giovedì 31 dicembre 2015

Presto dammi un bacio


Qualche settimana fa sono entrata in un negozio di cosmetici, letteralmente puntellato da un giovane commesso molto gentile che correva di qua e di là per consigliare a una cliente quale ombretto fosse adatto per lei, a un'altra il fondotinta giusto, a un'altra ancora il mascara antiallergico e poi si precipitava alla cassa per fare pagare qualcuno e ritornava svolazzando mentre il dorso delle sue mani diventava un arcobaleno in cui si rincorrevano strisce di tutte le nuances di rossetto. Intanto lanciava l'occhio intorno e pure dietro la testa per controllare che qualcuno non approfittasse del suo non essere una macchina e non poter fare tutto contemporaneamente. Di assentarsi un attimo per fare pipì neanche a parlarne. A un certo punto gliel'ho detto che non poteva fare tutto da solo e doveva chiedere di farsi affiancare da qualcun altro. Ma pensavo a qualche altro essere umano.
E invece no, perché oggi la stampa giuliva ci comunica l'elettrizzante novità: dal 2016 un esercito di robot invaderà le nostre vite. Cioè, ci spiegano, potranno "aiutarci in ogni aspetto della quotidianità, dalle pulizie alla cucina, fino all'aiutare i figli nei compiti o semplicemente per la compagnia". Non solo: qualcuna di queste macchine - Pepper lo hanno chiamato i giapponesi - sarà in grado di "capire e rispondere alle emozioni umane" e qualche altro potrà fare il commesso. Grazie, no, magari rischio l'accusa di luddismo, ma a me non va giù questa storia dei robot che fanno i commessi, rubando il lavoro ad esseri umani già costretti a lavorare in nero e senza tutele. E poi ve l'immaginate il robot che si striscia sul dorso della sua mano in materiale inerte il rossetto per farvi vedere che effetto fa sulla pelle?
Non ho niente contro le macchine, ma se fanno il loro mestiere di macchine; se - come ci spiegano oggi i giornali - possono portare la spesa fino a casa, cioè sono dei montacarichi, o anche eseguire analisi cliniche su anziani pazienti costretti a casa. Ma poi, comunque, ci vuole il medico, preferibilmente uno bravo in grado di coniugare le questioni sanitarie e quelle psicologiche. Come per cogliere le emozioni e rispondere ci vuole un'amica, un amico, una sorella, un fratello, un amore, queste "cose" qua, insomma, che cose non sono. E per seguire i bambini mentre fanno i compiti, per lodarli se sono bravi oppure guidarli se sono in difficoltà o anche per sgridarli a sangue se sono svogliati, magari sentendosi delle merde allo spuntare di una lacrima ma tenendo il punto, ci vogliono dei genitori - una mamma e un papà, una mamma, un papà, una mamma e una mamma, un papà e un papà -, che magari non saranno perfetti ma sono esseri umani.   
Comunque, tranquilli: stiamo parlando di roba che in pochi potranno permettersi. Costo base 1.600 euro, più una quantità infinita di app che farà lievitare il prezzo. Ai più resteranno le emozioni vere. E, sarà un caso ma, mentre scrivo, alla radio c'è Ron che canta Joe Temerario e invoca un antidoto antico e umano contro la solitudine che nessun robot è in grado di offrire: "Presto dammi un bacio, presto dammi un bacio".


venerdì 11 dicembre 2015

A Natale puoi

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La scena doveva essere questa: il televisore acceso di prima mattina per avere la sensazione di sentire voci umane, le pantofole, le vestaglie, la borsa dell'acqua calda, i loro piedi che strisciavano incerti sul pavimento. Quella voce di sottofondo che lentamente si insinua e ti avvolge come in una bolla. Consigli per gli acquisti, che ti entrano nel cervello, scavano la pietra come la goccia.
Loro devono avere fatto due più due: da un lato la pubblicità del panettone Tre Marie - "un lusso che tutti si possono sempre permettere" - dall'altro quella del pandoro Bauli, il tormentone che ti fa venire voglia di armarti di bazooka: a Natale puoi. Bella idea.
L'ha detto la tv, dunque dev'essere vero che panettone e pandoro sono irrinunciabili, un lusso che tutti possono permettersi. Di più: un lusso a cui nessuno rinuncia. Il resto dev'essere venuto da sé: se a Natale possiamo fare quello che non possiamo fare mai, che dev'essere una specie di adattamento dell'antico "semel in anno" carnevalizio, e se nessuno rinuncia ai dolci tipici dell'orgasmo consumista, allora noi - si saranno detti i due protagonisti della storia - glieli vendiamo e facciamo i soldi. Affare fatto.
Già, e dove li compri i panettoni da rivendere se non hai un capitale di partenza? Semplice: li prendi - diciamo così - "in prestito" al supermercato. Ti metti su un cappotto pesante, sciarpa e berretto per non farsi riconoscere, entri magro ed esci grasso: uno faceva il palo e l'altro si infilava sotto i vestiti uno o due panettoni al massimo. Ma di quelli senza pretese, senza creme e cremine che li rendono più cattivi e più costosi, che oltre a metterti di cesello a togliere i canditi ti serve pure la spatola per asportare quelle specie di maschere all'argilla che ormai sembra vadano tanto di moda. Costo medio 8 euro. Rivenderli non sarà difficile. E' durata una settimana, poi li hanno beccati: in tutto ne avevano rubati dieci, poco più di uno al giorno, fin quando le telecamere di sorveglianza hanno sventato il loro piano e i "malviventi" sono stati denunciati per "furto aggravato in concorso".
Ah, quasi me ne dimenticavo: i due amici non dovevano né pagarsi la dose né passarsi lo sfizio di avere le scarpe da ginnastica firmate. I due amici hanno rispettivamente 85 e 82 anni e una pensione ciascuno al minimo. E dovevano solo sopravvivere. Sì, a Natale puoi: puoi incazzarti come una bestia.