martedì 19 gennaio 2016

Cuoricini e mostruosità


Nel sito c'è un fiorire di cuoricini che nemmeno in un negozio di gadgets adolescenziali il giorno della cosiddetta festa degli innamorati. Stucchevole. In alternativa, ti viene il dubbio di essere capitato nel bel mezzo di uno dei tanti bordelli virtuali che propongono "fidanzati" e uomini o donne "della tua vita", quelli dove l'amore non c'entra niente. Avrebbero fatto meglio a mettere teschi, fantasmi, candele che si spengono e scampanio di catene.
Per fortuna che esistono gli insegnanti. Meglio: le insegnanti. E' stata la prof di educazione artistica di una scuola di Licata a capire che c'era qualcosa di inquietante dietro quel disegno pieno di mostruosità elaborato da una sua alunna disabile. E non poteva essere solo frutto di fantasia. Forse non le ha nemmeno messo il voto, forse non l'ha guardato con la sufficienza che si riserva di solito a chi è meno "bravo" di altri e non le ha detto di rimetterlo in cartella e chi s'è visto s'è visto; non ha chiuso gli occhi e voltato la testa, non ha chiuso il registro alla fine delle ore di lezione. C'è entrata con tutti e due i piedi quell'insegnante in quel disegno di bambini legati e picchiati. Ne ha parlato con i colleghi e insieme hanno chiamato i carabinieri.
Che nella Comunità alloggio Suami di Licata hanno trovato conferma a quello che diceva il disegno e anche di più e di peggio. Però nel sito i cuoricini sono corredati (oltre che da foto dove non c'è ombra di esseri viventi e questo già dovrebbe insospettire) dal logo della provincia di Agrigento, da quello della regione e da altri discorsi su valori, qualità della vita, rispetto, dignità e su convenzioni con aziende sanitarie, comuni, consorzi di comuni. Nessuno dei quali, evidentemente, è mai andato a controllare la regolarità del servizio. Forse perché amministratore unico della cooperativa (ora indagato) è Salvatore Lupo, sedicente imprenditore, presidente del consiglio comunale di Favara nonché aspirante sindaco della sua città?

lunedì 18 gennaio 2016

Un capolavoro

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Io non credo che mi abituerò mai, se anche dovessi scrivere centinaia di libri. La gente in fila che ti allunga il volume per fartelo firmare, la seguace feisbucchiana che ti chiede la dedica per sé e un'altra amica e ti ripete venti volte i nomi da scrivere e tu venti volte te li scordi perché nel frattempo altre venti braccia ti hanno allungato il libro da firmare. E ti dispiace, perché può pensare che di lei non t'importi niente mentre in realtà sei stordita perché stai vedendo un film e ti stai chiedendo cosa ci faccia dentro un film una che ti somiglia pari pari. E poi stai conversando con un tuo ex fidanzato, che ti fa un sacco di piacere perché non lo vedevi da quasi dieci anni ed è venuto lì apposta per te ma devi scegliere se interrompere il racconto che vi state facendo oppure mettere il pilota automatico e firmare le copie distrattamente, senza avere il tempo di mettere a fuoco la faccia che leggerà il tuo libro, come una scrittrice consumata. E le foto che manco una diva del cinematografo (che fra l'altro mi imbarazzano e perciò vengo sempre male). E ve lo devo dire: mi sento una stronza che se la tira.
Perché io quando scrivo un libro vorrei dargli due braccia per abbracciare gli amici, due occhi per leggere affetto negli occhi che incontrano, due mani per stringere mani sincere; e poi due piedi e un paio di scarpe per farlo camminare da solo. Senza di me e a prescindere da me.
Soprattutto se si tratta di un libro come quello - "Violenza degenere" - che ho scritto con la mia amica/collega/nipote (sorella no, ma soltanto perché lei ha la metà dei miei anni) Roberta Fuschi: perché questo libro lo hanno scritto le donne che ci hanno raccontato nei minimi e raccapriccianti dettagli le violenze subite da parte di chi finge di amarle, che ci hanno messo nelle mani le loro vite per evitare che altre donne patiscano ciò che loro hanno patito e per fare sapere ad altre donne che ne possono uscire.
Questo libro noi due non lo abbiamo scritto: lo abbiamo trascritto. E le firme sulla prima pagina dovrebbero essere quelle delle donne forti che - sfidando le convenzioni, le ostilità, l'ipocrisia, il giudizio sociale - hanno compiuto il capolavoro di liberarsi da uomini violenti.

lunedì 4 gennaio 2016

Tampax musicale


Quindi un tampax musicale? Dopo il robot che legge le storie ai vostri bambini già nati e fa loro le coccole, adesso anche l'ipod da infilare in vagina per cantare le canzoncine ai vostri bimbi non ancora nati? Ma, dico, siete diventati tutti scemi?
Ora vi spiego cos'è successo. Il mercato, sempre lui, sempre quello del "produci, consuma, crepa", si è inventato un'altra cosa per farci spendere soldi, a prescindere che ci serva o meno, a prescindere che faccia male o meno. Il bisogno indotto in qualche modo lo indurranno, e fra dieci o vent'anni ci spiegheranno che la loro grande invenzione produceva un tipo di irritazione particolare che si cura con un tipo di pomata particolare brevettata dalla stessa multinazionale produttrice dell'oggetto causa della malattia. E il cerchio si chiude.
L'oggetto in questione, il Babypod è - leggo in una specie di articolo promozionale - "un altoparlante da vagina, un piccolo accessorio compatibile con iPhone o altri smartphone Android che consente di raggiungere il nascituro ancora in grembo attraverso la musica. Il Babypod può essere utilizzato come un assorbente interno: collegato al vostro smartphone, potrete decidere di stimolare i gusti musicali del futuro neonato iniziandolo alla vostra musica preferita, che si tratti dei Metallica o di Michael Bublè".
Ripeto la domanda: siete diventati tutti scemi? In effetti, risponde lo stesso autore del cosiddetto articolo, che ci assicura ipoallergenicità e igiene: "può sembrare un oggetto bislacco". No, guarda, te lo dico con parole più comprensibili: è una gran minchiata.
Mi spiegate perché una futura mamma che - si presume - è contenta di avere un bambino non dovrebbe essere lei stessa, insieme al suo compagno o alla sua compagna che sta fuori, come si è sempre fatto, a cantare e a parlare al suo bambino?
Il tizio che ha scritto il pezzo (immagino ben pagato) sostiene che "i neonati imparano a parlare in risposta agli stimoli sonori che ricevono, soprattutto se sono melodici – si legge sul sito ufficiale – Babypod è un dispositivo che li stimola a suon di musica ancor prima di venire al mondo. Con Babypod impariamo a vocalizzare già nell’utero". E grazie al cazzo. Questo lo sapevamo già, ma perché non dovrebbero farlo ascoltando le voci dei loro genitori? Perché i genitori secondo il mercato non devono più leggere le favole ai loro figli, cantare le canzoncine, accarezzarli con la loro voce mentre sono ancora nella pancia e quando sono nella culla, e poi aiutarli a fare i compiti, rimproverarli, accompagnarli a scuola, eccetera?
Spero che non ci sia gente tanto stupida da farsi prendere al lazo da quest'ennesima invenzione che serve al mercato, non certamente ai bambini. E se qualcuno invece stesse pensando di provare, mi ascolti: quando avete i bimbi nella pancia, parlate, cantate, stonate, ridete, ballate. E scopate, ché non è vero che non si può fare in gravidanza. Però prima levatevi quel coso, altrimenti è difficile.