giovedì 22 novembre 2012

Processo Boero

Vi ricordate i Boeri e le Las Vegas? Quand'ero piccola io stavo alla tabaccheria come l'ubriacone alla bettola. E il punto era non tanto la smisurata ambizione alla carie che accomunava i bambini della mia generazione quanto l'ebbrezza della vincita. Cominciavo dalle gomme americane (si chiamavano così prima che chewing-gum avviasse il declino verso la spending review) che dentro avevano una cartina con su disegnate le facce di due dadi: se in entrambe c'erano sei pallini, avevi vinto un'altra Las Vegas. Ma era un terno al lotto. Provavi una, due, tre volte - diciamo come fosse primo grado di giudizio, secondo grado di giudizio, Cassazione - e non c'era verso: condannata alla sfiga. Allora ti rivolgevi al più soddisfacente Boero e lì era tutta un'altra storia. Con il Boero vincevi sempre e di gusto. Molto più spartanamente nella sua cartina interna trovavi solo un numero ed erano più le volte che trovavi il 3 o addirittura il 5 che l'1. Hai vinto cinque Boeri. E tu non è che te li prendevi e te li portavi a casa, no. Li scartavi sur place, te li mangiavi e continuavi a vincere. Con il vantaggio anche di riuscire vagamente a intravedere una fievole luce alla fine del tunnel dei concetti di progressione aritmetica e di elevamento a potenza. Perché era facile che ognuno dei cinque vinti avesse dentro la cartuzza con altri 5 da vincere. Beh, forse è l'uovo di Colombo, la soluzione che ci vuole per B e i suoi collaboratori familiari messi a spolverare gli scranni del Parlamento e che si stanno lambiccando il cervello per assicurare l'impunità al loro datore di lavoro. Invece di un processo Las Vegas - primo grado, secondo grado, Cassazione -, il processo Boero: a ogni condanna (non più) definitiva peschi una cartuzza e vinci da tre a cinque gradi di giudizio supplementari ciascuno dei quali di una durata che va appunto da tre a cinque anni. Quindi, per dire, venticinque anni. Scusate, ma non ho capito: visto che ha 76 anni e dunque (a parte che a quell'età in galera non ce lo mandano), se siamo fortunati, al massimo in una decina d'anni ce lo leviamo definitivamente dai coglioni, che se ne deve fare di quest'impunità secolare? Non è che dobbiamo parare il culo pure a Marina e a tutta la famiglia fino alla settima generazione?

mercoledì 14 novembre 2012

Rincoglionimento istituzionale

Questa storia di Vincenzo Maruccio mi ricorda per un dettaglio quella di una delle cosiddette papy girl spinta dal proprio stesso padre fra i tentacoli del vecchio porco e istigata a prostituirsi e a spillargli quanto più denaro possibile. Il dettaglio - che nella vita di nessuno di noi in realtà è un dettaglio - sarebbe la mamma. E, incidentalmente, anche la nonna. Ma se della nonna possiamo supporre che non sapesse il motivo per cui si levava dalla bocca i soldi per mandarli al bambino, e se il rincoglionimento fa parte del ruolo di una nonna nei confronti dei nipoti - è istituzionale, direi -, c'è da chiedersi invece perché la madre lo abbia assecondato nella sua malattia da videopoker invece di farlo sottoporre al Tso. Cioè questo qui non soltanto si fotteva i soldi del gruppo consiliare IdV alla regione Lazio, non soltanto si fotteva lo stipendio di consigliere regionale di quasi 13.000 euro al mese (c'est à dire sei stipendi di un lavoratore vero) perché invece di andare a lavorare il suo tempo lo passava davanti alle slot machines, ma per di più anziché essere lui con il suo stipendio più che onorevole a fare regali alla nonna pensionata per ringraziarla delle coccole e delle attenzioni ricevute in tanti anni, si fotteva pure i soldi della pensione della nonna. Come rubare le caramelle a un bambino. Con la complicità della madre che - lo ha detto lui stesso durante un interrogatorio - "dalla Calabria inviava con l'autobus i risparmi della nonna". Dunque, anziché prenderlo a calci in culo, come avrebbe meritato, la signora lo assecondava privando la propria madre del necessario per sfangare gli ultimi anni della sua vita. Sarà che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna, ma certo dietro un uomo pezzo di merda c'è sempre una madre (o dei genitori) pezzo di merda. Quanto ad Antonio Di Pietro...dunque: De Gregorio, Razzi, Scilipoti, Maruccio....delle due l'una: o sapeva - con tutto quel che ne consegue - o non si rendeva conto. Però, nel caso sia giusta la seconda ipotesi, c'è un altro piccolo dettaglio: che Di Pietro non è la nonna, ma il capo di un partito, e a lui non è consentito il rincoglionimento istituzionale.

sabato 10 novembre 2012

Lettera per la ministra alle zucchine

Leziosa ministra alle zucchine, vorrei cogliere l'occasione fornitami dal suo côté bucolico, che certamente è sintomo di grande sensibilità (delle zucchine, che infatti appena la vedono arrivare scappano come le incrostazioni del cesso alla vista dell'acido muriatico), per intrattenerla sugli ultracinquantenni choosy. Mi perdoni l'attacco in linguaggio antico (parentesi fra parentesi), ma ieri sera mi sono imbattuta in una pessima imitazione di retorica dannunziana e ho pensato che fosse il registro linguistico adatto a una fascista come lei. Torno nei miei panni: mi ci trovo meglio. La sua attività agricola, è chiaro, deve impegnarla molto - produrre cetrioli per milioni di sudditi non è uno scherzo che si fa in un paio d'ore andando a respirare oltre il giardino - e magari il tempo di leggere i giornali non ce l'ha, perciò ho pensato di darle una mano facendole il quadro della situazione. Dei giovani abbiamo già detto: sono monotoni, schizzinosi, capricciosi, fannulloni, svogliati e tutti quei termini che solo una professoressa da seconda media come lei (e i suoi colleghi) è capace di produrre. Ci manca solo che dica che "potrebbe fare di più, ma non s'impegna", con la variante "è intelligente, ma potrebbe fare di più", ed è perfetto. Ora dunque le parlo dei Cinquanta&più: quelli che hanno perduto il lavoro e che prima o poi finiscono sul giornale con la tanica di benzina e l'accendino in mano. Perché prima le hanno provate tutte. Ne conosco una quantità impressionante. Alcuni hanno dei curricula lunghi come autostrade che potrebbero andar bene per essere assunti dalla multinazionale Grillo&Casaleggio. Quasi tutti mentre erano all'università hanno fatto lavoretti - dal cameriere alla baby-sitter -, chi per non pesare sul bilancio familiare, quelli più fortunati per rivendicare la propria indipendenza, ma comunque consapevoli di dovercela fare da soli. Hanno fatto anni di gavetta e pelatura di patate, ma sono arrivati, hanno fatto carriera, "stimati professionisti", gente che si fa un culo così e non gli pesa perché ama il suo lavoro. Poi un giorno ti licenziano e non hai nemmeno la possibilità di andare in pensione, a causa del combinato disposto della stronzaggine del padrone - che ti ha assunto dopo averti sfruttato per anni senza contratto licenziandoti prima di maturare un minimo pensionabile - e del governo delle zucchine e dei cetrioli che innalza l'età pensionabile al giorno della morte, così la spending review avviene per cause naturali. E siccome, proprio come i giovani, è schizzinoso, lavativo e naturalmente "ciùùùùùùùsi", come dite voi nei salotti con le vostre bocche a culo di gallina mentre prendete il te delle cinque, dopo avere cercato un lavoro analogo al precedente - giusto per non gettare nel cesso anni di studio, letture, aggiornamenti e arricchimenti professionali - il Cinquanta&più comincia a scendere via via nella "scala sociale" dei lavori, perché l'aveva fatto da ragazzo e non se lo pone il problema di sporcarsi le mani con altro. Ma non trova niente comunque e gli va in pappa il cervello anche se era uno che prima aiutava gli altri a fare funzionare il loro di cervello. Faccia una cosa, signora minestrina alle zucchine, mentre va in fondo all'orto che le procura gioia e soddisfazione anche se non riesce a far crescere niente, come lei stessa ha ammesso, faccia finta che ci sono in giro dei giornalisti, attivi il cervello e ci pensi a questi professionisti che non sono meno competenti di lei ma non possono avere né la gioia né la soddisfazione di trovare un lavoro nemmeno per zappare la terra. Magari le sgorgano altre due lacrimucce con le quali innaffiare gli ortaggi e lavarsi la coscienza.

venerdì 9 novembre 2012

Fate la carità

Che i tagli alla Sanità del governo Monti abbiano già fatto una vittima? C'è un anziano signore pensionato che dice di non avere neppure i soldi per comprarsi le medicine per la bronchite. Ma sì, siamo buoni: facciamo una colletta, organizziamo una sottoscrizione, chiamiamo il banco alimentare e pure Gino Strada: vogliamo lasciare morire questo povero vecchio di fame e di tosse? Siamo o non siamo il Paese della carità e della solidarietà, delle beghine e dei baciapile? Come può un povero vecchio comprarsi le medicine con una pensione da poche centinaia di euro al mese? ......... Scusate, ci comunicano dalla regia che il signore in questione prende una pensione da giornalista (di quando i giornalisti venivano inquadrati con il contratto della Federazione della stampa e non come cococo, cocopro, cocoqualsiasicosa o persino metalmeccanici), addirittura da direttore che ha imperversato molto oltre il massimo pensionabile - ritirato dal lavoro a ottant'anni suonati che non riusciva a nascondere nemmeno con strati di cerone o con gli improbabili capelli rugginosi da vecchia checca - alla quale è facile immaginare si debbano sommare i diritti per i numerosi libri scritti e pubblicati grazie al suo padrone, oltre che la retribuzione proveniente dalla sua strenua attività di bottom licking del suddetto padrone. Ora, se lui i soldi se li è sputtanati in casini e casinò, scusate ma... "ar popolo?" Comunque, gli suggeriamo due strade per continuare a sbarcare il lunario: la prima è che si faccia dare anche lui dal bottom licked una paghetta da 2.500 euro al mese come le Olgettine; la seconda è che veda di accedere ai benefici della legge Bacchelli. Ne hanno usufruito persino pugili, cantanti e attrici, volete che la neghino a un buffone?