono non per necessità ma per delinquenza. Purtroppo ho il sospetto che l'intervento di Fassina (cioè lo stesso tizio che una volta era di sinistra, per quanto nel Pd, e ora è viceministro dell'Economia di un governo di destra) fosse finalizzato a questo e forse anche pronunciato sotto dettatura. Tanto più che quelle parole le ha dette al convegno di Confcommercio. Avete notato come s'impappinava? Sì, va bene: Fassina non può certamente vantare una vis oratoria ciceroniana, ma andate a riguardare il video. Una parola, un'esitazione; una parola, un lapsus; una parola, una pausa un po' troppo lunga; una parola, uno scivolone lessicale; una parola, una papera. Sembrava uno scolaretto che deve ripetere una lezione che non gli piace. Oppure sembrava Brunetta imitato da Crozza. Oppure era Brunetta.

mercoledì 24 luglio 2013

Metodo B

Metodo B e oltre. Il porco (in attesa della conferma giudiziaria, mi limito alla constatazione somatica) - al secolo Aldo Nuvola, parroco della chiesa Regina Pacis di Palermo - con i pm che lo hanno fatto arrestare per aver fatto sesso con dei ragazzini si è difeso usando argomentazioni che avrebbero del ridicolo, se la storia non fosse terribilmente tragica. Come il capo dei porci - vi ricordate quello che disse di avere dato a Ruby dei soldi per non prostituirsi? -, Nuvola ha detto di avere pagato quei ragazzi per aiutarli economicamente. E, superando il maestro, ha aggiunto che erano stati loro a indurlo a fare sesso e di averli assecondati per vedere fino a che punto sarebbero arrivati. Di più: l'anima innocente, eguagliando il maestro, ha sostenuto di non sapere che fossero minorenni. Avrebbe anche coperto un omicidio, ma almeno non si è giustificato affermando di essere certo che l'omicida fosse il nipote di qualche capo di Stato. Non ha gridato al complotto dei giudici comunisti (ma non è detto), però non ha resistito all'idea di fare la vittima, nei fatti ammettendo la colpa che vorrebbe respingere: "Dopo quello che è successo mi sentivo solo e andavo in giro di notte per avere un po' di compagnia, un po' d'affetto''. "Dopo quello che è successo" significa che era recidivo: lui e quelli che non lo hanno sospeso a divinis. Già, perché boule de suif (solo nel senso estetico, perché in quello letterario è l'esatto contrario) era già stato condannato l'anno scorso per aver tentato di indurre alla prostituzione un diciassettenne che però ha rifiutato e lo ha denunciato. E, appunto, la domanda è proprio questa: perché le gerarchie cattoliche non hanno preso provvedimenti per impedirgli di fare altri danni? Ma, già, sarebbe come chiedere perché il Pd ha profuso tutte le proprie energie contro la legge sul conflitto di interessi.

lunedì 22 luglio 2013

La crisi è in crisi

Come se a Catania chiudesse 'a fera o luni (per i non catanesi, il mercato storico che si trova in piazza Carlo Alberto dal 1832). O come se levassero "u liotru". O il Colosseo a Roma. Valore architettonico zero (anzi, faceva cagare abbastanza, sul piano del gusto e della qualità), niente a che vedere con l'Anfiteatro Flavio, eppure a Roma chiude un pezzo di storia. Si abbassano le saracinesche del Mas in piazza Vittorio. Lì ci andavano i più poveri fra i poveri, sempre pieno di immigrati. Perché anche se sei povero un paio di lenzuola o qualche paio di slip te lo devi comprare e anche se sei povero hai bisogno degli strofinacci da cucina. Sintetici e repellenti all'acqua, cuciti male, tagliati peggio. Quando li stiri sono la rappresentazione plastica dell'impossibilità della quadratura del quadrato. Però ti servono, soldi per comprarteli di lino non ne hai e te li compri al Mas. Te li compravi. Ora, la cosa che fa riflettere è proprio il tipo di negozio che chiude. Abbiamo visto chiudere negozi di roba più o meno superflua (a parte i cellulari di ultima generazione: moriamo di fame, ma allo smartphone non rinunciamo, a costo di fare un mutuo e un mutuo per pagare gli interessi del mutuo) e persino quelli di abbigliamento frequentati dai benestanti (che ora tanto bene non stanno più), ma che chiudesse il mercato più a buon mercato non ce l'aspettavamo. Cos'è successo, sono i finiti i poveri? Forse è proprio il contrario: i poveri sono sempre di più, ma sono talmente poveri che adesso pure la crisi è andata in crisi.

mercoledì 17 luglio 2013

Fra il letto e il soffitto

Oggi ho incontrato un disoccupato. Certo, non è una notizia: i panda, gli esemplari rari in via di estinzione sono gli occupati. La notizia sarebbe incontrare uno che il lavoro ce l'ha; ma i disoccupati oggi te li tirano dietro come la frutta al mercato all'ora di chiusura. Il fatto è che ci ho parlato. E nemmeno questa è una notizia. Perché, a meno di essere muti, visto che gli occupati non esistono più, è un dato oggettivo trovarsi a parlare con gli unici che popolano il mondo. Però abbiamo parlato di stati d'animo. Ogni tanto bisognerebbe fermarsi a parlare con un disoccupato, ascoltarlo, sentire quello che ha dentro e non dice. Ti intrattieni a conversare del più e del meno e all'improvviso la sofferenza emerge come un germoglio dalla terra. Argomento banale, le vacanze, quello che impone l'attualità. "Vacanze? Ma lo sai quanti anni sono che non ci vado?" E comincia a raccontarti le sue giornate. Alcune incredibilmente piene, una frenesia di cose da fare, dieci-dodici ore senza sosta - "Almeno una volta c'era il badge che ti costringeva ad occuparti di te; adesso se mi fermo cinque minuti mi sento in colpa" - per illudersi di essere vivo; altre insopportabilmente vuote. Racconta di strade solcate a passo svelto per fingersi impegnato, per prendere a calci l'ennesima inutile giornata e cacciarla via. Ti racconta dell'amico che lo incontra e gli chiede: "Sei ancora a spasso?" A spasso, come se fosse un diletto. I giardinetti, le automobiline e il gelato in premio al bambino, se ha fatto il bravo. Come se chiamare con un termine infantile quel tumore che ti corrode lo rendesse meno invasivo. Poi c'è quell'altro amico che finalmente ti becca al cellulare dopo averti cercato invano a casa e ti chiede se sei "in ferie". Lo sa bene che sei in ferie forzate e perenni, ma non disdegna di conficcare la sua lama nella ferita. "Non so se fosse consapevole delle sue parole - mi ha detto dopo essere rimasto per un po' in silenzio -, se il suo fosse sadismo o uno stupido modo di fare ironia. Ma avevo una gran voglia di prenderlo a pugni". Mi ha spiegato di non avere avuto nemmeno la forza di reagire: se n'è tornato a casa e si è rannicchiato sul letto. "Però - mi ha confidato - più che sopra avrei voluto stare sotto: mi fa paura tutta quella distanza fra il letto e il soffitto, tutto quel vuoto da riempire. Meglio sotto".

domenica 14 luglio 2013

Il mullah Filippo

Qual è la prima cosa che vi viene in mente quando sentite la locuzione "località balneare"? Sì, esatto, avete indovinato: al di là della spiaggia, pinne fucili ed occhiali; al di qua, sul lungomare, infradito, un magliettone che copre appena il costume, un pareo annodato sui fianchi alla meno peggio. E' nell'ordine naturale delle cose: come il pianto del neonato evoca cacca nel pannolino e culetto arrossato o il nesso fra le parole donna e islamica ne produce una terza: burqa. Ecco, forse era al burqa che pensava il sindaco di Acicastello, Filippo Drago, geneticamente democristiano, quando ha avuto l'idea di prevedere multe fino a 500 euro per chi gira a torso nudo - quindi, immagino, anche per i maschi: almeno in questo è paritario - per le strade del "ridente" (ma che ci sarà poi da ridere?) comune marinaro e altrettanto ridenti frazioni. Mutatis bikinis, è come se a Saint-Tropez, patria del topless, si imponesse di prendere il sole con la muta da sub o come se a Pisa si raddrizzasse la torre. Non sperando di fargli capire come altre siano le cose di cui vergognarsi, attendiamo fiduciosi che - come già illustri predecessori - cambi il proprio nome in Filippo Mohammed Omar Drago. Intanto però mi viene un dubbio: non è che per caso il sindaco ha bisogno di fare cassa e vuole sfruttare l'iperproduzione estiva di chiappe al vento per realizzare cash rapidamente? In questo caso gli consiglierei, invece, di multare la sconcezza di tutti quelli che gettano per terra dai fazzolettini pieni di moccio alle bottiglie di birra, o l'oscenità di quanti fanno pesca selvaggia nella riserva e poi lasciano sugli scogli lenza, ami arrugginiti ed esca puzzolente.

mercoledì 10 luglio 2013

Disfay Pd

Un "amico" feisbucchiano qualche giorno fa mi ha invitata a un "evento" che si chiama RifayPd. A parte che vi sfascerey di botte per questo provincialismo esterofilo che vi fa trasformare le i in y e a parte che con alcuni del Pd (per paradosso, molti di quelli che un tempo erano comunisti e ora sono fascisti e democristiani più dei democristiani) non vorrei averci a che fare nemmeno se mi trovassi su un'isola deserta e dunque grazie ma rifiuto l'invito, io un suggerimento ce l'avrei: smettetela con questa farsa, scioglietelo questo matrimonio di convenienza più ipocrita degli ipocriti matrimoni borghesi, divorziate per incompatibilità di carattere o per maltrattamenti. Da noi, quando un uomo che prima ha fatto l'innamorato si trasforma in un energumeno violento, si dice che "nisciu u naturali". E in questi casi persino le famiglie di provenienza più tradizionaliste, quelle secondo le quali il matrimonio dovrebbe finire con la morte, si mettono in mezzo per sciogliere il vincolo. Ecco, ora che il Parlamento si ferma per decisione di un pregiudicato e dei suoi lacchè, ora che voi vi opponete flessibilmente - c'est à dire a culo a ponte -, è certificato (ma lo era anche prima, diciamo dalla Bicamerale in poi): il Pd nisciu u naturali. Dunque rinnovo l'invito, per il bene dell'Italia e per il bene dei vostri militanti ed elettori: tagliatela qui con quest'ipocrisia; ciascuno per la propria strada: chi vuol essere ancora di sinistra faccia le cose di sinistra e quelli di destra se ne vadano nel posto giusto per loro, ad ingrossare le fila degli impiegati di Silvio Berlusconi. Disfay Pd.