sabato 5 marzo 2016

Premio bancarella


Qualche giorno fa ho finito di leggere un libro che mi è stato regalato da un'amica. È una raccolta - pubblicata da una delle maggiori case editrici italiane - di racconti della stessa autrice: alcuni ti prendono, altri non ti dicono assolutamente niente. Comunque complessivamente gradevole. Ma non è questo il punto.
I punti sono due. Uno è un dubbio strettamente personale, che mi ha fatto pensare a lungo se scrivere oppure no: se "a caval donato non si guarda in bocca", è scortese nei confronti della mia amica fare notare che "il cavallo" è - per così dire - "difettoso"? Ma insomma so che la mia amica capirà e sono quasi certa che anche lei abbia rilevato quello che a me ha dato fastidio e che riguarda il secondo punto, valido per tutti. Soprattutto per generazioni di alunni di ogni ordine e grado e di aspiranti scrittori ai quali da secoli si ripete che per imparare a scrivere è indispensabile leggere e leggere molto. I quali dunque, per sete di lettura, potrebbero gettarsi fra le braccia di questo libro con la stessa dedizione con cui ci si affida (fidatevi: potrei scrivere un trattato in materia) all'uomo che si ama e in un battito di ciglio scoprire che non è più "affianco" a te perché da tempo è "affianco" di un'altra.
E così sono arrivata al punto: in questo volume la scrittrice scrive affianco, come fosse la prima persona singolare del verbo affiancare, ma intende la locuzione preposizionale a fianco. E magari una sola volta, ché potrebbe essere un refuso, ma almeno cinque o sei. Ora delle tre l'una: o l'errore è stato sdoganato, o l'autrice lo ha letto così tante volte (ne sono pieni i social, ma anche i giornali) da interiorizzarlo e non notarlo leggendo e rileggendo le sue pagine prima di consegnarle all'editore, oppure - le voglio dare questa possibilità - lo ha scritto volutamente così per far percepire un accento regionale; ma in questo caso avrebbe potuto/dovuto almeno virgolettarlo o metterlo in corsivo per farci capire che stava dicendo qualcosa di "strano".
E qui però entra in ballo la casa editrice: non una piccola casa editrice indipendente a corto di mezzi e di professionisti, ma una delle maggiori e sicuramente una di quelle con maggior fama culturale. A cui vorrei porre un paio di semplici domande: dove sono finiti i correttori di bozze? Non avete soldi per pagarli? Avete bisogno di un prestito? Siete davvero convinti che sia sufficiente affidarsi al correttore di Word? Non pensate che se io e gli altri che hanno comprato/letto questo libro vi chiedessimo un risarcimento danni, vi costerebbe molto di più dello stipendio di qualche correttore di bozze? Non pensate che sarebbe meglio che voi cambiaste mestiere e andaste a vendere arance in agosto al mercato? Sì, perché - sapete? - quello che fate voi è esattamente quello che fanno molti venditori ambulanti: mettono sulla parte visibile della bancarella dei bei frutti fuori stagione, li fanno pagare come fossero diamanti perché i capricci si pagano e poi nel sacchetto ci infilano quelli ammuffiti. Ecco: vi meritereste il Premio bancarella. Con la b minuscola.

martedì 1 marzo 2016

Innamorarsi veramente


Si parlava di Spotlight e di preti pedofili stamattina nella trasmissione di Radio Capital "Il geco e la farfalla", condotta da Benny e Vladimir Luxuria. Telefonate in diretta, ex bambini che raccontano di abusi, di silenzi, di incredulità, di qualcosa che somiglia molto all'omertà. Chi ricostruiva ricordi, frasi smezzate e raccomandazioni dei genitori, sensazioni strane, parole al tempo incomprensibili che solo adesso riescono a prendere consistenza. Alcuni hanno razionalizzato, altri inevitabilmente sono ancora un groviglio di emozioni.
Per ultima arriva la telefonata di Alice e lo capisci subito, dal tono della voce, una voce bastonata, che non sarà una telefonata facile. Alice esita, lascia passare un tempo infinito fra una parola e l'altra, ripete la parola già pronunciata per trovare il coraggio di attaccarci quella che segue, allunga le vocali per arrivare il più tardi possibile alla conclusione: È... è successo che facevo catechismo; e e e, e dopo, e dopo mi chiamava, e mi toccava il seno, e mi baciava sulla bocca.
Alice racconta che è una storia che si porta dentro anche adesso che è una donna, dice che anche passare davanti ad una chiesa o vedere un prete le provoca "rabbia, rifiuto", ricorda che all'inizio in famiglia non le avevano creduto, ma poi avevano capito che qualcosa non andava perché lei al catechismo non ci voleva andare più, e che sapeva anche di altri bambini ai quali era successo.
Luxuria le chiede se si è sposata e lei ripete ancora le parole - no, non mi sono sposata -; poi arriva la conclusione come uno schiaffo ghiacciato: "Non sono riuscita ad innamorarmi veramente".
Ti senti attorcigliare le budella. E ai conduttori mancano le parole. In radio quando ti mancano le parole è come se ti avessero tolto all'improvviso la bombola dell'ossigeno. Annaspano. La trasmissione finisce, il senso di disagio no. La rabbia nemmeno, perché questo sacco di merda con il suo sorrisino ipocrita ha rubato prima a quella bambina e poi per sempre a questa donna la possibilità di provare il sentimento più bello (che a volte fa un male cane, ma è l'unico che fa sentire vivi) e perché il sacco di merda al massimo, per "punizione", sarà stato trasferito altrove: a rubare ad altri bambini la capacità di innamorarsi "veramente".