domenica 30 giugno 2013

Fantasmi

Certi servizi giornalistici mi fanno venire voglia di menare le mani. Arriva il momento delle feste dei cattolici o delle grandi vacanze estive e la questione esistenziale sembra sia pandoro o panettone, albergo a cinque o a quattro stelle, viaggio di dieci giorni o di una settimana. Con immancabile intervista alla signora che fa la spesa, a proposito del menu natalizio o del pacchetto vacanze con lamentele da copione del tipo "ehi, sì, quest'anno dovremo fare a meno del caviale" oppure "abbiamo dovuto rinunciare al viaggio in Marocco e ci dovremo accontentare di una decina di giorni a Ischia". E che sarà mai signora mia se imparate a limitare un po' la vostra inutilità bulimica! Stamattina ne ho sentito uno (e non al Tg1 o in uno dei tg berlusconiani, ma in una radio di sinistra) a proposito delle conseguenze della crisi sulle vacanze degli italiani: consueto piagnisteo sulle famiglie costrette a fare la "spending review" sulle vacanze e a rinunciare agli alberghi optando per camper e roulottes, mentre i ragazzi dovranno accontentarsi della tenda. Prima considerazione: per i più giovani la tenda è una soluzione divertentissima e poi (a rischio di dire cose impopolari in questo mondo in cui i padri spingono le figlie a farsela con un maniaco sessuale miliardario), sapete, non è così male se imparano a cavarsela da soli, dandosi una martellata su un dito mentre piantano un paletto o finendo in pasto ai pappataci da camping o - perfino! - se si lavano le pentole da soli. Seconda considerazione: fermo restando che l'Italia intera è nella merda, perché tutti (tutti quelli che hanno un lavoro, però) devono fare i conti con stipendi bassi, assunzione in nero, rischio di licenziamento o cassa integrazione, sensazione costante di precarietà, comunque non capisco perché non si parli affatto di quelli che almeno una certezza - la certezza di non poter fare nemmeno una vacanza di un giorno - ce l'hanno, e cioè disoccupati e pensionati a 400 euro al mese. Quelli al supermercato non li trovi per intervistarli sulle spese del cenone né si pongono il problema di dove e come fare le vacanze. Semplicemente non le fanno. Al più, se hanno la fortuna di vivere in una città di mare, li trovi a squagliarsi alla fermata dell'autobus in attesa di raggiungere la spiaggia più vicina. E poi c'è un'altra "sottocategoria": quelli che da casa non escono più, già immersi irreversibilmente in uno spleen nient'affatto letterario, e forse il giorno che ne usciranno sarà per fare un tuffo fra gli scogli. Ma non sarà divertente. Questi non ci sono nei servizi giornalistici sulle vacanze, come fossero fantasmi. Appaiono una volta ogni tre mesi: dati statistici che servono a confezionare un bel reportage riferendo i commenti indignati e dei sindacati e gli improbabili impegni governativi per il rilancio dell'occupazione. Ma sono solo numeri: nessuno li vede, nessuno li intervista, nessuno vuole rischiare di farsi rovinare le vacanze da chi ormai vive perennemente in vacanza dalla vita. Per loro soltanto un servizio trimestrale sui dati della disoccupazione. Poi spariscono di nuovo. Fantasmi che non fanno notizia, perché non fanno girare l'economia. Ma forse sarebbe più corretto dire che è l'economia che non fa girare loro.

Fortunata

Oggi ho sentito due signore che conversavano al mare. "Vacanze? Quali vacanze?" diceva l'una "E' da un anno che sono senza lavoro. Non si trova niente, non c'è niente". Una storia fra tante, troppe, tutte uguali: diploma superiore, separata, mamma di un bambino, ex marito praticamente latitante dai doveri paterni, era stata licenziata dai supermercati dell'Aligrup di Sebastiano Scuto, condannato per mafia. "Come ha fatto a fallire non si sa" diceva la signora "Facevamo miliardi ogni giorno". Miliardi, parlava ancora in lire, pur essendo giovane, più o meno trentenne. E da allora, malgrado la giovane età, non era più riuscita a trovare un lavoro: "Non c'è niente" ripeteva, aggiungendo che adesso fa la donna delle pulizie, a sei euro l'ora, quaranta euro a settimana. L'altra, poco più che cinquantenne e certamente non scolarizzata, era scandalizzata: "Sei euro? Ma il prezzo è sette!" Già, perché con un euro in più svolti. Si definiva "fortunata" la più anziana delle due, perché ha lavorato tutta la vita e adesso è a servizio da una signora benestante che le dà anche trenta euro per la benzina. Non so più quante volte l'ha ripetuta questa cosa che si sentiva fortunata. Anche se poi ha raccontato quello che doveva subire facendo le pulizie a casa di una coppia anziana: la signora era molto malata e sarebbe morta di lì a poco, ma il marito (peraltro quasi ottantenne) non si faceva scrupolo di provare a mettere il suo pisello in mano alla domestica impegnata a stirare. Roba che pensavamo (speravamo) ormai confinata nei libri di Brancati. Lei il vecchio porco lo faceva stare al suo posto, e alla signora non l'ha mai detto perché non se la sentiva di darle questo dispiacere visto il suo stato di salute. Ha continuato a lavorare lì fino alla morte della padrona malgrado il peso di quell'umiliazione. Silenziosa per pietà e silenziosa per non perdere quel diritto che ci vogliono far vedere come una fortuna, come una vincita milionaria alla lotteria. Così baci per terra e subisci in silenzio ogni genere di angheria.

venerdì 28 giugno 2013

Piagnoni

Sergio De Gregorio ha raccontato di avere deciso di vuotare il sacco spinto dal padre, che gli sarebbe apparso in sogno. Forse ha avuto l'incubo del sole a scacchi e da sveglio si dev'essere accorto che l'inchiesta della procura di Napoli andava avanti e che non avrebbe avuto scampo. Dunque: meglio una spruzzatina di pentimento, che in un questo Paese così ipocritamente cattolico fa sempre sgorgare una lacrimuccia, con scuse a Prodi e sconto (di pena) annesso che vuol dire niente carcere. L'uomo che avrebbe potuto fornire a Cesare Lombroso materiale per scrivere un'intera enciclopedia ha raccontato del pacco di soldi presi in nero da Berlusconi per far cadere il governo di centrosinistra, aggiungendo però di non essere stato il solo senatore ad essere corrotto con la stessa finalità. E però - mica scemo -, dal momento che è il denaro che move il sole e l'altre stelle, dice che il nome dell'altro suo collega di corruzione lo farà soltanto in un libro che sta scrivendo e uscirà a fine estate. Potrei scommettere che ci faranno anche un film. Chi vive di soldi il modo per fare altri soldi lo trova sempre. Superpentito anche Lele Mora che - fallita la sceneggiata del finto suicidio un anno e mezzo fa - oggi si scopre Mora-lista e Mora-lizzatore: "Castigat plorendo mores". Si vergogna dello schifo annesso alla vicenda Ruby, chiede scusa ai giornalisti "comunisti", parla di "cibo avariato", abuso di potere e degrado; poetico, aggiunge di voler vedere "le stelle e il cielo azzurro". Commovente, davvero commovente. Se non fosse che il tipo che ha Faccetta nera come suoneria del telefonino sembra sia ormai con le pezze al culo e per di più anche per lui si avvicina il momento del redde rationem giudiziario. Una paccata di soldi per risanare il suo bilancio o una bella confessione fiume con lacrima annessa potrebbero cambiargli la vita. Non so a voi, ma a me suona un po' sospetto. Come le lacrime dell'altro piagnone colpito dall'epidemia redentoria degli ultimi giorni: il "padre di famiglia" Miccoli, che chiama "fango" Giovanni Falcone parlando al telefono con il figlio di un boss e poi convoca una conferenza stampa per far conoscere al mondo le sue grandi doti di attore melodrammatico capace di far sgorgare a comando fiumi di lacrime dai suoi occhi. Tante lacrime quanti soldi rischia di perdere se lo licenzieranno: "Da tre notti non dormo", ci ha informati il cittadino onorario del comune di Corleone, la Francesca Bertini de noantri, senza dimenticare un elenco di persone con cui scusarsi lungo quanto la formazione di una squadra di calcio. Come se non bastasse, ha aggiunto: "Quando finirà questa storia voglio fare il testimonial della legalità". Scusi sa, Miccoli, e anche voi altri due piagnoni, Mora e De Gregorio, ma quando finirà questa storia vorrei che vi trasformaste nelle stesse palle che raccontate e in quelle che vi fanno vivere da ricconi e che per una volta siano gli italiani a prendere a calci voi, facendovi versare lacrime vere e amarissime.

giovedì 27 giugno 2013

A testa in giù

Stamattina canticchiavo a testa in giù: "Del resto mia cara, di che si stupisce, anche il dottore vuole il figlio operaio... non c'è più morale contessa". Certo, caldo fa caldo, ma non sono andata fuori di testa. Direi piuttosto che c'è qualcuno che, lucidamente e forse anche gellianamente, sta cercando di mandare a gambe all'aria e far girare all'incontrario la storia, le lotte, i diritti conquistati. Incentivi alle aziende che assumono ragazzi che abbiano soltanto la licenza media. Disincentivi allo studio dunque: terza media, asini come capre e viceversa, nessuna rivendicazione, ci si esprime a gesti e al più qualche grugnito. Sicuro che così i sudditi resteranno sudditi e si accontenteranno del tozzo di pane duro che ogni tanto qualcuno lancerà. Sicuro che così gli operai la smetteranno di volere il figlio dottore se questo significherà condannarlo a disoccupazione sicura e il dottore vorrà il figlio con la licenza media, così un posto da operaio o almeno da apprendista lo trova. Il governo Letta(P)1-Letta(P)2, quello del "faremo-forse-fra-qualche-giorno-poi-si vedrà" - con vivo e vibrante entusiasmo sostenuto da un anziano signore che riceve a casa sua con tutti gli onori un anziano pedofilo, nonché frequentatore di stallieri e teorico dell'evasione fiscale - ha partorito questa genialata tutta a favore dei padroni: 650 euro mensili (e quanto gli vorresti dare a uno con quel tipo di preparazione?), per ogni assunto a tempo indeterminato con quelle caratteristiche per 12 mesi. Dopo, statene certi, l'escamotage per licenziarli lo troveranno. Però un merito glielo dobbiamo riconoscere: quello di azzerare il conflitto generazionale. Non vedremo più liti furibonde fra figli che non vogliono andare a scuola e padri che si disperano per mandarglieli fiduciosi nel pezzo di carta e conseguente riscatto sociale. "Non vuoi andare a scuola? Hai ragione figlio mio. Che cazzo ci vai a fare a perdere tempo? Vattene a zappare". Del resto mia cara, di che si stupisce, anche il dottore vuole il figlio operaio, contadino, muratore, schiavo... so' soddisfazioni.

martedì 25 giugno 2013

Apicella senatore a vita

Articolo 59 della Costituzione italiana: "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario". E siccome Colombo si è appena dimesso dalla vita e siccome ultimamente i senatori a vita cadono come pere mature dagli alberi e sono rimasti in tre come i tre briganti e i tre somari di Modugno, sembra che Napolitano sia alle prese con quello che un'agenzia di stampa definisce un rebus. O un Ruby's? No, perché, stando alle argomentazioni della suddetta agenzia, il capo dello Stato dovrebbe adesso - oltre ad affrontare la questione mai risolta e sempre variamente interpretata se i cinque debbano essere in tutto o ciascuno - sbrogliare la matassa della nomina del pedofilo assoldatore di eroi testè condannato, sollecitata dal suo partito per parargli il culo. Napolitano starebbe prendendo tempo. Come dire? In questo momento pare brutto. Ma soprattutto, spiega la fonte giornalistica, il problema starebbe nel fatto che l'articolo 59 parla di meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario, mentre "il campo politico non viene citato". Di grazia, se il campo venisse citato, quali sarebbero gli altissimi meriti che gli farebbero meritare (appunto) un simile riconoscimento? Quelli di averci fatto ridere dietro dal mondo intero, isole comprese? Escluso dunque "il campo politico", possiamo ragionevolmente ipotizzare che tra qualche settimana - magari in piena estate, quando la precaria indignazione degli italiani sarà evaporata sotto l'ombrellone - Napolitano risolverà il rebus. Un'ipotesi potrebbe essere quella dei meriti nel campo sociale: avere pagato la nipote di Mubarak per non prostituirsi potrebbe rientrare nella tipologia. Oppure si potrebbe solcare il campo artistico e nominarlo per le sue romanze da parcheggiatore abusivo. E magari, insieme a lui, potrebbe nominare anche Apicella. Così ridiventano cinque: tre più due briganti e due somari.

lunedì 24 giugno 2013

Assi di mazza

Ma io ormai ho una certa età: tutte queste emozioni in un giorno solo non le posso reggere! Dunque, andiamo con ordine: 1) a Catania il mio sindaco ha annunciato che istituirà il registro delle unioni civili; 2) a Messina è diventato sindaco l'eroe dei noponti; 3) a Milano il vecchio porco è stato condannato a togliersi dai coglioni. Sì, lo so: sarebbe stato meglio che il punto 3 avvenisse per via politica ma per il momento non guastatemi la festa. Anche perché sono state troppo divertenti le dichiarazioni del poker di assi di mazza (non è un refuso: volevo proprio scrivere mazza, singolare), autoproclamatosi difensore d'ufficio. La Santanché se n'è andata in tribunale, per "guardare in faccia" durante la lettura della sentenza le tre donne che da lì a poco avrebbero sancito la fine della carriera politica e imprenditoriale (titolo Mediaset subito a picco: roba da avere un orgasmo in diretta!) del gran puttaniere. Ha detto che ci voleva essere perché è una donna (sì, anche Crudelia Demon tecnicamente lo è) "che ha fatto tante battaglie per le donne". Come il diritto al tacco 15 o, come suggerisce un mio amico, più silicone per tutte. La Gelmini - dall'alto della sua competenza giurisprudenziale, certificata da una regione dove l'abilitazione all'esercizio della professione la danno a cani e porci - se l'è presa con il procuratore Bruti Liberati per la sua presenza in aula: "In un processo insolìto, anomàlo e àssurdo, ugualmente insolìta e àssurda è la presenza oggi in aula, in toga, al fianco del pm Sangermano, del capo della procura di Milano, Bruti Liberati", ha dichiarato l'ex ministra dell'Ignoranza sotto l'egìda di un campione di autoprostituzione come il medico omeopata Scilipoti Domenico, ma il suo nome è Mimì. Anche per lui la presenza di Bruti Liberati era "un oscuro presagio" che faceva sospettare "un tentativo di pressione sul Collegio giudicante". Insomma, il procuratore avrebbe potuto telefonare ai giudici e dire loro di condannare il vecchio maniaco perché lontano parente di un suo condomino che gli stava sul cazzo. E poteva mancare fra i dichiaranti quello che, avendogli già dato (sia pure solo metaforicamente, forse) il culo, qualche giorno fa si è detto pronto a dargli sua moglie? Certo che no. E dunque, eccolo lì il Razzi dalla rima fin troppo ovvia che emette la propria di sentenza: "Lui è innocente, sono tutte fantestorie". Sic. Fantastoria, singolare femminile; fantestorie, plurale femminile. Decisamente singolare.

venerdì 21 giugno 2013

Il porco posposto

Io il calcio lo chiuderei. Con dentro calciatori, allenatori, proprietari di squadre di calcio, cronisti sportivi e fanatici di ogni risma. E quindi sono la persona meno adatta a prendere le difese di qualcuno che faccia parte di quel mondo funzionale ad "oppieggiare" il popolo. Ma quanta ipocrisia in questo scandalizzarsi per una bestemmia (tanto che qualcuno l'ha definita "presunta") in un Paese dove non ci si indigna del fatto che il 90% di politici, manager, vescovi e alte cariche dello Stato violi costantemente nove comandamenti su dieci e bestemmi stabilmente tutti e 139 gli articoli della Costituzione italiana. E tutti lì a trovare giustificazioni, come per le bestemmie di Berlusconi e i rapporti con la mafia, le tangenti, le escort e le evasioni fiscali e tutte le porcate del vecchio porco, che sono porcate ma vanno "contestualizzate". E oggi tutti lì a discettare se Prandelli abbia detto zio o dio, se il porco fosse preposto o posposto, se dio (ma pure bio, fio, io, pio) fosse un suffisso o un prefisso. Ora, scusa, a parte che se tuo zio è uno che conosci più o meno da quando sei nato e ti ha cresciuto e allevato come fossi un figlio è tecnicamente una bestemmia prendersela con lui, lo è ancor di più - e mondiale - cercare di spacciare una cosa per un'altra. Forse ho detto zio. Forse ho ereditato da Trapattoni "zio poi". Sì, e magari da Bossi avrai ereditato il "dio Po". Ma chi vuoi prendere per il culo? E soprattutto chi vogliono prendere per il culo tutti quelli che pur di avvolgere il pallone in un'aura di santità ne negherebbero persino la sfericità. Prandelli ha bestemmiato. Amen. Come accade a molti nei momenti di tensione. Ma siccome il calcio è intoccabile tanto quanto la chiesa cattolica nessuno deve ammettere che sia accaduto. Come quando un prete riserva delle attenzioni eccessive a un bambino. Che non si dica che è un pedofilo: si stava solo prendendo cura di quel bimbo. Poi magari lo trasferiscono a prendersi cura di altri bambini, così non se ne parla più. La faccia è salva. Ma la sostanza resta.

giovedì 20 giugno 2013

Caro sindaco, ora incontra anche gli atei

Caro sinnicuBiancu, devo farti un piccolo rimprovero. Prima però devo fare una precisazione: io sono per il proporzionale puro e pretendo di essere considerata per quel che rappresento. No, tranquillo, non sto parlando di rapporti di forza partitici: su quel piano valgo lo zerovirgolauncazzo e ne sono consapevole. Sto parlando di ciò che attiene al rapporto fra un sindaco e i rappresentanti locali delle confessioni religiose e di tutto ciò che attiene a questioni spirituali, filosofiche o esistenzialiste. Apprendo che hai incontrato l'arcivescovo. Bene, ci sta: io non lo avrei fatto perché soffro di allergia grave nei confronti delle gerarchie cattoliche e mi riempio di bolle solo a sentirne parlare, ma sul piano dei cosiddetti obblighi istituzionali non ho niente da eccepire. Però soltanto se il vescovo che hai incontrato è il primo (proprio in ragione della, reale o presunta, maggiore percentuale di consensi) di una serie di capi religiosi. La stampa locale non dà notizia di un tuo prossimo incontro con un rabbino capo o con un imam e ancor meno di un colloquio con gli esponenti dell'Uaar. E dire che gli atei a Catania non sono a livelli da zerovirgola e non avrebbero alcun bisogno del proporzionale puro per contare qualcosa. Non so se Pisapia o De Magistris dopo la loro elezione abbiano incontrato i vescovi delle loro città, né ho idea se l'abbia fatto Marino (per disfarsi del quale oltretevere avrebbero persino assoldato un kamikaze islamico imbottito di tritolo), ma il mio sindaco sei tu ed è a te che mi rivolgo. Anche perché ti ho votato pure perché ti riconosco un approccio laico che manca totalmente ai tuoi compagni/amici di partito che ormai hanno le ginocchia blu a causa del loro stato di genuflessione permanente. Non pretendo da te la rivoluzione, ma la rivoluzione francese sì e se deciderai di incontrare il capo spirituale degli atei (ma anche di quelli che si definiscono più laicamente "laici" e persino dei cattolici illuminati), a nome di tutti questi - che in termini percentuali hanno un certo peso - e in nome della ragione e della ragionevolezza gli consegnerò una serie di richieste da farti: dall'istituzione del registro delle unioni civili alla creazione di una sala per il funerale laico arrivando - perché no? - alla realizzazione di un centro culturale interreligioso tutto aperto e senza porte. Così sono costretti ad incontrarsi e la smettono di rompere i coglioni al mondo con le loro guerre del cazzo. Intanto, mi auguro che - incontrando il vescovo sulle questioni che riguardano le condizioni delle fasce deboli della popolazione, e dunque immagino anche dei lavoratori senza lavoro o sottopagati o costretti ad aspettare per mesi gli stipendi - tu gli abbia ricordato che i lavoratori non muoiono sul lavoro per loro imprudenza ma perché i padroni bastardi non rispettano le regole sulla sicurezza e che gli abbia fatto notare come i lavoratori - anche quelli alle sue dipendenze - abbiano diritto a ricevere lo stipendio. Altrimenti, poi non è che può pensare di ripulirsi la coscienza facendo la carità. E non può nemmeno pretendere di dare lezioni di morale a chicchessia.

mercoledì 19 giugno 2013

Mostri

No, ai vostri bambini non lo auguro - che colpa ne hanno loro se hanno dei padri che fanno più schifo della merda? -, ma a voi sì: un attacco di asma di quelli che ti sconquassano il petto e ti fanno sputare gli occhi e l'anima. Ammesso che nei abbiate una. Manager vi chiamano e per tali vi pagano, ma dovreste marcire in galera poveri da non potervi comprare il cibo allo spaccio e in preda ad attacchi di asma devastanti fino alla fine dei vostri giorni, voi che per obbedire alle leggi del mercato, per produrre e fare profitti a tutti i costi, per intascare i premi di produzione, avete taroccato le medicine per la tosse dei bambini. Il principio attivo non c'è? E chi se ne frega? Ci mettiamo al suo posto un intruglio inefficace che non farà passare la crisi asmatica, ma garantirà le vendite. Già, ma in galera voi non ci andate: vi hanno messo solo agli arresti domiciliari, verosimilmente nelle vostre belle ville acquistate lucrando sul diritto costituzionale alla salute, serviti dai vostri schiavi negri e attorniati dai vostri bei cani di razza che non sanno che razza di schifezza è il loro padrone. Altrimenti, ne sono certa, vi azzannerebbero. E non ci hanno nemmeno detto i vostri nomi: foste stati un immigrato che per sopravvivere vende cianfrusaglie senza licenza vi avrebbero sbattuti come mostri in prima pagina, con tanto di foto segnaletica, ma siete "rispettabili" manager e la vostra rispettabilità e i vostri soldi vanno tutelati. Mostri voi e mostro chi si rende complice impedendo che possano guardarvi (e sputarvi) in faccia i genitori ai quali per poco non avete ammazzato i figli.

lunedì 17 giugno 2013

Iononsonorazzistama

"Vorrei chiedere alla ministra dell'immigrazione...quella lì...quella di colore..." L'ho sentita stamattina alla radio questa frase, corredata dall'immancabile puttanata sulla ministra "che vuole dare la cittadinanza agli immigrati" e dall'altrettanto imprescindibile e ipocrita precisazione "io non sono razzista, ma". Alla ministra il signor iononsonorazzistama voleva chiedere qualcosa del tipo "ma se li manteniamo tutti, poi cosa resta per noi?" Dunque: sorvolando - ma non troppo, perché agli scemi le cose le devi spiegare parola per parola - sul fatto che la cittadinanza la ministra vorrebbe darla ai figli degli immigrati, ai bambini che qui sono nati e che parlano l'italiano e i dialetti meglio di noi; e sorvolando sul fatto che i genitori di quei bambini pagano le tasse mentre gli evasori assassini - grazie ai quali per esempio non ci sono abbastanza soldi per curare un malato di tumore - che io sappia sono solo italiani, vorrei raccontare al principe dei cretini quello che ho visto ieri. Mi sono bastati pochi minuti: mi trovavo in una struttura che assiste i migranti, li aiuta nelle pratiche, li indirizza verso potenziali datori di lavoro, fa seguire loro corsi di italiano. Un ragazzo - ovviamente "di colore", come direbbe il signor iononsonorazzistama -, disperato perché non trova lavoro, raccontava di avere guadagnato 50 euro da un italiano che glieli aveva dati perché acquistasse a proprio nome, mettendoci la firma, tre schede telefoniche. Aveva ceduto la propria identità a un italiano al quale forse le tre schede telefoniche non servivano per ingannare tre fidanzate diverse, ma molto più probabilmente per svolgere attività illecite e lo aveva fatto, senza nemmeno essere sfiorato dal dubbio che quello lo stesse trascinando in qualcosa di losco, soltanto per 50 euro: l'indispensabile - per chi vive dell'indispensabile - ad andare avanti una decina di giorni. Dopo mi hanno spiegato che è una prassi costante: si fanno dare il nome per acquistare le schede telefoniche, ma pretendono anche un sacco di soldi - migliaia di euro - per la dichiarazione di ospitalità che serve a vivere qui. Mi hanno detto che c'è gente che si è fatta le case con questo sistema: certamente alcuni connazionali "furbi" (vorrei dire: italianizzati) degli stessi migranti, ma soprattutto italiani, arricchiti sulla pelle di chi non ha lavoro. E allora, signor iononsonorazzistama, chi è mantenuto di chi? Sai una cosa? Io non sono violenta, ma...ma se ti avessi avuto fra le mani ti avrei nero, anzi: di colore.

venerdì 14 giugno 2013

Delitto d'impeto

Ma come puoi giustificarti dicendo di avere scritto in un momento di rabbia? Non sei una che passando per strada viene colpita da un vaso da fiori in testa e si mette istintivamente a smadonnare tanto da farsi sentire fino all'ottavo piano. Sei una che (chissà per quali meriti politici) ha un ruolo istituzionale. E in più, quando scrivi una cosa su Facebook e poi fai invio ci vuole un po' più di tempo che per aprire bocca e dare fiato prima di avere attivato il cervello. La scusa che hai farfugliato fa incazzare più della frase vomitevole che hai scritto. Cos'è, speravi nelle attenuanti per il delitto d'impeto? Ehi, dico a te, merda di genere femminile che ha augurato a un'altra donna, a una "negra", come la chiameresti tu, di essere stuprata. Quello che hai scritto prima e quello che hai addotto poi come giustificazione ti qualificano doppiamente per quello che sei: una merda razzista. E questo non è un insulto d'impeto: ma una considerazione assolutamente razionale per la quale non invocherò alcuna attenuante. Era esattamente quello che volevo dirti: sei una merda razzista che non appartiene al genere umano.

mercoledì 12 giugno 2013

Vendetta!

Mi sento vendicata. Non a titolo personale, malgrado i tentativi di intimidazione nei miei confronti, e neppure in quanto casta (alla quale mi rifiuto di appartenere) per l'aggressione fisica e verbale, avvenuta sotto i miei occhi, nei confronti di una collega che si permetteva di fare delle domande (bestia rara in Italia un giornalista che fa delle domande). O, almeno, non soltanto per queste cose. Mi sento vendicata - oltre che per i bambini senza verde, per i disabili segregati e sequestrati, per le biblioteche ridotte alla fame, per quelli che si sono fratturati gambe e braccia in un qualunque giorno di pioggia diventato calamità naturale, per le strade piene di buche, per la puzza di merda e di piscio che accoglie i turisti - soprattutto per quelle lavoratrici che giorno e notte, con il gelo e con il sole, hanno dovuto lottare contro l'aggressione e la violenza di stipendi non pagati per mesi sommata all'aggressione e alla violenza di chi le aveva gettate nella disperazione. Cifra del lavoro che a Catania non c'è o non viene retribuito, di migliaia di lavoratori senza futuro, queste lavoratrici sono state offese dall'uomo dallo sguardo inutilmente ceruleo, nuance SS, che le derideva per la loro battaglia mentre stazionavano nella piazza principale, unico riparo una tendina canadese: "Che ci state a fare qua? - gli ho sentito dire un giorno - Perdete tempo". Oggi quel sindaco che si faceva beffe dei diritti dei lavoratori è stato mandato via a calci in culo da migliaia di lavoratori, precari, disoccupati, che per Catania hanno scelto un sindaco per il quale il primo punto all'ordine del giorno è il lavoro coniugato al ripristino della legalità. Sul piano strettamente personale mi sentirò vendicata quando schiatterà il porco che mi ha licenziata (i perbenisti si astengano da espressioni scandalizzate: l'ipocrita perdonismo cattolico non mi appartiene, non vedo perché dovrei fingere il contrario, e inoltre pratico nei confronti dei padroni l'odio di classe che loro praticano nei confronti dei lavoratori), ma questa è un'altra storia. Al momento, (ex) lavoratore fra altri lavoratori, mi sento vendicata: al momento mi interessa il destino collettivo dei lavoratori e della mia città. Certo: staremo a vedere se alle parole seguiranno i fatti. Ma intanto abbiamo fatto il primo passo per riaccendere una luce: abbiamo cacciato via quello che questa città l'aveva violentata.

lunedì 10 giugno 2013

Baci e baciapile

Ripenso ad un bacio appassionato, alcuni anni fa, in pieno centro e in pieno giorno a Siracusa: uno di quei baci che ti fanno diventare le gambe di ricotta e che ogni volta che ci ripensi te le fanno ridiventare di ricotta. No, non è rimpianto né l'amarcord di una pratica ormai archiviata: è soltanto che - come spesso accade in questo Paese di baciapile che si scandalizzano dell'amore ma non disdegnano un caffè e molto altro insieme a boss e politici corrotti - ciclicamente arriva la notizia di un sindaco che da qualche parte ha vietato qualcosa. E stavolta la cosa vietata è appunto il bacio per strada. Questo sindaco è come l'automobilista insofferente nei confronti del ciclista, che ha la sola "colpa" di ricordargli, con la sua sola presenza, con la sua libertà, quanto lui sia scemo a rinchiudersi da solo in una trappola. Le do una notizia, mio caro bacchettone: mentre le case automobilistiche si affannano a spendere soldi in pubblicità (il cui costo va ad ingrossare il prezzo di listino e quindi viene pagato dai polli acquirenti) per cercare di convincerci quanto siano belle le loro macchine da supereroi, per la prima volta in Italia - e non solo per effetto della crisi - la vendita di bici supera quella delle scatole inquinanti. E senza che ci sia bisogno nemmeno di una briciola di pubblicità. Di andare in bici ti viene voglia comunque: basta vederne una, ripresa per caso mentre passa durante un servizio del tg. Di baciare ti viene voglia comunque e nessun divieto potrà mai impedirtelo. Soltanto chi non ha mai provato l'emozione di un bacio (e chi non è mai andato in bici) può odiare chi bacia (e chi va in bici) e vorrebbe impedirlo per decreto. Roso dall'invidia.

mercoledì 5 giugno 2013

Quindi

Ho sbagliato: avrei dovuto raccoglierle tutte, analizzarle e alla fine esaminarle attentamente nei dettagli. Ma il fatto è che alcune mi provocano un tale giramento di coglioni da non arrivare vive alla pattumiera di casa e altre non arrivano nemmeno alla cassetta. Non potete sapere che soddisfazione rispondere di no a uno che citofona e, convinto di parlare con un pollo, ti dice: "Comunicazioni del patronato, può aprire per gentilezza?". Il patronato - con cui non ho mai avuto niente a che fare - non ha proprio nulla da comunicarmi, se non che c'è una faccia di culo esperta in clientelismo che vorrebbe il mio voto in cambio di qualcosa che non gli ho mai chiesto e non gli chiederò mai. E in realtà quelle di cui sto parlando sono le lettere dei candidati che in questi giorni fioccano come stelle filanti nelle cassette di ciascuno di noi. Di solito nemmeno le apro, per evitare l'overdose di Maalox, e perché sono tutte talmente ripetitive, uguali, tristemente inutili. Però qualche altra la leggo: giusto per il piacere di misurare fino a che punto possa arrivare l'ipocrisia umana o quanto siano cazzoni quelli che le scrivono. C'è uno che conclude la sua lettera "con affetto". Con affetto? Scusa, ma ci conosciamo? Siamo andati a scuola insieme? Tua cugina ha sposato mio cugino? Se - come è prevedibile - hai riposto di no a tutte e tre le domande, sappi che lo stupro delle parole è una cosa che me li fa girare molto più delle tue insulse promesse. Oggi ne è arrivata un'altra: "Sono Maria Rossi, bla bla bla e bla, bla, bla e ancora bla". Alla fine mi spiega come si vota: "Da quest'anno è possibile esprimere una doppia preferenza di genere, cioè è possibile esprime (esprime, proprio così: non sono io che ho trascritto male, sono loro che non hanno nemmeno riletto) due preferenze, una Donna e un Uomo. Quindi scrivi Rossi accanto al simbolo del partito". Dunque (anzi, quindi), se ho ben capito si possono scrivere due nomi: quindi scrivi Rossi. Dunque (anzi, quindi), se la memoria non m'inganna, nella grammatica italiana "quindi" è un avverbio con valore deduttivo. Dunque (anzi, quindi), se è possibile esprimere una doppia preferenza, se ne deduce che si possa scrivere Rossi e pure Bianchi (purché Bianchi sia un maschio) accanto al simbolo del partito. E allora perché la candidata, "quindi", ci invita a scrivere Rossi e basta? Non sarebbe stato meglio scrivere "però"? Anzi, ma però.