martedì 17 marzo 2020

Elenco delle paure

Magari scambiarsele serve a esorcizzarle un po’ e farle pesare meno.
-      Paura di lasciare da soli i miei gatti. Comincio da loro perché sono i più indifesi e perché non sanno cosa sta accadendo. Non si spiegherebbero la mia assenza, non ci sono abituati. Anche nella migliore delle ipotesi (ospedale per qualche settimana e rientro a casa), chi si occuperebbe di loro nel frattempo se nessuno può uscire?
-      Paura di non vedere più mio figlio e la sua compagna, mia madre, mia sorella, mia nipote e tutta la truppa, mia zia, care amiche e cari amici, perché ho
-      Paura che questa cosa sia circolare e continuerà a tenerci in questa prigione per l’eternità
-      Paura di non poter mai più fare pace con l’ultima persona con cui avrei voluto litigare  (e fra un po' saranno tre mesi che non ci parliamo), perché ho 
-      Paura che questa cosa sia circolare e continuerà a tenerci in questa prigione per l’eternità
-      Paura che l’attività di mio figlio, in cui ha speso tutte le sue energie, vada a carte quarantotto
-      Paura che non riapra la mia casa editrice, che chiamo «mia» non perché ne sia proprietaria, ma perché la considero famiglia e le voglio bene
-      Paura che mia sorella non riesca più a vendere la vigna, perché ho
-      Paura che questa cosa sia circolare e continuerà a tenerci in questa prigione per l’eternità
-      Paura di non rivedere il mare
-      Paura dei gesti senza ritorno di chi lavorava in nero e non potrà rivendicare nessuna forma di risarcimento, ma forse crederà di uscirne mettendo la propria vita nelle mani degli usurai e sarà peggio che avere preso la malattia o che avere scelto di darsi la morte
-      Paura che, se non ci prende questa malattia, ci prenderà quell’altra altrettanto terribile che si chiama depressione perché ho
-      Paura che questa cosa sia circolare e continuerà a tenerci in questa prigione per l’eternità
-      Paura quando l’urlo di un’ambulanza lacera il silenzio
-      Paura che non riapriranno librerie, cinema, teatri, negozi, fabbriche, scuole e milioni di persone perderanno il lavoro e perderanno il senno perché ho
-      Paura che non andrà tutto bene e anzi è andato già tutto male
-      Paura che non riapra il bar di un caro amico che frequento poco ma a cui voglio bene
-      Paura che una nuova calamità ci costringa a scegliere se riversarci nelle strade andando incontro al contagio o restare sotto le macerie
-      Paura di avere paura degli altri esseri umani
-      Paura di odiare la tua casa che ami tanto, la tua tana, perché ho
-      Paura che questa cosa sia circolare e continuerà a tenerci in questa prigione per l’eternità
-      Paura di non sentire più il rumore della vita, con i suoi aspetti positivi e quelli negativi, dai bambini che giocano in un parco agli automobilisti maleducati che suonano il clacson senza motivo
-   Paura di non avere più voglia di scrivere
-      Paura che la musica ad alto volume non basti più a coprire l’alto volume della paura

-      Paura di impazzire

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-      Paura da impazzire

domenica 8 marzo 2020

Volersi bene a distanza

Facciamo che oggi è il 29 marzo. Da qualche anno non è una bella data per la mia famiglia, però stavolta sì: ieri abbiamo festeggiato il compleanno della mamma, che in realtà lo fa il 27, ma abbiamo aspettato che arrivassero tutti. Gabriella è arrivata da Orvieto, Carlo e Ines da Bologna, Elena Emiliano Ludovico e Jacopo da Roma, zia Tata da Modica. Mancava solo Daniele, manca da quell’altro 29 marzo e la sua assenza è sempre presente e devastante.
Sono mesi che organizziamo questa cosa: quelli che arrivavano da fuori hanno preso i biglietti per tempo. E ieri è stata proprio una bella festa. La mamma era davvero contenta di avere intorno figlie, sorella, nipoti e pronipoti, ha fatto un po’ di citazioni in latino che una volta a casa nostra durante il pranzo non mancavano mai, ha battibeccato con suo marito, ha rimproverato più volte lo chef che sbagliava i congiuntivi, ha parlato di quando i ricevimenti li faceva a casa e cucinava tutto lei e non al ristorante ché le cose non saranno mai buone come le vorrebbe e come le fa lei, ha ricostruito letterariamente le epidemie nei secoli, ci ha spiegato cosa avrebbe dovuto fare il governo nell’emergenza corona virus, ha detto che comunque lei sta benissimo e non la scalfisce niente. E io, come sempre, un po’ mi sono incazzata e un po’ ho riso per queste sue incrollabili certezze che non lasciano mai spazio al dubbio.
Oggi è il 29 marzo, sono già ripartiti tutti e siamo tutti un po’ tristi, però siamo anche contenti perché ce l’abbiamo fatta, ci siamo arrivati tutti e siamo riusciti a festeggiare, malgrado nelle ultime settimane non ne fossimo più così sicuri e il volo di ritorno di Carlo e Ines era stato annullato tanto che ne hanno comprato un altro, perché non si poteva mancare al compleanno della nonna, perché – come dice lei stessa – «io novant’anni una volta sola li faccio». E sì, lo sappiamo e lo sa anche lei che pure venti, trenta o quaranta si fanno una volta, ma novanta è un’altra cosa.

Oggi non è il 29 marzo, è appena l’8 e già sappiamo con venti giorni di anticipo che la festa non ci sarà, non quando avevamo fissato almeno: nelle ultime ore la situazione è precipitata in tutta Italia, il governo ha preso delle decisioni senza consultare mia madre, qualcuno le ha rese note prima che avessero l’ufficialità della firma, qualcun altro in Lombardia ha dato l’assalto ai treni, camminiamo per le strade e sentiamo la frustrazione di non poter abbracciare gli amici, se uno per strada starnutisce per una semplice influenza o per l’allergia lo guardiamo con odio. 
Noi abbiamo dovuto fare una scelta di buon senso e di razionalità: non puoi rischiare di partire da una zona quasi rossa portandoti dietro il virus e scaricandolo ai piedi di una persona di novant’anni, anche se lei è convinta di essere invulnerabile. Quindi per quest’anno ci vorremo bene a distanza. 
E però io adesso avrei voglia di abbracciare tutti quelli che stavano preparando da tempo un qualche festeggiamento, che in un punto lontano del cuore avevano il timore inconfessabile di qualcosa (l’età, una malattia grave) che avrebbe potuto impedirlo ma andavano avanti nei preparativi, ci credevano e dimostravano di crederci, o forse fingevano di crederci, e adesso invece sanno con certezza di doverci rinunciare, che la festa non c’è stata e che oggi non è l’indomani della festa. E che chissà quando potremo ricominciare ad abbracciarci.