mercoledì 21 giugno 2017

Il fratello di Oscar

Oscar è un giocherellone con la frangetta sugli occhi e uno scopino da cesso al posto della coda. Quando arrivo, apro il portone e lo trovo ad aspettarmi in cortile. La sua mamma dice che mi sente arrivare e che lo fa soltanto con altre due persone del condominio. Abbaia come un pazzo e intanto attraversa il cortile in tutte le direzioni correndo a perdifiato per dirmi quanto è contento di vedermi. Unica condizione per smettere di abbaiare è che io lo accarezzi. E allora comincia a mugolare come un gattino.
Da ieri Oscar ha un fratellino. Più piccolo di dimensioni, anche lui con la frangetta sugli occhi e uno scopino da cesso al posto della coda. La mamma di Oscar mi ha raccontato che la signora a cui faceva da badante, sentendo arrivare la fine, glielo ha affidato perché soltanto lei avrebbe potuto occuparsene. E ha aggiunto che ieri il nuovo arrivato, prima di traslocare, faceva la spola fra la sua vecchia mamma che stava per andarsene e la sua nuova mamma che stava per occuparsene, consapevole della staffetta. Mentre me lo raccontava, i suoi occhi azzurri sono diventati più acquosi.
Ma non ha battuto ciglio: lo ha preso e se l’è portato a casa, anche se definire casa una stanza è un azzardo, e non se l’è nemmeno posto il problema che ci sarebbero stati stretti lei, Oscar, il suo fidanzato quando viene a trovarla e pure il nuovo arrivato. Non ha battuto ciglio, anche se il nuovo arrivato ha tredici anni, cioè a occhio e croce quanti la signora vecchietta che glielo ha affidato prima di andarsene, e questo significherà farsi carico delle spese per curarlo quando gli acciacchi si sommeranno agli acciacchi e del dolore per la sua morte quando sarà il momento.
La signora vecchietta non ha avuto bisogno, come tanti di noi, di mettere la foto del suo cane su Facebook insieme alle foto di altre migliaia di cani e gatti in cerca di casa. Per lei è stato naturale come passare il testimone dell’amore da una generazione all’altra della stessa famiglia. Perché la ragazza che le ha fatto da badante è, com’è ovvio, un’immigrata dell’est europeo, una di quelle che vengono a fare i mestieri che noi non vogliamo più fare: venuta a esercitare l’umanità.

E io da domani troverò ad aspettarmi Oscar e il nuovo arrivato. Che ancora non so come si chiama, ma so che ha bisogno di tante coccole perché non ha più la sua vecchia mamma, anche se adesso ne ha una nuova con gli occhi azzurri che se ne occuperà come se ad affidarglielo fosse stata sua nonna e non un’estranea.

lunedì 12 giugno 2017

Odio di genere

Stamattina ho deciso di non “dare l’amicizia” su Facebook a un tizio che me l’aveva chiesta perché avevo condiviso una sua vignetta divertente sui risultati delle elezioni. Ho controllato le amicizie, ho esaminato il suo diario e stavo per accettare la richiesta quando è apparsa un’altra vignetta. Era divisa in due parti: nella prima si proponeva come regalo a una moglie o compagna uno pneumatico, nella seconda la donna era a terra, morta, il corpo attraversato dalle tracce dello stesso pneumatico. Non mi sono divertita più.
Poche ore dopo, sempre su Facebook, qualcuno ha pubblicato un articolo su un souvenir venduto in un’edicola di Firenze: una borsa, anche in questo caso con una vignetta in due tempi, marito e moglie che litigano, lei urla contro di lui, sotto la vignetta la scritta “problem”, e poi lui che la spinge e se ne sbarazza con la scritta “solved”, problema risolto. E, ancora più giù, un orgoglioso “made in Italy”: Italy, il Paese civilizzato dove l’anno scorso centosedici donne sono morte di femminicidio. Non mi sono divertita affatto. Troppe ne ho lette, sentite e scritte per accettare che su un argomento simile si faccia ironia. Perché non è ironia: è stampa e propaganda di una corrente di pensiero patriarcale secondo cui le donne sono un problema che va eliminato alla radice, come i peli superflui. Che però ricrescono. Per fortuna anche qualcun altro non si è divertito davanti a quella borsa, ha sporto denuncia e l’edicolante è stato multato e obbligato a togliere quell’oscuro oggetto del desiderio di tanti uomini.
Non basta, ma è già qualcosa.
Non basta, perché fra i due episodi della giornata ce n’è stato un altro e non c’è niente da ridere: una ragazza di 28 anni di Biella uccisa a coltellate in Sardegna mentre era in vacanza con il fidanzato. Troppo presto per incolpare lui, ma pensarlo è inevitabile (e infatti gli inquirenti non lo escludono) dato il numero impressionante di donne uccise ogni anno per mano di mariti, compagni, fidanzati con i quali – dicono ogni volta i conoscenti distratti o codardi – andavano d’amore e d’accordo. Se non è stata lei ad essere uccisa dal fidanzato, lo è stata quella del giorno prima, e quella di due giorni fa, e quella del giorno prima ancora.

E spesso sono le vignette, le battute, i cosiddetti motti di spirito a legittimare certi comportamenti. No, mi dispiace: nessuno avrà la mia amicizia, nemmeno virtuale, finché sulla sua bacheca (e nella sua testa) ci sarà quel genere di pensiero, quell’odio di genere. E non mi si venga a dire che non so stare agli scherzi.