giovedì 28 febbraio 2013

Genocidio anagrafico

Dunque, se non ho capito male, Grillo vuol trovare i soldi per il reddito di cittadinanza non - per esempio - tagliando le spese militari, ma togliendoli a pensionati e statali. A parte il solito discorso stronzo e qualunquista (mi dispiace, ma se l'è meritato) che generalizza e in base al quale gli statali, tutti gli statali evidentemente, non fanno un cazzo, vorrei capire come pensa di risolvere il problema dei pensionati. Li vogliamo sopprimere? Mia madre è pensionata ed è stata statale, ha cominciato a insegnare senza risparmiarsi già a ventun'anni e praticamente non ha più smesso. Statale e pensionata: praticamente per Grillo come l'aglio per il vampiro. Eppure - mi si perdonerà se scendo nel "particulare", ma è perché credo che molti possano riconoscervisi e farlo diventare generale - è grazie a mia madre se io, disoccupata senza più diritto al reddito di cittadinanza che spetterebbe solo ai giovani e senza ancora diritto alla pensione, posso continuare a pagare il mutuo e non farmi togliere quella casa il cui peso economico per anni ho affrontato da sola e per la quale, al colmo di disperazione e per non vanificare i sacrifici fatti per oltre un decennio, ho deciso di chiedere il suo aiuto. Mia madre è il mio reddito minimo (minimo, l'indispensabile per non dichiarare bancarotta e per non vergognarmi oltre misura, in un'età in cui dovrei essere io ad aiutare la generazione venuta prima e quella venuta dopo) di cittadinanza. Molti anziani genitori, pensionati ed ex statali, sono il reddito di cittadinanza di cinquantenni disoccupati che un lavoro non lo troveranno mai più nemmeno a cercarlo con la canna del rabdomante. Ma sì, in fondo a cosa servono gli anziani? Inutili ("privilegiati"), come gli "storpi", un peso da gettare giù dalla Rupe Tarpea. E allora mettiamolo in atto questo genocidio anagrafico e non se ne parli più. Poi però Grillo (non parlo dei suoi elettori, molti dei quali hanno molto più buon senso del presunto amato leader) non si offenda se gli danno del nazista.

martedì 26 febbraio 2013

Il mio Quarto stato, ingombrante eppure lieve

Per la prima volta in più di quarant'anni non mi era pesato rinunciare al mio simbolo, quella falce e martello che - pur mantenendo strumenti antichi e desueti - significava la lotta per i diritti dei lavoratori e, per caduta, per tutti i diritti e per i diritti di tutti. Quel simbolo comunque c'era: c'era in quel Quarto stato la cui riproduzione mi segue dai tempi del liceo in ogni casa e che condiziona ogni volta la scelta della mia nuova casa e della disposizione degli arredi, perché è enorme e perfino ingombrante ma prima di tutto, prima di capire come mettere i mobili, bisogna trovargli una parete adatta. Poi bisogna fare una gran fatica per tirarlo su e appenderlo senza rimanerne schiacciati, metafora forse di quanto sia diventato difficile in questo Paese sostenere il peso delle cose giuste. Ma è, è sempre stato, lieve: decidere di fare la fila come tutti, di non frequentare quelli che contano perché potrebbero tornarti utili, di non andare avanti per raccomandazioni anche a costo di fare la fame, di essere guardata con disprezzo e scherno perché sei una persona onesta. Ridano pure quanto vogliono i porci che hanno il copyright della disonestà e quegli altri che hanno sbianchettato i simboli e svenduto le idee alle banche, agli appalti, ai padroni e creduto di vincere cercando di intimidirci o di scioglierci nell'acido dei loro tg. Non hanno vinto, non avranno mai il mio voto e hanno perduto la dignità. Io non ho vinto, ma la dignità non l'ho perduta. E mi riprendo i miei simboli, tutti: la falce e martello e il Quarto stato. Difficili, dolorosi, struggenti, pesanti, ingombranti e a un tempo lievi e inebrianti come un grande amore che niente e nessuno potrà mai cancellare dal tuo cuore.

giovedì 21 febbraio 2013

Sesto: non fornicare

I miei primi due gatti, Federico e Giacomo, maschi, non castrati, piscio sul divano buono, urla minacciose di sfratto, quelle di mia madre per il divano pisciato, urla strazianti, "Voglio una dooonna", quelle di Federico (casualmente omonimo). Che siccome la donna - cioè, la gatta - non c'era, scendeva dall'albero e continuando a urlare tentava di farsi Giacomo che urlando difendeva il proprio onore, che nel caso in specie sarebbe sinonimo di culo. Ora, proprio perché stanno chiusi là dentro senza uno straccio di gatta - pardon, di donna - e perché gli hanno raccontato tutte quelle menate sull'astinenza, sulla castità, sul divieto di sposarsi eccetera, io non mi stupisco affatto (e ho qualche difficoltà a parlare di scoop) delle rivelazioni di Vatileaks riportate da Concita De Gregorio a proposito di ciò che accade dans les caves du Vatican, che lo facciano per naturale propensione o per ripiego. Perché qualunque cosa ci raccontino, "fornicare" - che etimologicamente ci sta tutto, perché loro le cose le fanno sotterraneamente e mai alla luce del sole -, cioè scopare, è naturale come respirare e dunque ciascuno si dà da fare con quello che trova. Quello che trovo disgustoso (a parte, ovviamente la pedofilia che abusa di chi non può difendersi ed è in condizione di subalternità psicologica) è lo stupore su una cosa che sanno bene anche i bambini (appunto) e soprattutto la pretesa di darci lezioni e di imporci la loro presunta morale. Oltre che di farci credere che "il vecchio papa" (modo per rendercelo simpatico? e quando mai un papa è stato giovane? uno c'era abbastanza giovane, e hanno fatto in modo che non diventasse mai vecchio) non ha potuto più sopportare tutto questo. E come ha potuto sopportare lo scandalo dei preti pedofili, dare la propria benedizione alla presidente del parlamento ugandese che prevedeva la pena di morte per "omosessualità aggravata", sostenere prima un vecchio che se la faceva con una puttana minorenne (si chiama pedofilia anche questa) e poi un riccone che ha affamato i poveri? Ha potuto: come Federico, con il culo degli altri.

domenica 17 febbraio 2013

Elle si chiamano papere

Vi ricordate la novella delle papere? Quarta giornata del Decamerone di Boccaccio. E' quella che racconta di un uomo rimasto vedovo con un bambino in tenerissima età che decide di ritirarsi in eremitaggio e non far mai conoscere al figlio le donne per evitargli il dolore provato perdendo la propria. Poi un giorno - il figlio ormai grande - ne asseconda il desiderio di portarlo con sé a Firenze: quello vede le donne per la prima volta nella sua vita, immediatamente e naturalmente se ne innamora, chiede al padre di che si tratti e lui gli risponde che "elle si chiamano papere", come se cambiare nome alle cose potesse togliere loro forza. E infatti il ragazzo esclama: "Padre mio, io vi priego che voi facciate che io abbia una di quelle papere". Mi è venuta in mente poco fa, leggendo su Facebook un post di una compagna che denunciava di essere stata aggredita verbalmente in modo molto violento da una esponente del Pd (una di quelle, peraltro, che coltivano la - diciamo così - "abitudine" di cercare di tenerci fuori dalle iniziative contro la violenza sulle donne ritenendo "utile" solo la loro presenza) secondo la quale noi di Rivoluzione civile faremmo vincere Berlusconi. Come se dire che noi facciamo vincere Berlusconi cancellasse automaticamente l'impegno di Violante a non toccargli le tv; come se dire che noi facciamo vincere Berlusconi cancellasse automaticamente la bicamerale di D'Alema; come se dire che noi facciamo vincere Berlusconi cancellasse automaticamente il sostegno che il Pd siciliano ha dato a Raffaele Lombardo indagato per mafia; come se dire che noi facciamo vincere Berlusconi cancellasse automaticamente l'ultimo anno di governo del Pd con Monti e Berlusconi contro i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, i giovani e le donne. E allora ve lo faccio spiegare da Boccaccio, che alle donne dice "voi mi piacete" e non solo per i baci, gli abbracci e tutto il resto, ma soprattutto per la "vostra donnesca onestà". Ecco: potete sgolarvi quanto volete contro di noi, mistificare quanto volete, starnazzare - voi sì, che siate uomini o donne - come papere, usare le televisioni vostre e del vostro amico cogovernante per fingere che non esistiamo, ma si dà il caso che la gente pulita sia attratta da noi naturalmente. E sappia bene dov'è l'onestà.

mercoledì 13 febbraio 2013

Casini e la violenza

Casini dice che il matrimonio tra omosessuali è una violenza. E aggiunge che per noi (per loro, cioè) il matrimonio è tra un uomo e una donna. E siccome le cazzate sono come le ciliege, ha aggiunto: "Non è colpa mia se due donne o due uomini non possono avere un figlio, e averlo in adozione penso sia una pretesa". Sa cos'è violenza, onorevole Casini? Violenza è un padre (uomo, maschio, come piace a lei) che cerca di uccidere la propria moglie (madre, donna, preferibilmente casalinga e schiava, come piace a lei) davanti ai figli piccoli. Violenza è ritrovarsi a cinquant'anni senza lavoro né prospettive grazie ai governi che Lei sostiene. Violenza è per uno in sedia a rotelle trovare un suv di un evasore fiscale parcheggiato sulla scivola per i disabili. Violenza è studiare tanti anni ed essere costretti a lasciare il proprio Paese e i propri affetti per lavorare. Violenza è la mafia che soffoca le nostre vite. Violenza sono i politici collusi con la mafia che ci privano del futuro. Violenza sono quelli come lei che mettono le mani sul fuoco a garanzia dell'onestà dei politici collusi con la mafia.

lunedì 11 febbraio 2013

Voto utilitaristico

Fra le tante persone incontrate in campagna elettorale - oltre a quelle di destra che definiscono sinistra il Pd (e io, scusate, vorrei chiedere un risarcimento danni, perché o sono loro di sinistra o sono io di sinistra: tutt'e due non è possibile) e a quelle che dicono di non occuparsi di politica e cioè della vita - rilevo una biforcazione quasi schizofrenica fra gli elettori del partito di Bersani. Da un lato ci sono quanti in buona fede ("la base", convinta ancora di votare per il partito erede del Pci) si piegano alla storiella del voto utile: l'ha detto il partito, per loro va bene così. Soffrono, perché glielo leggi in faccia che soffrono e che dell'alleanza con Monti farebbero volentieri a meno, ma obbediscono. Te lo dicono con gli occhi bassi, vergognandosi, ma obbediscono. Poi c'è tutta una schiera di questuanti abituati a non fare la fila all'ufficio comunale, a farsi togliere la multa, a sostenere esami universitari a porte chiuse, a ottenere consulenze a prescindere dalle competenze, a trovare lavoro per "amicizia", ad aggiudicarsi gare d'appalto: clientes per vocazione che per sostenere la bontà del loro voto utile ti aggrediscono e tirano fuori tutta la loro arroganza, convinti come sono di avere diritto ai privilegi. E ancora una volta il problema sta tutto nel grande imbroglio sul significato delle parole inaugurato da Berlusconi trasformando i magistrati in criminali e gli evasori in persone per bene (per non parlare degli eroi di Dell'Utri) e assimilato da una classe politica impastata di berlusconismo, a destra come nel centro-centro che si millanta sinistra. In questo caso, più che di voto utile bisognerebbe parlare di voto utilitaristico. Ma questo richiederebbe una buona dose di onestà intellettuale.

mercoledì 6 febbraio 2013

Il compagno vaselina

Non so se Bersani sia andato a Berlino per farsi dare il permesso di governare, come dicono i giornali di destra, o per farsi dare il via libera come ministro dell'Economia di un governo di massoni e banchieri o ancora per trattare una sorta di tregua su Mps e non finire definitivamente nella merda; certo è che ha confessato. Non soltanto il patto di governo con l'impiegato delle banche, ma il ruolo avuto dal proprio partito durante il primo esecutivo a guida Bce/Fmi e quello che dovrà avere nel prossimo. A Berlino Bersani ha detto: "Monti è arrivato da solo. Era il professor Monti. Non aveva una forza politica né una maggioranza parlamentare. Gliele abbiamo date noi. Noi abbiamo voluto Monti, noi abbiamo affrontato il popolo che ha visto la riforma del lavoro e delle pensioni". Insomma, il compagno Bersani ha ammesso che il suo partito è correo di tutte le misure che hanno ammazzato lavoratori e pensionati e la loro dignità, e ci ha messo il carico spiegando che poi a fare digerire al "popolo" quelle misure è stato appunto il Pd (che insieme al Pdl ha sostenuto il governo tecnicamente di destra) che anche nel prossimo esecutivo dovrà avere questa funzione. Dunque, se non ho capito male e se in Italia due più due fa ancora quattro, Bersani si metterebbe in mezzo fra Monti e "il popolo" e il suo ruolo sarebbe quello di attutire il disagio sociale: In pratica: il compagno ammortizzatore. O il compagno vaselina?

venerdì 1 febbraio 2013

Il "collega" Spreafico e l'iscrizione all'Ordine

Qualche giorno fa ho fatto stampare dei volantini per il mio partito spendendo tre euro e mezzo. Solerte, il tesoriere era pronto a rimborsarmi. Ovviamente non li ho voluti, ma non sono la sola a pensarla così. Nel mio partito ragioniamo come a casa: se compri il pane non è che ti fai rimborsare un panino da ciascun componente della famiglia. Dev'essere per questo che questo piccolo partito - che vive soltanto dei contributi dei militanti e degli ormai pochissimi consiglieri provinciali o regionali sparsi per l'Italia - e questo piccolo movimento dentro cui sta anche il mio piccolo partito fanno tanta paura: non perché mangiamo i bambini o perché c'è il rischio che mandiamo i dissidenti a spalare neve sulle Madonie, ma perché mettiamo in crisi la comoda teoria del "sono tutti uguali", alibi per votare i peggiori. Ma torniamo ai tre euro e mezzo. Più di un barattolo di Nutella, che pare ne costi 2,70. Eppure non ha provato la minima vergogna il consigliere regionale della Lombardia del Pd, Carlo Spreafico, a mettere nella lista delle spese da farsi rimborsare proprio quel barattolo di Nutella. Oltre ad altre cose indispensabili per fare il consigliere regionale: come il dvd del film Hercules, evidentemente fondamentale come supporto alle battaglie da fare dai banchi dell'opposizione. Spreafico però fra i rimborsi ha messo anche un'altra cosa: l'iscrizione annuale all'Ordine dei giornalisti, cioè quella cosa che tutti noi che facciamo questo mestiere - che siamo professionisti o pubblicisti, disoccupati o precari pagati al pezzo meno di un barattolo di Nutella - ogni anno paghiamo con i nostri soldi. Motivazione: "All'epoca di cui si parla, il 2008, io dirigevo il foglio del gruppo della Margherita. Quindi rientra nelle spese previste per i rimborsi". Scusa, "collega", ti offendi se ti mando a cagare? La quota di iscrizione a un ordine professionale, ti ricordo, serve ad esercitare la professione nell'arco della tua vita professionale e non soltanto "all'epoca di cui si parla, nel 2008" e non soltanto per dirigere "il foglio del gruppo della Margherita". Quindi, mi dispiace darti questa brutta notizia, ma te la devi pagare da solo come facciamo tutti noi. Al più ti potrai consolare di questa spesa annegando il dolore nella Nutella. E spero che tu ti trasformi in un enorme brufolo che alla fine esploderà lasciando di te soltanto l'essenza: un disgustoso schizzo di grasso su un kleenex.