sabato 3 settembre 2016

Integralisti italici

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Ai funerali c’è sempre qualcuno che dice una battuta ironica e un altro che diventa paonazzo nel tentativo di non ridere in maniera scomposta; ho visto gente ridere inebetita ai funerali di genitori molto amati. È un modo per esorcizzare la morte, persino la propria morte.
Quelli di Charlie Hebdo, i pochi che sono rimasti, l’anno scorso, subito dopo l’attentato alla loro redazione da parte di integralisti islamici, subito dopo essere stati ammazzati, hanno riso sulla loro stessa morte, per vincere la paura, per costringersi a raccattare brandelli di corpi disseminati qua e là, riattaccarseli alla meno peggio e ricominciare vivere. È un giornale satirico, la satira è il suo linguaggio, spesso fa un male cane e arriva al centro della questione, a volte non fa ridere come quando un cantautore che ha sempre scritto canzoni bellissime per un attimo perde la vena o uno scrittore da Nobel partorisce un romanzo che fa cacare. Li vogliamo lapidare per questo?
Quelli di Charlie Hebdo un paio di giorni fa hanno riso di nuovo sulla morte, sulla nostra morte questa volta, e hanno fatto una vignetta (oggettivamente brutta) sui terremotati del centro Italia che ha fatto incazzare il nostro piccolo mondo incapace di chiedersi se c’è vita non su Marte ma in un diametro che superi quello del proprio ombelico. Vorrei tentare un’esegesi di quella vignetta satirica – l’unico codice linguistico, forse è il caso di ripeterlo, per quanto possa fare male, che un giornale satirico abbia a disposizione –: quel disegno con i morti tipo sandwich e condimento “sauce tomate” non era satira contro i morti, ma contro i vivi che li hanno ammazzati. Messi a strati nelle case, nelle scuole, negli ospedali che avrebbero dovuto essere antisismici e antisismici non erano perché ci si sono presi le mazzette sulla costruzione di quegli edifici. A strati in quelle case, in quelle scuole, in quegli ospedali i morti di Amatrice e di Accumoli non ce li ha messi Charlie: ce li hanno messi politici e funzionari corrotti che hanno concesso le licenze edilizie e chi non ha mai attuato in maniera seria il piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico. Ma noi italiani ce la prendiamo con Charlie. Che infatti ha dovuto replicare con un’altra vignetta e, visto che siamo scemi, ha dovuto spiegarci che le case agli italiani non le ha costruite Charlie, ma la mafia. Vogliamo dargli torto? In Italia non solo le case, ma le strade, i ponti, gli ospedali e persino le carceri e i tribunali vengono costruiti da mafiosi e paramafiosi, il cemento depotenziato è una nostra specialità come l’arancino per i siciliani e la bagna cauda per i piemontesi, e noi ce la prendiamo con Charlie? Charlie fa il suo mestiere, ride su tutto e se è il caso pure sulla morte; lo ha fatto per la propria, lo ha fatto per la nostra. E forse più che indignarci sui vignettisti che ancora una volta cercano di sconfiggere la paura attraverso la risata, dovremmo incazzarci con noi stessi quando diamo fiducia a politici che fanno affari con faccendieri, palazzinari e maneggioni. Quelli che ridevano sei anni fa dopo il terremoto dell’Aquila, pensando quanto ci avrebbero guadagnato, non  erano vignettisti ma trafficanti di denaro: fiumi di denaro con cui arricchirsi sulla morte degli altri. Eppure noi, da integralisti italici quali siamo, ci indigniamo con Charlie.

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