lunedì 30 aprile 2012

Bau!

Oggi Raffaele Stancanelli ha detto "bau!". No, non abbiate paura, non morde: era solo per farci sapere che c'è, come quei chihuahua che fanno un casino della madonna per non finire schiacciati come formiche. Insomma, il sindaco più ectoplasmatico e burlone del mondo, quello che durante le sedute spiritiche fa saltare i sanpietrini, aprire voragini nelle strade, trasformare le piazze in piscine e soprattutto fa rompere i fax per non inviare ai revisori dei conti l'elenco dei debiti del comune (che, comunque, un fax si romperebbe da solo all'idea di dover ingoiare tutte quelle quintalate di carte), e quello che - da assessore regionale agli Enti locali - non si è accorto che il suo predecessore aveva fatto un buco gigantesco nelle casse comunali e poi, da sindaco, non è stato capace nemmeno di metterci una pezza, oggi si è materializzato - giusto per rinfrescare la memoria ai cittadini catanesi che non si ricordano manco come si chiama il sindaco della loro città - e ha abbaiato per protestare contro i tagli dei finanziamenti per i principali teatri di Catania operati (mai termine fu più chirurgico) dal governo regionale del suo (ex?) datore di lavoro. E ha fatto la voce grossa: "Le soluzioni vanno trovate a ogni costo. Manterremmo accesi i riflettori su una vicenda che non può concludersi con tagli di questa dimensione, che sono un oltraggio per la cultura siciliana, e su questo non faremo sconti a nessuno". Minchia, che maschio! C'è solo un problema: ma di quali sconti parla se qua ormai siamo ai saldi di fine stagione?

La zia ha messo il sale nel caffè

Pierluigi Bersani deve essere molto stanco. Del resto, si sa, i tempi della politica, le riunioni infinite ed estenuanti, i viaggi da una parte all'altra del Paese, ammazzerebbero anche un cavallo. E così si ritrova a fare (e a dire) quelle cose che equivalgono alle azioni delle vecchie zie un po' rinco. Tipo: mettere il sale nel caffè, partire per mettere su un disco di vinile sul piatto del giradischi e infilarlo nel frigorifero, lavarsi le mani e dimenticare di chiudere l'acqua facendo allagare la casa, chiamare i nipoti con i nomi dei figli e i cognati con i nomi dei fratelli, e così via. Sicché lui oggi se n'è andato a Palermo per la campagna elettorale e ha fatto (e detto) una serie di cazzate. Tipo: ha incontrato uno che si chiama Cetto e lo ha chiamato Fabrizio, ha attaccato l'andamento della spesa nazionale "sbarellata" dal centrodestra dimenticando che lui in questo momento sta governando con il centrodestra e con quel centrodestra sta sostenendo un governo di destra che più destra non si può nemmeno col destreggio, ha commemorato Pio La Torre ucciso dalla mafia e ha detto che per dare prospettive alla Sicilia "la strada tracciata è chiara" e vuol dire alleanza con le forze moderate e autonomiste, cioè con l'Mpa, cioè con Raffaele Lombardo indagato per mafia, e così via. Dia retta, onorevole (mi dispiace, ma ho qualche difficoltà a chiamare compagno uno che dice certe cose), lo diciamo per lei, perché ci dispiace vederla in questo stato confusionale: si prenda una pausa, vada in uno di quei centri dove ti rimettono in piedi dopo un esaurimento nervoso, magari le danno pure in mano una bambola da pettinare che serve a scaricare la tensione, e ripassi quando si sarà rilassato. Magari avrà le idee un po' meno confuse.

venerdì 27 aprile 2012

Porto abusivo di parola

Provo un certo fastidio in questi giorni ad ascoltare o riascoltare le intercettazioni delle telefonate del vecchio maniaco sessuale con le ospiti abituali delle cene "eleganti" di Arcore. A parte la sensazione di essere comparsa non consenziente di una megafiction nella quale più che attori sembra recitino i doppiatori dei tg di una volta - per contratto senza inflessioni, senza sentimenti e senza opinioni - e che ti facciano sapere quello che vogliono farti sapere, dicendo troppo (quasi a volerti schiaffare in faccia la consapevolezza della loro impunità) o dicendo niente ma facendotelo capire (a te, ma soprattutto all'intercettatore), ci sono due cose che mi suscitano disagio e...no, direi proprio che mi fanno incazzare. La prima è il cinismo di queste giovani donne e, forse, più che cinismo, l'assuefazione a quell'operazione "culturale" condotta per un ventennio proprio dal loro sfruttatore per convincerci che è normale che una (o uno, è indifferente) debba aspirare - come massimo obiettivo della propria vita - a sgambettare in tv o al Bagaglino e che è normale che una (o uno, è indifferente) per raggiungere quell'obiettivo debba prostituirsi. E poi l'uso delle parole, di una in particolare, che mi fa un male cane. Ci avete fatto caso? Sia il vecchio porco che le sue interlocutrici usano a profusione la parola "amore", cominciano ogni telefonata chiamandosi "amore", dicono "amore" con la stessa frequenza con cui il "Che" diceva "che", si salutano chiamandosi ancora amore. Che, più che Vecchioni richiama alla memoria Federico Moccia. Io non so a voi che effetto faccia, ma io se li avessi fra le mani li schiaffeggerei. Perché la considero una specie di profanazione, una bestemmia. L'amore è una cosa bella (e le parole sono importanti), è la cosa più bella del mondo, ma loro la usano con lo stesso cretinismo di quelle signore (si fa per dire) che addobbano i loro cani come alberi di natale, con fiocchetto in testa e cappottino ricoperto di paillettes argentate che alla fine non sai più se è un cane o un merluzzo. E siccome in Italia ormai sono sempre di più le persone che usano le parole a cazzo di cane - chi per ignoranza indotta e scelta ben precisa di un qualche Minculpop, chi per comodità perché se le parole non hanno più un senso (e con esse i valori, le leggi, eccetera) si raggiunge il caos funzionale a qualche Casa (di appuntamenti) della Libertà - forse ci vorrebbe una legge. Sì, una legge: una cosa tipo quella che ti dice quali requisiti fisici e mentali devi avere per comprare un'arma, quali documenti deve presentare e a cosa vai incontro se l'arma te la compri lo stesso anche se sei mezzo cieco, tutto pazzo e odi il mondo perché sei stato abbandonato da entrambi i genitori in tenera età. E che preveda l'arresto per porto abusivo di parola.

mercoledì 25 aprile 2012

Forniconi

Ve lo ricordate Berlusconi quando diceva che sarebbe rimasto fino a fine legislatura e che i poteri forti ce l'avevano con lui? Hic manebimus optime. Evidentemente dev'essere una specie di marchio di fabbrica, perché ora lo stesso mantra lo ripete Roberto Formigoni, il governatore della Lombardia finito nella merda per i suoi rapporti con il traffichino Piero Daccò, arrestato per i fondi neri del San Raffaele. E naturalmente Roberto Formigoni - come il capo del suo partito - non manca di prendersela con i giornalisti, sostenendo che non dovrebbero fare domande e addirittura strappando di mano il microfono a una cronista che si ostinava a farle. Ma la cosa più divertente è che l'uomo di Comunione e Liberazione, una delle più potenti congreghe cattoliche e fra i gruppi di pressione più influenti in ambito politico, si appunta su questa storia dei poteri forti che vorrebbero farlo fuori. Più forti di Cl? Anzi, fa di più, profondendosi in una performance da teatro dell'assurdo, come un funambolo che balli il tip tap su un piede solo: "interessi materiali ed economico-finanziari che vogliono che nell'Italietta non ci siano più impedimenti di tipo democratico". E chi sarebbe questa paratia, questo scudo (crociato) umano alla corruzione? Magari ora ci viene a raccontare - il figlio di un fascista con le mani sporche del sangue di quattro partigiani - di essere anche il tutore dei valori del'antifascismo. Non contento, ribadisce il concetto: "La mia vita è specchiata". Scusi, Formigoni, è sicuro di quello che dice? No, perché se fosse specchiata, lei guardandosi vomiterebbe da solo davanti al colore pesca digerita delle sue giacche. A meno che non sia daltonico. E quindi: "fango mediatico che spero cessi". Cessi? Spero cessi? Credo cesso. Comunque, alla fine di tutta una discussione in similberlusconi prende la ceralacca e appone il sigillo (papale): "Non intendo cedere alla deriva scandalistica e gossippara dei giornali". Dopo di che ti vai a fare una ricerchina su Internet e trovi un'intervista a Vanity fair, settimanale gossipparo per definizione, che il cattolicissimo Formigoni scambia per un confessionale ammettendo: sono un peccatore. La discussione verteva su voto di castità e minchiate simili che contrasterebbe con quello che afferma - anche qui perfettamente "in linea" con il vecchio maniaco - sul suo amore per le donne. E come si concilia il fatto che gli piacciono le donne con il voto di castità? Semplice, è come la storia della bestemmia contestualizzata: "L’impegno a osservare il voto c’è. Dopodiché siamo nel mondo". Vuoi mettere che dieci donne attratte come api da una delle sue cravatte in fiore gli si avventano addosso e, mentre una lo tiene, le altre gli aprono la patta? Che volete che faccia il povero Forniconi?

Il "faro" della democrazia, dove si arrestano i bambini

Un popolo di guerrafondai, un Paese dove vige la pena di morte, una legislazione punitiva.... chissà quale nazione afflitta da regime autoritario, vero? Magari di quelle dove bisogna "esportare la democrazia", no? E invece no: quella che tutti ritengono la civilissima America, il faro della democrazia, gli Stati uniti di cui tutti si riempiono la bocca quando devono parlare di tecnologia. Sapete che c'è? C'è che gli americani sono scemi. Nel migliore dei casi. Come lo vorremmo chiamare altrimenti un Paese dove i bambini si schiaffano in prigione come pericolosi criminali? E' successo di nuovo, a Shelbyville, una cittadina dello stato dell'Indiana: un bimbo di sei anni (sei anni!) arrestato con l'accusa di avere aggredito a morsi e calci il preside della sua scuola. La stessa età ha la bambina ammanettata e portata via dagli agenti meno di dieci giorni fa a Milledgeville, in Georgia, dopo che - in preda a una specie di attacco isterico - aveva colpito il preside e danneggiato alcune suppellettili della scuola. Ammanettata! In un Paese civile ci si porrebbe il problema di capire di chi è la responsabilità se un bambino dà di matto e diventa un energumeno come Hulk. E non è che ci sono tante possibilità di scelta: o è la scuola o sono i genitori. O tutti e due insieme, oltre a un intero sistema che esalta la violenza: una specie di miscela esplosiva. E loro, invece di autoarrestarsi da soli o, almeno, di dichiarare il loro totale fallimento come educatori, li ammanettano. Come se non bastasse imprigionarli in corpi deformi e restringere, rinchiudere ingabbiare (fino a impedire qualunque possibilità di funzionamento) i loro cervelli nel lardo McDonald.

martedì 24 aprile 2012

Partigiani della Costituzione

Oggi i calciatori non festeggeranno il 25 aprile: devono recuperare la partita (e i soldi) rinviata dopo il beau geste - piuttosto un trompe-l'oeil - di sospendere per una giornata il campionato in segno di lutto per la morte in campo del loro compagno Piermario Morosini. Figli di un calcio berlusconizzato, corrotto e corruttibile, nati nel ventennio dopato del conflitto di interessi, della Costituzione fatta a pezzi, degli attacchi feroci alla magistratura e del bunga bunga (con la variante del burlesque), nemmeno lo sanno che in quell'altro di Ventennio ragazzi loro coetanei sono saliti sulle montagne a combattere e a morire per la libertà di un intero Paese. Libertà, quella vera: non quella di vendersi persino la madre pur di fare soldi. E non lo festeggeranno, per ragioni diverse, per non perdere un lavoro che a stento dà loro di che sopravvivere, i dipendenti dei centri commerciali (che spesso sono enormi "lavanderie" della mafia), perché i loro sfruttatori e il decreto uccidi-Italia del governo Monti hanno stabilito che il 25 aprile si deve fare profitto. Come non si sa, dal momento che la gente non ha più nemmeno gli occhi per piangere, e lo dimostrano le notizie degli ultimi giorni che ci dicono di un aumento del consumo di pasta a scapito di carne e verdure, di milioni di persone che hanno rinunciato a cercare un lavoro, di centinaia di lavoratori che quotidianamente lo perdono, di un numero di suicidi impressionante senza distinzione di età o di classe sociale. Non lo festeggerà, ovviamente, Silvio Berlusconi, che ogni anno si è sottratto in maniera plateale a condividere la festa della democrazia. Ma non ne abbiamo sentito e non ne sentiremo la mancanza. Non sappiamo ancora se lo festeggeranno Monti e la professoressa Fornero che dopo avere ridotto gli italiani al cassonetto, ora vorrebbe persino imbavagliare la protesta accusando gli altri di scarso spirito di collaborazione. Noi ci saremo. A lottare contro i fascismi vecchi e contro i fascismi nuovi, quelli che si fanno eleggere dalla mafia per affamare un intero popolo, quelli che considerano le donne pezzi di carne, quelli vestiti in verde loden che in nome del mercato fanno carne da macello dei lavoratori e quelli in verde odio che vorrebbero sparare sui migranti. E, per quanto ci riguarda, anche quelli che vogliono uccidere i partiti (ai quali l'articolo 49 della Costituzione assegna il compito di "concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale"), indiscriminatamente, e grazie ai quali l'Italia corre il rischio di cadere nelle mani di un altro "uomo qualunque" o della dittatura degli automi. Perché non è vero che i partiti sono tutti uguali (e ci sarebbe da fare una riflessione sul perché tutti quelli che dicono "i partiti sono tutti uguali" e "la politica è una cosa sporca" poi non li votano i partiti "diversi" che fanno politica in maniera pulita). Ci saremo ad onorare la memoria dei vecchi partigiani, che ad uno ci hanno lasciati orfani, e a non smettere mai, finché avremo fiato in gola, di mantenere viva quella memoria, presupposto essenziale per non ricadere nello stesso orrore. Ci saranno i nuovi partigiani, giovani e colorati, e noi abbastanza vecchi da aver avuto la fortuna di conoscere i vecchi partigiani e di studiare la storia. Tutti insieme, giovani donne escluse dal lavoro solo perché donne, precari, disoccupati, lavoratori che hanno perduto il posto, lavoratori sottopagati e costretti a lavorare senza alcuna sicurezza, migranti, omosessuali... Ci saremo a difendere il diritto al lavoro e ad una retribuzione equa, a difendere l'articolo 18 e il diritto a non essere licenziati perché iscritti a un sindacato che fa il suo dovere e difende i lavoratori contro un padronato che somiglia sempre di più a Dracula, il diritto all'istruzione pubblica e all'assistenza sanitaria, il diritto a non essere discriminati per le nostre idee politiche, il diritto a fare figli senza rischiare di perdere il posto, il diritto ad essere uguali, il diritto ad essere diversi. Tutte cose scritte nella Costituzione italiana nata dalla Resistenza al nazifascismo. Ci saremo, Partigiani della Costituzione.

sabato 21 aprile 2012

L'onorevole ciuccio

Quand'ero al liceo - un'era geologica fa (nel frattempo ci sono state le glaciazioni, si sono estinti i tossodonti e nel golfo della Sirte si è rotto un pezzetto di terra triangolare andato alla deriva e rimasto a metà strada nel tentativo di raggiungere il Nordamerica) - avevo un compagno bravissimo, che mandava giù nove e dieci come fossero pop-corn al cinema. Intelligentissimo, ma non secchione, talmente bravo che suo padre decise di fargli fare il "salto": a metà del secondo liceo lo ritirò da scuola e lo fece preparare per gli esami di maturità. Impresa per superuomini, o quasi, almeno così la vedevamo tutti noi comuni mortali che - mentre lui condensava due anni in uno e studiava per gli esami - già eravamo in fibrillazione (e terrorizzati) per quelli che avremmo sostenuto un anno dopo. Non sapevamo che l'evoluzione della specie nei secoli a venire sarebbe stata così dirompente da consentire agli studenti - a quasi tutti: un buon 80%, in base alle mie stime "auditive" - di fare il salto non soltanto di un anno, ma molti di più: diciamo, a occhio e croce, dalla seconda elementare direttamente all'università. Qualche giorno fa ne ho sentito uno - solo un prototipo, molto rappresentativo della categoria - infilare in una sola brevissima frase, peraltro senza senso, ben tre strafalcioni: 1) "gli facciamo uno scalco" (no, non v'illudete: non voleva dire "lo forniamo di maggiordomo", ma "gli diamo scacco"); 2) vertìre (io vertisco, tu vertisci, egli vertisce, eccetera; etimologicamente, per quanto mi riguarda, vado verso il verde bile); 3) immancabile, sublime, "apoteotico"* , raccapricciante.... "se sarei". Subito dopo è andato in soccorso di un suo coetaneo che in quel momento non riusciva a farsi salire alle labbra il termine "radicamento" e, con lo sguardo compassionevole e il ghigno fra l'ironico e il disperato da insegnante alle prese con uno studente irrecuperabile, buffetto sulla guancia e pat pat sulla testa, ha sentenziato: "Si dice radicazione!". Fra qualche mese, orgoglio della famiglia e certamente degli insegnanti che lo hanno amorevolmente accompagnato e assecondato durante la carriera scolastica e universitaria, il giovane esemplare di "quadrupede domestico da tiro, da sella, e da soma..." si laureerà e lo chiameranno Dott. Ma forse pure On.: l'onorevole ciuccio. Durante il pleistocene a Catania c'era un professore universitario fra i migliori al mondo, docente di Patologia medica, comunista, medico democratico: si narra che nell'elenco dei libri di testo consegnato ai suoi allievi ci fosse anche il Devoto-Oli. Quando inventano la macchina del tempo, avvertitemi, per piacere. * Non perdete tempo a cercarlo: non c'è sul vocabolario. Ma se lui si può inventare "vertire" io perché non dovrei inventarmi l'aggettivo naturale di un sostantivo che non ce l'ha?

venerdì 20 aprile 2012

Il tenente Sheridan e il burlesque

Avete presente quello col trench? No, non il tenente Sheridan: quell'altro, quello che fino a poco tempo si aggirava con fare sospetto dalle parti di Palazzo Chigi e apriva l'impermeabile mostrando il suo vermetto ogni volta che passava qualcosa che somigliasse a una donna.
Ecco, lui. Ebbene, l'esibizionista di Hardcore, dopo avere disertato per anni tutte le aule dei tribunali in cui si svolgevano i processi a suo carico, con la scusa di impegni istituzionali (e poi si scopriva che era a trombare o ad averne l'illusione grazie a dosi industriali di indurenti fallaci), oggi invece si è presentato a Milano forse sperando di intimidire con la sua presenza i funzionari di polizia che quella famosa sera liberarono la "nipote di Mubarak".
Ma, già che c'era, burlone, burlesco, non ha resistito all'idea di esibirsi. E così ai giornalisti che non aspettavano altro ha spiegato che le giovani ospiti fisse del bordello di Arcore partecipavano a serate "eleganti" - aridaje - e che di tanto in tanto scendevano giù, dove lui - sempre elegante e sobrio - ha persino un teatro. Lì le ragazze, che "erano donne dello spettacolo", siccome "le donne sono per loro natura esibizioniste", "gli piaceva montare degli spettacolini" e infatti quelli che mettevano in scena erano spettacoli di "come si chiama oggi? Burlesque". Burlescon che non sei altro!
A parte che le donne non sono tutte esibizioniste, tranne i troioni che frequenta lui, mi consenta: a lui chi gli piaceva montare?

mercoledì 18 aprile 2012

Politici d'onore

Il tizio arrestato ieri a Misilmeri e accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (un'operazione in cui si parla di estorsioni, di condizionamento degli appalti pubblici e di gestione del ciclo dei rifiuti), Vincenzo Ganci, era un candidato al consiglio comunale in una delle liste che sostengono la candidatura a sindaco di Marianna Caronia, deputata regionale ed esponente del Pid, cioè il partito di Saverio Romano e Totò Cuffaro (quando si dice: due nomi, due avvisi di garanzia). Ma come si chiama questa lista? Si chiama "Amo Palermo". Minchia, e se la odiava che faceva?!
Comunque non è il solo che scrive una cosa e pensa l'esatto contrario. I nomi delle liste presentate in tutti i comuni siciliani come specchietti per le allodole o per i polli, a sostegno di candidati discutibili, contengono tutte parole che nel linguaggio del centrodestra (un centrodestra lungo quanto dal Pdl all'Mpa, passando per il Pd) hanno un significato completamente diverso da quello che si trova nel vocabolario. Tipo: famiglia, che sta per famigghja o, in alternativa, harem; valori, con cui non si intende ciò che circola intorno all'etica, ma conti correnti e simili; lavoro che potrebbe benissimo sottintendere "in cambio di un pacchetto di voti"; amore - appunto - che in linea con il Berlusconi-pensiero, vuol dire sesso a pagamento; solidarietà, che significa calci in culo ai poveracci, agli anziani, agli immigrati, ai gay e chi più ne ha più ne metta. Per non parlare degli innumerevoli richiami alla sicilitudine, che tradotto vuol dire poter fare il cazzo che ci pare. Oppure della libertà declinata in tutte le sue forme e poi di cuori, cuoricini, fiori, uccellini, che pare san Valentino. E poi "patti" (di sangue, tramite punciuta?), "cambiamento" (al limite della schizofrenia o della pubblica ammissione di colpevolezza, quando la parola dà il nome a una lista che sostiene un sindaco uscente che vuole fortissimamente restare al suo posto) o futuro e avvenire "a minchia china" (piena), come si dice qui, cioè come se piovesse, in una terra in cui i giovani - cioè quelli che tutti a parole definiscono "il nostro futuro" - sono scappati e quelli che sono rimasti (e si sono candidati, a consigliere comunale ma pure a sindaco) somigliano terribilmente a Cetto Laqualunque con i loro capelli "pisciati", i vestiti gessati e gli occhietti furbi ma non intelligenti.
Strano che fra i nomi delle liste non ci sia la parola "onore". Ma sicuramente mi è sfuggita.

martedì 17 aprile 2012

Fatti...da un monaco sordo

Lo so, non è gentile infierire contro una persona anziana e me lo dico da sola, però questa notizia uscita su alcuni quotidiani del nord Italia mi ha fatto venire alla mente la barzelletta del monaco sordo. E il mio anticlericalismo congenito non poteva che esserne solleticato.
Dunque: a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, sembra essere avvenuta una crisi mistica collettiva, una conversione generalizzata, un'epidemia devozionale che spinge tutti i ragazzini ad andare in chiesa a confessarsi. E al parroco dicono di tutto, persino le cose più inconfessabili: hanno sognato di scopare con la prof popputa e glielo raccontano, si sono fatti una canna e glielo riferiscono, hanno rubato la merenda a un compagno di scuola che non mangiava da tre giorni e lo ammettono. Senza timore che il prete, preoccupato per il loro futuro, possa decidere di violare il segreto della confessione e magari andare a riferire tutto ai genitori.
Il fatto è che il prete in questione ha ottant'anni ed è sordo come una campana: loro cominciano a parlare, dopo pochi secondi il suo apparecchio acustico si mette a fischiare come Fred Buscaglione e il parroco è costretto a toglierselo per sistemarlo. Ma quando se lo rimette, loro hanno già finito e lui gli dà l'assoluzione alla cieca e stringe loro la mano.
E se hanno appena lanciato un bestemmione, lui capisce madonna alsaziana.
Forse in questo caso non è del tutto vero il proverbio veneto che dice: "Meyo caminar co 'n orbo que parlar co 'n sordo".

domenica 15 aprile 2012

Fustigat ridendo mores

Non so se ve ne siete accorti, ma in Italia è nato ufficialmente un nuovo partito. Si chiama Frm (Fustigat ridendo mores) ed è il partito dei comici. Ovunque ti giri, qualunque programma televisivo stai guardando o qualsiasi radio stai ascoltando, ce n'è uno - ben pagato, ça va sans dire - che indossa i panni dell'uomo della strada traducendo in show il "piove, governo ladro" e soprattutto, con riferimento ai partiti, "sono tutti ladri" finora appannaggio del cittadino della strada che quel governo e quei partiti ha votato magari sperando di trarne qualche vantaggio.
Guardi il tg e c'è Beppe Grillo, già promosso leader politico, che starnazza concetti abusati; vedi il programma della Dandini e c'è Enrico Brignano che la mena con la storia del referendum intrattenendoci sul "magna magna"; vai su Raitre e da Fazio c'è la Littizzetto ancora con la storia del referendum con annesso urlo finale ai partiti per dire che se ne devono andare tutti.
Bene, è comprensibile: è comprensibile perché siamo tutti molto incazzati ed è comprensibile perché l'artista deve strappare l'applauso raccontando o cantando alla gente quello che vuole sentire. E' come se De Andrè ancora vivo (Faber ci perdoni per il paragone irriverente) tenesse un concerto per presentare un nuovo album e alla fine non cantasse "Bocca di rosa".
Il punto è che questi non si rendono conto (o, che sarebbe peggio, se ne rendono conto ma se ne fregano perché per loro è più importante l'applauso) che, essendo nei millenni il ruolo del comico quello di condannare i costumi e di svegliare i cervelli assopiti del popolo, quindi di farsi in qualche modo punto di riferimento, il pericolo è che la gente prenda per oro colato tutto quello che dicono. E così se la Littizzetto dice ai partiti che se ne devono andare tutti e che "soldi ai partiti col cazzo" (ma non è che la Costituzione la puoi difendere a giorni alterni, quando ti conviene: la Littizzetto dovrebbe sapere che l'articolo 49 assegna ai partiti il compito di "concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale"), sa qual è l'alternativa? E' che i soldi ai partiti se non glieli dà lo Stato glieli dà la mafia e/o Berlusconi - che poi, c'est pareil - garantendo la vita solo ai peggiori. Oppure, sparendo i partiti, è la dittatura del governo tecnico, di un esecutivo come quello di Monti che considera gli esseri umani personaggi di un videogioco, da eliminare premendo un pulsante del joystick. E, fatti i dovuti distinguo e reso l'infinito omaggio alle sofferenze del popolo cileno, non basta - per non essere regime sanguinario - non trasformare uno stadio in lager dove sterminare gli oppositori: è sufficiente indurre al suicidio la popolazione. "Primato" che indubbiamente spetta a Monti e agli altri automi, grazie ai quali il numero medio giornaliero di suicidi per mancanza di lavoro o di pensione sta superando quello già insostenibile delle morti sul lavoro.
Va bene tutto, se il comico si fa beffe dei tic e delle caratteristiche fisiche o mentali e culturali del politico, che siano le escort di Berlusconi l'occhio da pesce bollito del Trota o persino (guarda un po' che ti dico) lo sfottò a Diliberto che si voleva portare in Italia la mummia di Lenin. Ma se il comico fornisce ricette politiche deleterie per la democrazia si assume responsabilità enormi.
Sapete invece quale può essere (forse) una soluzione? Vi do un suggerimento per i vostri prossimi spettacoli. Soltanto dopo aver fatto una distinzione fra i politici delinquenti e i politici per bene e avere fustigato il malcostume degli italiani di votare per i primi ma non per i secondi, i comici potrebbero seriamente proporre - nei confronti dei politici delinquenti e dei loro partiti altrettanto delinquenti che fingono di non vedere - una legislazione come quella adottata nella lotta alla mafia: carcere duro a vita, confisca dei beni e in più immediata e automatica decadenza da ogni carica e chiusura istantanea del partito. Sarebbe un deterrente, perché il rischio di perdere tutto potrebbe indurli a dei controlli rigorosissimi. Si potrebbe obiettare che la chiusura dei partiti colpevoli di non controllare i propri uomini sarebbe una ferita, perché il Parlamento si svuoterebbe e si impedirebbe a un gruppo politico di esercitare la democrazia secondo Costituzione. Ricordo che nessuno si è scandalizzato quando i partiti maggiori di entrambi gli schieramenti, complici e correi in una serie di attività criminali - a partire dal conflitto di interessi fino al sostegno al governo Monti -, hanno fatto una legge apposta per impedire ai partiti più piccoli di esercitare la democrazia, perché c'era il "rischio" che in Parlamento oltre che mafiosi corrotti cocainomani ladri troie e magnacci ci andasse anche qualche persona onesta.

sabato 14 aprile 2012

Un aiutino all'igienista penale

Ma sì, ammettiamolo: le minchiate di Berlusconi ci mancavano. E, con tutto quel grigiume per di più infarcito di odio di classe, ci stavamo intristendo. Poi arriva lui e ci risolleva il morale. Almeno perché, non riuscendo più a far ridere, ha una capacità impareggiabile - che nemmeno questi assassini del lavoro venuti dopo di lui e che sono peggio di lui - di suscitare la tua stizza fino all'istinto omicida. Oddio, se devo essere sincera, a me per esempio vedere la Fornero in tv fa lo stesso effetto che a Nanni Moretti faceva il vecchio porco: mi devo girare dall'altra parte per non vomitare.
Comunque, torniamo al priapico blu. Ieri, facendosi intervistare dal giornale di famiglia perché ormai non se lo fila più nessuno, ha dato la sua versione sui fiumi di soldi con i quali ha ricoperto una serie di donne a pagamento chiamate a testimoniare al processo Ruby: "Quelle ragazze erano in difficoltà: era un dovere aiutarle".
Beneficiarie della beneficenza, l'igienista penale (non nel senso giuridico) Nicole Minetti, e le gemelle De Vivo, abituali frequentatrici del bordello di Arcore.
"La Minetti mi ha chiesto aiuto in un momento di difficoltà", ha detto il cosiddetto ex premier. Cos'è, non ce la faceva a fingere l'orgasmo? Aveva bisogno di un "aiutino" finanziario? E comunque: "Quando una persona amica in difficoltà chiede aiuto, non è necessario approfondire la destinazione".
Ah, quindi se i soldi le servivano per comprare una partita di droga va bene?

La fotocopia di Bossi

Nazir Rafiq Ahmad ha il setto nasale rotto. Certo deve fargli un gran male, ma non tanto ciò che ha provocato la frattura quanto la violenza gratuita e la stupidità umana.
Lui è un professore cinquantenne che vive a Roma da undici anni e insegna inglese, oltre ad essere un mediatore culturale che collabora con il Cipax, il Centro per il dialogo interreligioso. Due giorni fa era sulla metropolitana quando è stato aggredito da un ragazzo di 19 anni che gli ha vomitato addosso tutta la propria bestialità coprendolo di insulti con l'immancabile "tornatene al tuo paese" fino alla testata che gli ha rotto il naso.
E ci sono un paio di cose che non quadrano.
La prima è che lo stesso professore, spiegando ciò che è accaduto, sembra sentire il bisogno di scusarsi per il fatto di occupare un posto nel mondo - per quanto si tratti di un sedile del metrò: "Mi ero appena seduto, c'erano due posti vuoti e questo ragazzo ha cominciato a riempirmi di parolacce e a dirmi di spostarmi, di tornare al mio paese". Ma perché, professore, quella precisazione: "c'erano due posti vuoti"? Se anche ce ne fosse stato uno solo, lei non pensa che le spettasse di diritto sedersi come tutti gli altri e certamente più di un bulletto diciannovenne? E non pensa che, non fosse che per l'età, lei ne avesse più diritto di uno che potrebbe essere un suo studente (e che, invece, ovviamente non ha fatto nemmeno le elementari per essere rimasto così selvaggio)?
La seconda, per esempio, è che questo episodio è avvenuto fra le fermate Termini e Cavour, cioè dove c'è l'inferno di gente: possibile che nessuno oltre che "inveire" - come si legge sui giornali - e oltre che un poliziotto in borghese, si sia posto il problema di bloccare quella bestia? La terza è che non si capisce perché il diciannovenne sia stato soltanto denunciato e non arrestato. Può valere in questo caso la regola di essere incensurato?
Poi è arrivata la solidarietà stucchevole del sindaco Alemanno: "Roma è una grande città che ogni giorno di più afferma la sua natura cosmopolita e che promuove il rispetto delle diversità e dell’identità delle persone". Peccato che abbia sbagliato a coniugare il verbo e avrebbe dovuto usare l'imperfetto o addirittura un passato remotissimo: Roma fu città cosmopolita. Roma era una città dove chi non aveva i mezzi per raggiungere paesi lontani poteva comunque rotolarsi in un miscuglio di colori e di odori e sentirsi cittadino del mondo.
Poi è arrivato Alemanno, appunto, con il suo braccio teso, i suoi barbari riti tribali, gli inni all'intolleranza, i pestaggi degli omosessuali e la corruzione formato famiglia: la fotocopia del modello Bossi.

venerdì 13 aprile 2012

Tutta colpa di Giove pluvio






Sì, lo so: il clima è cambiato; le piogge a metà aprile che fanno diventare pazzo chiunque abbia vissuto almeno quarant'anni sono destinate a diventare norma, la terra andrà incontro ad alternanze di alluvioni e siccità, e il buco nell'ozono non si potrà tappare mai più nemmeno se ciascuno di noi ci mette una pezza.
Il problema però è che a Catania è capitata un'altra calamità naturale, di nome Raffaele Stancanelli, grazie alla quale ogni pioggia diventa una tragedia e un'impresa degna di Garibaldi. Prendete un tragitto medio, una decina di minuti a piedi diciamo: pozzanghere sui marciapiedi, torrenti ai lati delle strade, allagamenti.
E non è che il sindaco ci può venire a raccontare che la colpa è del destino cinico e baro o di Giove pluvio che dovrebbe fulminarlo (non una cosa violenta: solo una scossetta elettrica, giusto per vedere se il cervello riparte): la colpa, senatore, è soltanto sua, della sua giunta e dei suoi collaboratori e dei suoi consulenti. Perché, vede, le spiego una cosa semplice semplice che può capire anche lei: i tombini, se sono completamente otturati, non fanno defluire l'acqua con la conseguenza che le strade si allagano (e l'asfalto, soprattutto se mischiato con la merda, si affossa e i sanpietrini saltano). E magari se fra i tanti consulenti inutili pagati a peso d'oro avesse "scritturato" anche un tombinologo forse non avrebbe buttato i nostri soldi.
Poi, certo, al disagio per i guasti creati da un sindaco che è riuscito nella difficilissima impresa di fare peggio del mariuolo di prima, perché la pietanza sia veramente gustosa bisognerà aggiungere alcune spezie. E a quello pensano i catanesi (oi barbaroi, dei quali credo di sapere per chi hanno votato), burloni che accelerano apposta per farti la doccia o - poveretti - tutti con gravi disabilità motorie tanto da aver bisogno di posteggiare sul marciapiede per fare meno strada possibile e bagnarsi il meno possibile (che i pedoni e i disabili veri non possano passare perché ci sono le loro auto di merda ad occupare il marciapiede, è ininfluente).
Ma oggi Catania ha superato se stessa, grazie al "combinato disposto" di "oi barbaroi" e di vigili urbani distratti. Verso le 9,30 ho notato - anche perché mi impediva il passaggio - una macchina posteggiata completamente sul marciapiede sotto i portici di via Santa Maddalena, che lì dov'era fra l'altro c'era arrivata attraverso lo scivolo per i disabili. Ho cominciato inutilmente a cercare un vigile per segnalare la cosa: e che volevate, che uscissero con questo tempo a rischio di beccarsi un raffreddore? Niente vigile, dunque. Vado, sbrigo le mie cose, torno e - miraggio - poco distante da quell'auto ormai stanziale vedo l'agognato pizzardone: "Scusi, è normale quella macchina messa lì?". Risposta con aria svagata: "Ah, non l'avevo vista". E s'incammina verso la vettura. Mi allontano, torno indietro di qualche passo, tiro fuori la macchina fotografica, scatto e me ne rivado. E in lontananza sento un urlo: "Signora, ci devo cambiare l'olio".
Ah, sì? E se ce lo cambi sulla strada ti bagni i piedini? E poi, scusa, l'olio lo devi cambiare pure a quegli altari che imbandisci ciclicamente per vendere pupazzetti, cuoricini, cadaveri di mimose, rose matrigne e minchiate varie per le varie feste del cazzo?
Ho preferito andarmene, per non svelare la mia natura di maschio catanese "sciarrino".

mercoledì 11 aprile 2012

Figli

Chi è Luciano Cagnin? E' un senatore della Lega nord, fedelissimo di Umberto Bossi, che infatti ieri al raduno delle scope verdi a Bergamo ci è andato - partendo da Padova - ma per sostenere il senatur e ascoltare le sue scuse e i suoi farfugliamenti su presunti complotti che avrebbero chiamato in causa suo figlio, Renzo Bossi, per colpire lui e tutto il partito.
E oggi che mi combina Cagnin? Ma come, Renzo il dimissionario arriva a Padova e lui non lo vuole? Anzi, pronto a sguainare l'alabarda come Alberto da Giussano, annuncia battaglia: "Il territorio non lo vuole, il Veneto non lo vuole e i nostri appelli sono rimasti inascoltati".
Ah, no, scusate, mi sono sbagliata: Cagnin nella sua regione non vuole il figlio del boss, non il figlio del Bossi: è che oggi a Padova, per restarci al soggiorno obbligato, arriva Salvatore Riina junior, il figlio di Totò.

Sparati e sparatori

Preti che sparano e preti che vengono "sparati". A Lamezia Terme, per la terza volta in pochi mesi, la ndrangheta ha lanciato l'ennesimo segnale vigliacco: due colpi di pistola contro la saracinesca del centro Pensieri e parole, gestito dal prete antimafia Giacomo Panizza, che dà ospitalità a disabili e immigrati.
Disabili e immigrati, gli ultimi degli ultimi, l'anello debole della catena della fragilità. E se non fossero così infatti quelli che si credono uomini di panza e sono merde senza sangue nelle vene non lo avrebbero il coraggio. Invece sono deboli fisicamente, socialmente, politicamente: perché in questo Paese sono davvero pochi che vogliono combattere la mafia e pochissimi quelli a cui interessi qualcosa dei portatori di handicap che non sono abbastanza portatori di pacchetti di voti, e perché c'è ancora una legge da trogloditi scritta da un troglodita e da un fascista per privare della libertà e dei diritti i migranti. Accanitevi e moltiplicatevi. E, quanto più sono deboli le prede, tanto più provoca piacere l'accanimento.
Come nel caso del prete sparatore, "monsignore" lo chiamano: Domenico Calcagno, ex vescovo di Savona, che a casa tiene un arsenale degno di Totò Riina, dai fucili a pompa alle rivoltelle, dalla carabine ai revolver. Il fatto è che monsignorunpardeciufoli non è che le sue armi si limiti a tenerle esposte, ma è pure iscritto a un poligono di tiro. E già questo è abbastanza inquietante: pensare che un prete spari a un bersaglio di cartone per sfogare i suoi istinti repressi (e ringraziamo il cielo che non li sfoghi su chierichetti e seminaristi); ma come se non bastasse quello che sicuramente nella sua vita almeno una volta avrà cianciato di "creature del signore" senza credere a una sola parola di quello che diceva non fa mistero di essere un amante della caccia e di sparare agli uccellini. Anzi, sembra che abbia anche detto che prima di puntare si fa il segno della croce e che comunque non prova rimorso perché gli uccelli non hanno anima. Nemmeno i porci.

martedì 10 aprile 2012

Lorenzo o, come dicevan tutti, Trota

Lorenzo o, come dicevan tutti, Trota non si fece molto aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscrezione, presentarsi al curato, pardon: al presidente per presentare le proprie dimissioni, v'andò, con la lieta furia d'un uomo di vent'anni.
Trascinato nella merda da se stesso e dalle sue spese pazze - autista, pranzi, cene, abiti, femmine -, il giovin signore "da tutti servito" che "a nullo serve", pupillo degli occhi del signor scuolaradioelettratorino, titolare di diploma pagato a peso d'oro e di 13.000 preferenze che lo hanno portato al consiglio regionale della Lombardia, dopo essere stato sputtanato dal suo chauffeur con tanto di registrazioni che lo vedono mettersi in tasca pacchi di soldi (del finanziamento pubblico ai partiti, quindi nostri) con lo stesso atteggiamento furtivo e a un tempo impunito di un pusher o di un usuraio, insomma quello lì, quello che lo sguardo sveglio, oggi si è dimesso dall'incarico ma non prima di avere scritto una lettera ai suoi elettori pubblicata in esclusiva da "Brescia oggi".
\ Elettori/militanti, ai quali ha spiegato di non avere colpa, aggiungendo una delle sue solite banalità del genere 'sono sereno' e 'sono fiducioso nella magistratura': "Non faccio mistero di come il cognome che porto mi abbia aiutato. Ma mi ha anche gettato in prima linea e costretto a dimostrare ogni giorno che le 13 mila preferenze prese sul territorio erano frutto della mia passione politica e non del nepotismo di cui mio padre, la cui unica colpa è quella di aver dato un'anima alla Padania, è stato più volte accusato". Porastella! Fa mistero, invece, perché non specifica l'autore, su chi gli abbia scritto la lettera usando i congiuntivi.
Quindi ha avuto una parola per suo padre: "Da lui ho sempre preso esempio, nella vita e in politica, cercando di mutuare nel quotidiano i valori con cui ci ha sempre cresciuti: il rispetto, la morale e la coerenza". Strano, mi sembrava di ricordare che fino a poco tempo fa il signor scuolaradioelettra, fondatore della Padania e della moneta denominata "il rutt", fosse il principale alleato (per pura adesione politico-ideale ai soldi che venivano versati spontaneamente nelle casse dl suo movimento) di un vecchio maniaco sessuale frequentatore di eroi e di stallieri o di stallieri/eroi.
Ora, però, il giovinotto cresciuto a rispetto, morale e coerenza, il pesce lesso insomma, è lo stesso che alla fine dell'anno scorso finì al centro di un'inchiesta su festini a base di escort e coca che si sarebbero svolti nella casa di Alessandro Uggeri (fidanzato dell'assessore regionale Monica Rizzi, incaricata da Umberto Bossi di convogliare voti sul figlio per farlo eleggere in consiglio regionale), che lo avrebbe coinvolto anche in società indagate per evasione fiscale.
Oggi Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo si è dimesso ma c'è già chi preconizza per lui una brillante carriera. No, non come politico, per nostra fortuna: i bookmakers di tutto il mondo sono pronti a scommettere che entro la fine del 2013 prenderà parte a un reality show. Magari all'Isola dei famosi, nel ruolo di baccalà.

lunedì 9 aprile 2012

Vana la corsa in ospedale

Voi l'avete mai vista una camera ardente o un funerale in cui si canta, si balla, ci si diverte e ci si scompiscia dalle risate in stile cage aux folles? Evidentemente no, tranne qualche caso preciso di un organizzatore del carnevale di Rio che abbia disposto espressamente nel suo testamento una cerimonia funebre in cui si muoia dal ridere.
Eppure, aprite un giornale (uno qualunque, tanto sono fatti in fotocopia e vanno avanti a control c e control v) e ci troverete scritto che "una folla commossa" ha "reso omaggio" al caro estinto o che "l'estremo saluto" al tipo è stato dato da "una camera ardente composta e silenziosa". E vorrei vedere che uno andasse a un funerale per mettersi a ballare il Samba!
Eppure loro no, sprezzanti del ridicolo, continuano con le frasi fatte. Non dimenticando di intervistare il parroco che, immancabilmente, ne ricorderà le doti di "fervente cristiano che andava tutte le domeniche a messa", pure se era uno spacciatore di eroina che con le sue dosi tagliate male aveva fatto fuori decine di persone. Mai che intervistino uno che ti dica che quello era un gran figlio di puttana.
Poi, còlti da burocratese da terza media che li fa sentire cólti, ci raccontano che un uomo "è morto dopo essere stato colto da malore". Ma non potrebbe essersi sentito male, essere svenuto, aver detto di avere un gran mal di pancia? E comunque, i soccorsi sono stati "immediati", ma "è stata vana la corsa in ospedale" e "i medici non hanno potuto far altro che constatarne il decesso".
Ancora: c'è uno sbarco di migranti? Fra loro "anche dieci donne, due delle quali incinte". Ma perché, scusate, le donne - soprattutto se incinte - non possono fuggire da mancanza di lavoro, guerra, fame e in più essere preoccupate per il futuro dei loro figli? La disperazione è solo una cosa da maschi?
E non può mancare, fonte continua di esempi simili, l'altro oppio dei popoli: quello del goal "storico" (dove lo trovo? sul Villari? sul Camera e Fabietti? nella Storia d'Italia dell'Einaudi?) o del "sogno che diventa realtà" e cioè l'acquisto di un analfabeta buono solo a prendere a calci una palla, grazie a una paccata di miliardi degna della Fornero. Ma siccome le due religioni si completano, oggi non poteva mancare l'occhio rivolto al cielo dopo la vittoria della Lazio sul Napoli "in un Olimpico gonfio di emozione e unito nel ricordo di Giorgio Chinaglia", il latitante morto qualche giorno fa in Florida, con tanto di beatificazione da parte del tecnico della Lazio che i cosiddetti giornalisti accettano (e riportano) per fede (calcistica): "Forse da lassù ci ha dato una mano a imitare la sua grinta per tutti i novanta minuti". Amen.

domenica 8 aprile 2012

Maanchismo religioso

Funziona così: uno mette il pilota automatico e va. Si addormenta, si mette a prendere il sole, si va a fare una scopata come Schettino. Poi capita uno scoglio non segnalato dalle carte nautiche o spuntato nella notte come un fungo e crash!
Gli italiani fanno così: inseriscono il pilota automatico il primo gennaio e vanno dritti fino al 31 dicembre senza preoccuparsi di tanto in tanto di riguardare le carte, di accertarsi se non sia il caso di correggere la rotta per non andare a sbattere. Buon anno, buon natale, buona pasqua, buon san Valentino, buon san Giuseppe, buona festa della mamma, buona festa del papà, tutto legato alla loro religione che danno per scontato sia la religione di tutti, magari infarcito di qualche ricorrenza istituzionalizzata (una giornata della donna trasformata in festa fatta di lustrini, fiori, regali, maschi che fanno lo spogliarello), perché - direbbe madame unateatralelacrima - è il mercato che ce lo chiede. Ci chiede di fingere che tutto vada bene e ci chiede, soprattutto, di spendere, spendere, spendere, anche se non abbiamo più nemmeno gli occhi per piangere. Tutto in nome del loro dio.
Per dire: la radio che ascolto sempre - e che ascolto malgrado il suo direttore filoPd, filoamericano e filogovernativo, nonché sprezzante nei confronti di quanti non la pensino come lui - perché ha una programmazione musicale che mi piace, una pagina di satira politica che mi fa spaccare dalle risate anche quando se la prende con me (per quanto: vile, tu uccidi un partito morto!) e un corsivista che fa a tutti il pelo e il contropelo senza alcun timore reverenziale nei confronti di nessuno, ebbene questa radio da giorni non fa altro che farmi gli auguri di pasqua, chiedermi cosa farò per pasqua, chi vedrò per pasqua, cosa cucinerò per pasqua, a che ora mi alzerò per pasqua, a che ora farò pipì per pasqua. Vi è passato in mente che io (e molti altri) potrei non partire, non cucinare, non vedere nessuno non solo perché questo governo ci ha affamati più di quanto già non fossimo, ma soprattutto perché sono (come molti altri) atea e non ho alcuna intenzione di sottomettermi alle imposizioni della vostra religione catto-capitalista?
E poi, quand'anche, quali sarebbero gli esempi di moralità e coerenza che mi dovrebbero far partecipare alla vostra comunità? Bossi e i quaranta ladroni che fanno i paladini del cattolicesimo e intanto venerano il dio Po? Berlusconi o Casini che inneggiano alla famiglia una e indivisibile per prendersi i voti del vaticano e intanto sotto sotto forse vorrebbero tanto legalizzare l'harem? O i tanti che si dichiarano cattolici e la prima cosa che ti chiedono, appena ti conoscono non è il tuo nome, ma "di che segno sei?" (Ragione. E' inutile che cerchi: non c'è fra quei dodici). Schizofrenia pura: una sorta di maanchismo veltroniano (che già in quanto veltroniano fa cagare per definizione) applicato alla religione: sono cattolico ma anche diopoista, sono cattolico ma anche puttaniere, sono cattolico ma anche astrologico. E, quel che è peggio, do per scontato che debba esserlo anche tu.
Quando basterebbe aggiungere agli auguri una semplicissima formuletta per dimostrarmi che rispettate il mio modo di pensare: buon natale, buona pasqua, buona quaresima, buon ilcazzochevoletevoi, ma "se siete cattolici". E' così difficile? O è il mercato che ci chiede (e ci impone) di essere cattolici?

venerdì 6 aprile 2012

Il consigliori

E dunque l'imputato coatto andrà a lezione dal coatto di Rebibbia, con il quale già in passato ha condiviso scuole, partiti e frequentazioni.
Già, la notizia è questa: Raffaele Lombardo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per il quale il gip ha respinto la richiesta di archiviazione disponendone anzi l'imputazione coatta e per il quale in conseguenza la procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio, sentendo avvicinare il momento del redde rationem comincia a pensare a cosa potrebbe fare da grande, una volta costretto a lasciare la presidenza della Regione.
E siccome uno per fare qualcosa da grande prima deve studiare, il medico presidente della Regione Sicilia sta pensando di rimettersi sui libri universitari e - come prima di lui il suo collega medico e presidente della Regione, Totò Cuffaro, che inganna il tempo nella sua residenza di Rebibbia studiando da leguleio, oltre che invocando la madonna da mane a sera - si è già fatto fare il conteggio dei crediti per iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza.
Al giornalista che gli faceva notare il percorso analogo del suo predecessore, ha detto: "Mi farò dare consigli da lui su come studiare, non ci vedo nulla di male". E che male c'è, se uno di mestiere fa il consigliori?
Non ha chiarito, però, se i consigli intende farseli dare in loco, al domicilio dell'insegnante.

giovedì 5 aprile 2012

Ma che siamo in un film di Alberto Sordi?

Come potremmo chiamarla? Pecuniopatia? Soldodipendenza? Mal d'argent?
Ovunque ti giri, c'è qualcuno che s'è fottuto i soldi in qualche modo: un analfabeta già strapagato per prendere a calci un pallone che si fa un gol da solo, un giornalista servo, e poi politici (altrettanto analfabeti): politici di centro, di destra, di su, di giù. Tutti drogati di denaro, tutti preoccupati di arraffare quanto più possibile anche a costo di vendersi le madri e i figli. E tutti - tutti gli altri, intendo, quelli che ascoltano le notizie alla radio o in tv - pronti a stupirsi e a indignarsi per il primo quarto d'ora.
Salvo poi tutti, dai giornalisti all'uomo della strada, inveire contro i politici ladri nello stesso momento in cui li votano nel segreto dell'urna. Stamattina ho sentito il solito giornalista commentatore politico, borioso e saccente esattamente come i professori del governo tecnico che per lui (e per il suo editore che evidentemente ne trae profitto) rappresenta la panacea di tutti i mali, spargere il seme dell'antipolitica con la solita nauseante litania del "sono tutti uguali" e "sono tutti ladri". Non ha aggiunto "la politica è una cosa sporca" soltanto perché sarebbe stato ridondante.
Sembra di stare in Ecce bombo: "Noi italiani siamo fatti così, rossi, neri, alla fine tutti uguali". E questo giornalista convinto di essere portatore del Verbo meriterebbe davvero - come da replica di Nanni Moretti - di stare "in un film di Alberto Sordi".
Non è vero che sono tutti uguali e che sono tutti ladri: è che gli italiani quelli che non sono uguali e che non sono ladri non li votano. Cominciate a non riempire gli stadi con le vostre scene di isteria collettiva; cominciate a non comprarli i giornali di quelli che fanno da stampella a corrotti, corruttori e corruttibili; cominciate a non votarli i politici ladri e quelli che fanno affari con la mafia. Altrimenti il sospetto è che voi abbiate una grandissima aspirazione: di essere anche voi "uguali".

mercoledì 4 aprile 2012

Otto mesi di stipendi arretrati


Articolo pubblicato sul Corriere di Sicilia del 3 aprile 2012


"Ma lei lo sa che alcune mie colleghe lavorano per gli usurai?" Che si tratti di un incubo da esorcizzare o di un precipizio già imboccato, "usuraio" era la parola più pronunciata ieri mattina, in piazza Duomo a Catania, dove le operatrici delle cooperative socio-assistenziali si sono riunite in sit-in con il sostegno della Funzione pubblica Cgil per protestare contro i mancati pagamenti da parte del Comune. Si tratta di circa un migliaio di lavoratrici, spesso monoreddito e quasi tutte con figli a carico, che garantiscono il servizio di assistenza domiciliare agli anziani (per i quali fanno la spesa, le pulizie di casa o sbrigano qualche pratica) o ai disabili gravi o si occupano di pulire i bambini handicappati a scuola. Ma il Comune nei loro confronti ha un arretrato di otto mesi di stipendio, tredicesima compresa.
Otto mesi durante i quali hanno continuato a lavorare, anticipando soldi e benzina, per non far venire meno un servizio essenziale: "Noi - ha sottolineato Rita D'Amico della coop Idee nuove - non trattiamo materiale di scarto, ma materiale umano". E c'è qualcuno che ha persino trovato un secondo lavoro, appena tre ore settimanali, ma quello che guadagna lo usa appunto per fare benzina e non lasciare soli gli anziani e i portatori di handicap. Tutte storie simili quelle delle operatrici: madri sole o con il marito che fa lavori saltuari, figli da mandare a scuola alcuni dei quali essi stessi disabili, stipendi da poche centinaia di euro, la Serit che non sente ragioni, le bollette da pagare, l'affitto, gli interessi sui ritardati pagamenti. E qualcuna sbotta: "E i nostri interessi sui pagamenti ritardati per otto mesi dal Comune dove sono?"
A sostenere la protesta, oltre al segretario della Fp Cgil, Gaetano Agliozzo, c'erano pure due presidenti di cooperative - Rosario Caruso per "Le Centolune" e Agata Rizzo per "Asar" -, mentre pesava l'assenza degli altri tanto da indurre le lavoratrici a chiedere "da che parte stanno". La questione, infatti, dovrebbe accomunare presidenti e lavoratrici perché, come spiegato appunto da Caruso e Rizzo, i ritardi nei pagamenti da parte del Comune creano problemi anche agli amministratori delle coop che comunque, soldi o non soldi, i contributi mensili per i dipendenti devono versarli, così come devono pagare l'affitto della sede, le bollette e tutte le spese di gestione, con il risultato che anche loro si indebitano mentre le banche non concedono più prestiti.
Un paio di mesi fa - hanno riferito le lavoratrici - a conclusione di una riunione fiume sembrava che una soluzione fosse stata trovata: c'era una finanziaria disponibile ad anticipare i soldi necessari a pagare gli stipendi con regolarità, salvo poi recuperarli dal Comune. Ma poi non se n'è fatto più niente. Per questo ieri la nuova protesta e l'incontro con il direttore generale del Comune, Maurizio Lanza, che si sarebbe impegnato a trovare una soluzione al più presto. Parole che non hanno affatto rassicurato le lavoratrici tanto da pensare a nuove e più clamorose forme di protesta.

Bossi a Rebibbia

Bossi gridava "Forza, Etna!" mentre il vulcano era in eruzione, voleva sparare sui migranti, ha sempre considerato terroni gli italiani nati da Firenze in giù. Per non parlare di Roma ladrona.
Oggi si scopre che ai leghisti la gente del sud non fa poi così schifo quando si tratta di farci affari loschi, se è vero che Romolo Girardelli detto "l'ammiraglio" - l'uomo grazie al quale il solito tesoriere fuori controllo, Francesco Belsito, avrebbe preso parte di quei sei milioni che ha fottuto allo Stato, e cioè a tutti noi, e li avrebbe "investiti" a Cipro e in Tanzania - sembra fosse il tramite fra la Lega e la 'ndrangheta. Ed evidentemente i "negri" non gli fanno schifo quando si tratta di andare a riciclare denaro in Africa.
Ecco, io ho un sogno anzi due, anzi tre: il primo è che qualche "negro" della Tanzania a Belsito faccia un culo così e non solo metaforicamente; il secondo (ma non m'illudo) è che, quando sarà il momento di concedere l'autorizzazione a procedere, i ladroni che siedono in Parlamento siano meno dei pochi onesti; il terzo è che Bossi, Bossi1, Bossi2 la vendetta, Belsito e tutti gli altri leghisti finti moralizzatori che fino a ieri sostenevano (forse in cambio di soldi) il governo della prostituzione finiscano in galera, ma non a San Vittore, no: per contrappasso dovrebbero rinchiuderli a Roma, nel carcere di Rebibbia, con Totò Cuffaro.

martedì 3 aprile 2012

Vi presento Zenzero

http://www.zenzeroquotidiano.it/


Ma che bisogno c'era di un altro giornale? Non ce n'erano già abbastanza? Sì, certo. Ma noi abbiamo un desiderio e un bisogno: il bisogno di non sentire più la favola ipocrita di giornali indipendenti, apartitici, imparziali.
Non fatevi fregare: il giornale imparziale è una vetrina che si vende al miglior offerente pubblicitario. E' "merce", come direbbe Antonio Gramsci, che in un articolo del 1916 quanto mai attuale così scriveva: "La merce è quel foglio a quattro o sei pagine che va ogni mattina od ogni sera a iniettare nello spirito del lettore le maniere di sentire e di giudicare i fatti dell'attualità politica, che convengono ai produttori e venditori di carta stampata". E poi ancora, parlando dell'operaio, sintesi del lavoratore che oggi è l'operaio come pure l'insegnante o il precario di un call-center: "Egli dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un'idea: servire la classe dominante, che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice". E continua: "Tutti i giorni poi, capita a questo stesso operaio di poter constatare personalmente che i giornali borghesi raccontano i fatti anche piú semplici in modo da favorire la classe borghese e la politica borghese a danno della politica e della classe proletaria. Scoppia uno sciopero? Per il giornale borghese gli operai hanno sempre torto. Avviene una dimostrazione? I dimostranti, sol perché siano operai, sono sempre dei turbolenti, dei faziosi, dei teppisti... Il governo emana una legge? È sempre buona, utile e giusta, anche se è... viceversa. Si svolge una lotta elettorale, politica od amministrativa? I candidati e i programmi migliori sono sempre quelli dei partiti borghesi. E non parliamo di tutti i fatti che il giornale borghese o tace, o travisa, o falsifica, per ingannare, illudere, e mantenere nell'ignoranza il pubblico dei lavoratori".
Proprio ciò che accade oggi: i No-Tav sono terroristi, i migranti sono criminali, gli omosessuali sono malati, il governo dei cosiddetti "tecnici" ci porterà fuori dalla crisi, una legge elettorale che discrimina milioni di elettori serve ad assicurare la "governabilità"...
Ecco, noi siamo di parte: siamo dalla parte dei lavoratori e siamo dalla parte della verità dei fatti e crediamo in un "giornalismo militante" che non sia esercizio di stile o - peggio - strumento di potere, ma sia al servizio dei cittadini. E siamo partigiani. Per usare l'espressione di un altro grande uomo, di un nostro contemporaneo che rischia la vita quotidianamente nella lotta alla mafia e per la legalità, il magistrato Antonio Ingroia, siamo "Partigiani della Costituzione", quella Carta fondativa della nostra Repubblica nata dalla Resistenza, universalmente riconosciuta come una delle migliori al mondo, uscita dalle sofferenze di un popolo che per un ventennio aveva visto negare i più elementari diritti e che da oltre un ventennio una classe politica indegna, inetta e corrotta tenta di ridurre a carta straccia. E invece noi siamo convinti che i genitori, per fare crescere i loro figli cittadini "veri", farebbero bene a mandarli fin da piccoli a lezione di Costituzione.
Perché, per finire, questo nome "culinario"? Perché le spezie sono l'ingrediente che rende un cibo speciale. Perché ci piacciono moltissimo le spezie e le persone "esotiche" che ci fanno sentire tutt'uno con i popoli di tutto il mondo. Perché, soprattutto, lo Zenzero è stimolante e antiemetico: ed è proprio quello che ci vuole in questo Paese assopito e di fronte a una classe dirigente che dà la nausea.

lunedì 2 aprile 2012

Ci vediamo al cassonetto

Riceviamo e malvolentieri pubblichiamo

Caro (e, più che caro, direi dispendioso) Monti, cara (c. s.) Fornero e cari (idem) stronzi che sbavate dietro al luccichio del liberismo, che avete rinnegato i lavoratori e che continuate con il mantra dell'articolo 18 che non dev'essere "un tabù", vorrei raccontarvi la mia storia.
Fui licenziato cinquantenne da un padrone pezzo di merda (pleonastico) che finse di chiudere un rametto d'azienda e siccome di imprese (e di dipendenti) ne aveva a centinaia tutte intestate a prestanomi, parenti e segretarie ricattabili, ma tutte con meno di 15 dipendenti, e siccome aveva i più grossi avvocati e i più grossi commercialisti che non facevano risultare il suo un gruppo imprenditoriale e siccome aveva anche magistrati e sindacati di proprietà, fu esclusa la possibilità di opporsi in alcun modo al licenziamento. Mi proposero due anni di stipendio per levarmi dai coglioni, più o meno quello che oggi voi chiamate indennizzo.
E ci ho campato - ammesso che si chiami campare - per molto più di due anni: elimini la pizza, le uscite con gli amici, i viaggi, il cinema, i libri, dici ai tuoi figli che si possono scordare l'università, e, gradualmente, eccetera, eccetera, eccetera. Ma non è che pensassi di camparci di rendita per tutta la vita con quei soldi, no. Nel frattempo ci ho provato a trovare un lavoro e ci hanno provato anche i miei figli: a me dicevano che ero troppo vecchio (e nel frattempo sono invecchiato davvero) e a loro che erano troppo giovani (e nel frattempo sono invecchiati pure loro, anche se non hanno ancora una casa e dei figli, e gli dicono che sono troppo vecchi).
E ora voi ci venite a raccontare che l'articolo 18 non dev'essere un tabù; che il giudice (ammesso che non condivida i lions con il padrone, oltre che con voi) può ravvisare il licenziamento discriminatorio, ma non decidere il reintegro e al massimo una specie di risarcimento danno; che dobbiamo essere contenti perché c'è un governo tecnico che ce la sta mettendo (ma tecnicamente, cioè prima prende le misure e fa la radice quadrata) nel culo e perché adesso i mercati sono contenti di noi. Ma noi, non nel senso di noi Italia, ma di noi lavoratori ed ex lavoratori, al mercato - al singolare, quello dove si comprano la frutta e la verdura - nemmeno ci andiamo più. E prima o poi i vostri mercati, supermercati e ipermercati e le vostre fabbriche di auto dove sfruttate la gente, i vostri giornali ipocriti spalmati su governi criminali e i vostri megastore informatici dovrete chiuderli perché noi non potremo comprare più nemmeno una zucchina. E alla fine nemmeno voi. Ci vediamo al cassonetto.

Ma che, ti pesa il culo?

Certo che Facebook è strano, inquietante direi. A parte i cazzi di tutti in piazza e la strana sensazione di un grande occhio di un gigantesco fratello che ti segue pure quando vai a fare il bidet e che, se da un lato può aver l'effetto positivo di scovare un superlatitante di mafia dall'altro ti fa pensare che il giorno in cui questa dittatura sotterranea emergerà saremo già tutti belli che schedati, ci sono un po' di piccole cose altrettanto "bizzarre".
Pensate, per esempio: qualche giorno fa ho dato "l'amicizia" a mio cognato. Cioè, una conosce uno per quarant'anni, ci chiacchiera, ci fa le vacanze insieme, ci scambia libri e giornali, ci condivide casa e pantofole girando solo in mutande, dopo anni di esercizio impara a decrittare il suo linguaggio farfugliante, gli elargisce bestemmie come se piovesse, gli fa fare figure di merda scaraventando parolacce dentro la cornetta del telefono mentre lui è in macchina con colleghi di lavoro e ha attaccato il vivavoce... e dopo quarant'anni gli dà l'amicizia? E che avevamo fatto nei quarant'anni precedenti?
E questa è una. Poi. Ti faccio gli auguri di compleanno e tu (ma pure io a volte, lo confesso) ti limiti a un clic su "mi piace"? Non la puoi fare la fatica di scrivere "grazie"? Cos'è, ti casca la falangetta?
Per dire. E ancora: c'è una grande manifestazione di massa contro la guerra, contro le politiche del lavoro del governo, contro la Tav e così via e tu che fai? Parteciperò. Fine dell'impegno politico. Come direbbe Audrey Hepburn alias Eliza Doolittle in My Fair Lady, rivolgendosi al cavallo brocco: "Ma che, ti pesa il culo?" Che poi, andando avanti così, c'è davvero il rischio che diventi obeso e con lo sguardo da pesce bollito come uno cresciuto (in larghezza) a pane, lardo e McDonald.
Infine, la desinenza di un participio passato italiano legata a un verbo inglese. A part from the fact that finisce che ti scordi come si diceva nella tua lingua (appunto: come si diceva nella mia lingua?) e questo è già successo abbondantemente - con la fine della settimana, per esempio, che diventa "il fine settimana" o con cliccare, postare, bypassare, eccetera -, la particolarità davvero inquietante è che la desinenza è al femminile, a prescindere. Tipo: Alfio Rapisarda è stata taggata in una foto. Roba che: a) Alfio, anzi Iauffiu, essendo maschio siculo, se si accorge che lo trattano da femmina è capace di fare la Cavalleria rusticana; b) io un maschio (perché Fb è maschio) che coniuga un verbo al femminile non l'ho mai visto. Piuttosto Alfio, anzi Iaffiu, e qualunque altro uomo dell'orbe terracqueo sarebbero capaci di tagliarsela e farsi mettere incinti.

Le scuole? Cadono a pezzi


Articolo pubblicato sul Corriere di Sicilia del 31 marzo 2012



Immaginate la scena: da un lato una classe di un liceo classico al primo piano di un edificio intenta a seguire la lezione, dall'altro, qualche metro più giù, una classe di un istituto tecnico che gioca a pallone in cortile - surrogato di una palestra - e, in mezzo, grandi vetrate; il pallone vola, il vetro va in frantumi. Qualcuno si fa male, perché il vetro non è a norma - come previsto dal testo unico sulla sicurezza -, ma vetro comune. E' successo tempo fa a Catania, nella sede dell'ex scuola media Randazzo adibita a succursale in condivisione fra Spedalieri, Vaccarini e Turrisi Colonna: uno dei tanti casi di strutture insicure che riguardano la gran parte delle scuole superiori della provincia e che ha indotto i consiglieri provinciali del gruppo Comunisti-IdV a chiedere una seduta di consiglio provinciale per ieri mattina e il Movimento studentesco a promuovere una manifestazione per rivendicare sicurezza.
Pochi i ragazzi al corteo rispetto alla gravità della situazione, ma alcuni venuti dalla provincia per illustrare al consiglio provinciale la situazione delle loro scuole.
In quella stessa succursale in condivisione - racconta Dario Scuto, rappresentante di istituto dello Spedalieri - in palestra c'è un pilastro che cade a pezzi, manca l'acqua per settimane, il cortile che dovrebbe servire da via di fuga in caso di calamità è occupato dalle auto, in un muro c'è un buco di almeno mezzo metro e le prese elettriche si staccano e le riattaccano con lo scotch. Nella centrale dello Spedalieri invece c'è il paradosso di un auditorium nuovissimo, ultimato ma senza arredi né attrezzature. Per usarlo devono portarsi le sedie dietro da altre aule, "perché la Provincia soldi non ne dà", spiega Dario che sottolinea anche come il preside invii alla Provincia richieste settimanali che restano senza risposte.
Nessun dubbio nell'individuare come responsabile la Provincia anche da parte di altri studenti. Antonino Aci, dell'Ipsia Majorana Sabin di Giarre, parla di una struttura vecchia di oltre 40 anni, in cui non si fa la manutenzione ordinaria, l'uscita di sicurezza dà su un muro, ci sono infiltrazioni d'acqua dappertutto e, proprio per questo, i laboratori quest'anno sono rimasti chiusi. Con il risultato che circa 100 dei 400 alunni all'inizio dell'anno si sono ritirati e quelli che faranno la maturità arriveranno impreparati. Aci riferisce anche sullo stato delle altre scuole della sua zona: al commerciale ci sono i nastri bianchi e rossi nei corridoi, allo scientifico gli studenti sono il doppio di quanti ne preveda la legge in base ai metri quadri, all'industriale il campetto per le attività sportive è chiuso da ottobre. E parla di strutture cadenti e di soldi stanziati e spariti Walter Zapparrata, dell'Istituto di istruzione superiore di Palagonia: una delle tre sedi in un ex convento, una parte cadente "recintata con dei legni, come se fosse una stalla". Hanno dovuto fare scioperi e autogestioni perché la provincia si accorgesse di loro, poi c'è andato l'assessore Licciardello, ha detto che avrebbe costruito un Polivalente, ma - denuncia Zapparrata - il progetto è partito, il piano non è mai diventato esecutivo e "i sei milioni di euro stanziati non ci sono più", forse stornati per altre spese.
A questo quadro si aggiungono i primi risultati dell'indagine svolta per mezzo di un questionario in tutte le scuole della provincia. Un centinaio - ha spiegato Matteo Iannitti, del Movimento studentesco - quelli distribuiti, circa 30 quelli già restituiti. E in nessuna di queste 30 scuole le segreterie sono in possesso dei certificati di agibilità, nella metà ci sono locali completamente chiusi a causa di crolli o infiltrazioni di acqua, in molti non sono state abbattute le barriere architettoniche e in tutte ci sono almeno 32 alunni per classe.

domenica 1 aprile 2012

Monti testimonial del Gratta e vinci

Stanotte la Guardia di Finanza ha effettuato un nuovo blitz nei locali della vita notturna e controllato decine di auto di grossa cilindrata.
Bene, benissimo. E però.
Va bene la "movida" milanese, va bene gli orafi di Ponte Vecchio, va bene Cortina e Portofino - anche se, comunque, non ci sarebbe stato male se, oltre a multe e denunce, avessero assestato un paio di schiaffoni educativi a puttanoni impellicciati e magnaccia impanfilati, per burinismo molesto -, vanno bene tutte le località turistiche d'alto bordo in cui si ostentano soldi a paccate come quelli della Fornero, va bene la sceneggiata dimostrativa a effetto lassativo immediato e però mi chiedo e chiedo (e mi ripeto): quando sarà che la Guardia di Finanza mandata da Befera mandato da Monti innalzerà il livello?
E quando comincerà il governo Monti ad occuparsi di grandi capitali e grandi evasori che hanno impoverito il Paese? Quando manderà qualcuno a cercare le case e i capitali all'estero dei Marchionne, dei Berlusconi, dei Calearo che si sono arricchiti sfruttando la gente (dalle giovani prostitute agli operai)? E quando, dovendo concentrarsi su negozi e auto di grossa cilindrata, Monti - insieme al Ministro dell'Interno, per esempio - deciderà che forse i blitz è il caso di farli anche nel regno della disoccupazione, in Sicilia, nelle sue grandi città che pullulano di vetture da nababbi?
Finora, che si abbia notizia, sembra che la presunta attività moralizzatrice del governo tecnicamente politico di estrema destra al sud si sia concentrata soltanto sui mercati all'aria aperta per comunicarci - toh, la notizia sconvolgente! - che quasi nessun bancarellaro fa lo scontrino e che alcuni non hanno nemmeno il registratore di cassa.
Sembra che - dopo aver visto come è andato al governo senza essere stato eletto e come pretenda di continuare a governare a prescindere dagli elettori e dai partiti - i Monopoli di Stato stiano pensando di assumere Mario Monti come testimonial del Gratta e vinci: Ti piace vincere facile?