Come potremmo chiamarla? Pecuniopatia? Soldodipendenza? Mal d'argent?
Ovunque ti giri, c'è qualcuno che s'è fottuto i soldi in qualche modo: un analfabeta già strapagato per prendere a calci un pallone che si fa un gol da solo, un giornalista servo, e poi politici (altrettanto analfabeti): politici di centro, di destra, di su, di giù. Tutti drogati di denaro, tutti preoccupati di arraffare quanto più possibile anche a costo di vendersi le madri e i figli. E tutti - tutti gli altri, intendo, quelli che ascoltano le notizie alla radio o in tv - pronti a stupirsi e a indignarsi per il primo quarto d'ora.
Salvo poi tutti, dai giornalisti all'uomo della strada, inveire contro i politici ladri nello stesso momento in cui li votano nel segreto dell'urna. Stamattina ho sentito il solito giornalista commentatore politico, borioso e saccente esattamente come i professori del governo tecnico che per lui (e per il suo editore che evidentemente ne trae profitto) rappresenta la panacea di tutti i mali, spargere il seme dell'antipolitica con la solita nauseante litania del "sono tutti uguali" e "sono tutti ladri". Non ha aggiunto "la politica è una cosa sporca" soltanto perché sarebbe stato ridondante.
Sembra di stare in Ecce bombo: "Noi italiani siamo fatti così, rossi, neri, alla fine tutti uguali". E questo giornalista convinto di essere portatore del Verbo meriterebbe davvero - come da replica di Nanni Moretti - di stare "in un film di Alberto Sordi".
Non è vero che sono tutti uguali e che sono tutti ladri: è che gli italiani quelli che non sono uguali e che non sono ladri non li votano. Cominciate a non riempire gli stadi con le vostre scene di isteria collettiva; cominciate a non comprarli i giornali di quelli che fanno da stampella a corrotti, corruttori e corruttibili; cominciate a non votarli i politici ladri e quelli che fanno affari con la mafia. Altrimenti il sospetto è che voi abbiate una grandissima aspirazione: di essere anche voi "uguali".
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