giovedì 18 febbraio 2016

Il primo N.R. non si scorda mai

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N.R. Cos'è? Una sigla, la targa automobilistica di una città, un modello di moto? Niente di tutto questo: è l'unica cosa che manca al film di Paolo Genovese "Perfetti sconosciuti" (bello, divertente, a tratti commovente, una tragedia comica o una commedia tragica, fate voi), cioè il punto di vista di chi sta dall'altra parte dell'sms, di Messenger, di Whatsapp. E la prima volta che ti capita è come il primo amore: non si scorda mai.
Immaginate la scena. È simile a quella del film, ma qui stiamo parlando del cenone di capodanno. Aria di festa, tavola imbandita, servizio buono, argenteria, flûtes, champagne, mezzanotte, cin. Lui si slinguazza con sua moglie, preferibilmente sotto il vischio, accarezza amorevolmente i figli, sbaciucchia tutti gli altri, telefona alla mamma. Pochi minuti dopo mezzanotte gli scappa, va in bagno, lo tira fuori (il cellulare), scrive ispiratissimo: buon anno, tesoro (tesoro, non v'allargate: amore è riservato alla moglie). E quella piccola, insignificante aggiunta, N.R. Tira lo sciacquone, esce dal cesso, sorrisi di qua, sorrisi di là. Lei è da amici oppure sul divano di casa propria. Tin tin. Messaggio: buon anno, tesoro. Tuffo al cuore, brivido, emozione e tutte quelle cose cretine che solo noi donne ci sappiamo inventare quando "cadiamo innamorate" e rotoliamo finché non ci portano in ortopedia per fratture multiple o alla neuro per cervello in pappa. Anche perché nel frattempo hai letto e decrittato il famoso N.R.: che non è "Casa discografica italiana attiva per poco tempo negli anni sessanta", non è "nelle statistiche di vari sport, record nazionale (National record)", non è "abbreviazione di numero", non è una moto Honda, né la targa di Neuwied o di Nitra ed è inutile che lo cerchiate su Wikipedia, tanto non c'è. Il dito pronto per digitare la risposta, grazie amore anche a te, quando ti arriva l'illuminazione. E ti casca tutto il cascabile: N.R. vuol dire "non rispondere". E tu non rispondi, ma avresti tanta voglia di farlo. Buzzz (il suo cellullare è sempre silenzioso): V.A.C.
Che non è "software anti-trucchi della Valve Corporation", non è "gruppo musicale electro-industrial statunitense" né "città della provincia di Pest" e nemmeno "divinità induista" ed è inutile che lo cerchiate su Wikipedia, tanto non c'è. Con la differenza che lui si scervellerà senza riuscire a capire e al massimo penserà che vi state andando a coricare (da sola, niente da temere). Invece sarebbe così facile: VAI A CAGARE. E qualche volta dovremmo dirglielo, ché magari anche il primo V.A.C. non si scorda mai.
P.S.: No, non ve lo racconto il film, perché merita di essere visto e non vi voglio rovinare la visione.

martedì 9 febbraio 2016

Parliamo di noi

 
Come dicono i giornalisti quando devono riferire qualche riconoscimento al loro Tg, "adesso parliamo di noi".
Io qui, su Cose da fare in Sicilia, parlo di noi, di me e Roberta, che abbiamo scritto un libro raccogliendo le testimonianze di donne maltrattate, che però hanno avuto il coraggio di chiedere aiuto e di liberarsi.
Parlo di noi, delle nostre sensazioni e delle nostre emozioni "durante": quando andavamo al Centro antiviolenza a parlare con le signore.
Leggetelo: il pezzo e, se volete, anche il libro.

http://cosedafareinsicilia.it/web/index.php/2016/02/02/violenza-degenere-libro-contro-violenza-sulle-donne/

lunedì 1 febbraio 2016

Servizio pubblico


Io sono nata lo stesso anno di Carosello e cresciuta in un'epoca in cui di tutto ciò che apparteneva alla sfera sessuale non si parlava: le mestruazioni erano "quelle cose", fare sesso ma anche semplicemente baciarsi o toccarsi era una vergogna tale da negare a questi gesti un nome, accomunandoli in un unico indistinto appellativo dispregiativo: "certe cose".
Cose di cui vergognarsi, insomma, e la Rai di Monica Maggioni, come se cinquant'anni fossero passati invano, se n'è vergognata tanto da prendere la ridicola decisione - dopo avere anticipato il capodanno - di posticipare la parte di Presa diretta che di "certe cose" ardiva parlare, costringendo Riccardo Iacona a invertire l'ordine dei fattori e mandare in onda per primo il servizio sulla privatizzazione dell'acqua pubblica. Questa sì, una vera oscenità (la privatizzazione, non il servizio).
Fascia protetta la chiamano quella fascia oraria durante la quale non sta bene che i bambini vedano "certe cose" mentre quasi nessuno si preoccupa di proteggerli da preti pedofili, da padri violenti e violentatori, da trasmissioni che insegnano alle femminucce a diventare cose e ai maschietti a diventare proprietari di quelle cose, da adolescenti che prevaricano coetanei. Ovviamente ho smadonnato e smaggionato. Più elegantemente di me lo hanno fatto prima Fazio e la Littizzetto, usando l'arma dell'ironia, e poi Iacona che, all'inizio della trasmissione, ha manifestato apertamente, in maniera ferma e con il suo consueto garbo, il proprio dissenso e disappunto.
Poi però me ne sono andata a dormire, perché a me Carosello mi ha segnato la vita e molto oltre non vado. L'ho vista oggi la trasmissione: un servizio giornalistico serio come solo Iacona e pochi altri ormai sanno fare, documentato, che ha riportato opinioni diverse e ha fornito dati. Servizio pubblico. Quello che invocava pochi mesi fa a parole, in un'intervista a Repubblica, la neoeletta presidente Maggioni che ieri il servizio pubblico lo ha relegato alla terza serata, quasi all'orario dei film porno. Come se fosse una cosa indecente.
Mi è venuto in mente "Processo per stupro", mandato in onda dalla Rai nel 1979, qualche anno dopo avere sperimentato e quindi adottato definitivamente il colore: un documentario in bianco e nero, sollecitato dalle femministe, che fece conoscere agli italiani la violenza contro le donne. Anche in quel caso inizialmente la trasmissione fu programmata in seconda serata, alle 22, e fu seguita da tre milioni di spettatori. Ma ci furono le richieste di repliche e qualche mese dopo il documentario fu ritrasmesso in prima serata a beneficio di nove milioni di spettatori. Come è giusto che sia, se si vuole davvero fare servizio pubblico e non essere vocazionalmente embedded.