giovedì 27 settembre 2012

Sallusti e la nocciolina Ingroia

E ti pareva che alla fine della fiera il problema non era Antonio Ingroia. Insomma il martire della libertà di informazione, il quasi galeotto Alessandro Sallusti, nella sua invettiva corsiva di oggi sul Giornale, in cui come una ruspa se la prende con tutto e tutti all'insegna del piove governo ladro e non dimenticando di affermare con virile e fascistissimo orgoglio che in Italia "mancano le palle" (facendo intendere, per contrasto, che lui le ha) dopo la conferma del carcere da parte della Cassazione per avere scritto - lui o l'agente Betulla, o un prestanome (o chiunque sia ma, per piacere, abbiate il pudore di non avvicinare a Zola i vostri nomi e le vostre menti liberticide) - cose false oltre che infamanti a proposito della ragazzina tredicenne autorizzata ad abortire, ci fa sapere che non intende chiedere la grazia a Napolitano perché - sic - "nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi" e chiama in causa pure la ministra della giustizia Paola Severino, che "dovrà ora chiedersi se per caso non è colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama". Ecco, l'ha detto: gli scappava e non sapeva dove metterlo il nome di Ingroia, come quando stai guarnendo una torta e ti resta in mano l'ultima nocciolina e finché non trovi un buco in cui piazzarla non ti dai pace. E siccome spazio non ce n'è cominci a spostarle di un millimetro una per una finché la nocciolinaingroia non trova la sua collocazione. Anche a costo di mentire (ancora una volta, come sulla vicenda della ragazzina che secondo lui voleva diventare madre - ma che cazzo ne sai? - e sarebbe stata "costretta" ad abortire dalla mamma aguzzina, dal padre torturatore - peraltro ignaro di tutto - e dal giudice sicuramente comunista) sostenendo su Napolitano cose frutto della sua fantasia. Perché a parte che Napolitano ha firmato quasi tutte le leggi volute dal proprietario di Sallusti, quel signore a cui il giornalista non vuole chiedere la grazia è anche lo stesso che a Ingroia ha dato - metaforicamente - il colpo di grazia con quella vergogna del ricorso per lesa maestà. In una gara, per la verità, in cui le principali istituzioni sembrano voler prendere il primo premio e nella quale non si escludono colpi bassi per raggiungere l'obiettivo: dall'esilio (a vita?) fino al taccheggio di inchieste come quella per estorsione che riguarda Marcello dell'Utri. Sì, va bene: le questioni tecniche, la competenza territoriale, certo. Ma ti viene il sospettuccio che gli sia stata sfilata perché Berlusconi ha paura di Ingroia come il vampiro dell'aglio. E Sallusti in questo è in piena sintonia con il suo proprietario. Tutti e due hanno due chiodi fissi, la figa (con annessa virilità, per quanto chimica) e la fuga: da Ingroia e dai "suoi piccoli imitatori" che fanno il loro lavoro come si deve. P.S.: Comunque, io manderei in galera non solo Sallusti, ma tutti quelli che si permettono di sindacare su scelte che attengono al corpo, alla pelle e al cuore delle donne.

martedì 18 settembre 2012

Chiare, fresche e dolci acque

Io l'ho capito finalmente perché mi piace tanto andare al solarium comunale di Catania. Certo, la struttura non è il massimo del comfort (anzi, metafora di come è amministrata la città, compresi regolamenti di conti e discariche a cielo aperto, fa decisamente schifo) e il mare - con tutti gli scarichi fognari e la "munnizza" che arriva dai lidi - non è del genere che farebbe venire voglia a Petrarca di scriverci una poesia: il fatto però è che lì c'è l'umanità, quella vera. Ci sono quelli che hanno lavorato una vita per fare studiare i figli, ci sono i pensionabili che preferiscono restare al lavoro per aiutare figli grandi e disoccupati, ci sono quelli che sono stati messi in cassa integrazione e quelli licenziati per un capriccio del padrone, c'è chi sa bene cosa vuol dire morire di lavoro perché l'ultimo morto in cantiere non l'ha letto sui giornali ma era suo cugino. C'è Mario che chissà come si chiamava quand'era al suo paese, che parla in Italiano molto meglio del 90% dei catanesi e in mezzo ci mette pure un po' di dialetto, che di sé dice - parlando in seconda persona come i bambini piccoli - "non sai natari" (e ti viene un brivido a pensare che 12 anni fa, quando è arrivato qui, lo deve aver fatto come molti altri imbarcandosi su uno di quei gommoni già sgonfi destinati al naufragio), che quest'anno ha deciso che vuole imparare a "natari" e la mattina appena arriva fa il bagno attaccato alla scaletta, poi fa la doccia, si riveste di tutto punto e indossa la sua bancarella portatile: Mario ci viene anche se sa che non farà affari (non ne faceva nemmeno quando il solarium era pieno come un uovo, perché la crisi è più nera di lui e la gente non li compra più i braccialettini o i giochini da un euro che prima acquistava solo per fargli guadagnare qualcosa), ci viene anche adesso che siamo rimasti quattro gatti, per chiacchierare un po' con tutte quelle persone che lo considerano uno di famiglia e gli vogliono bene. C'è un signore anziano minuto e mite che legge L'Unità convinto che sia ancora "quel" giornale e non esita ad affrontare il paramafioso arrogante e aggressivo che vende bibite per rinfacciargli di non pagare le tasse, mentre lui le paga da quarantatre anni. C'è una signora che non dev'essere andata oltre la quinta elementare ma che capisce di economia molto di più di un inutile bocconiano governativo che non conosce la vita e ha un moto di raccapriccio al pensiero di Berlusconi che "ora torna e a 'bbessa iddu" (l'aggiusta lui) l'Italia dopo che l'ha distrutta e che quelli di ora hanno completato l'opera, e concorda con il signore suo coetaneo che dice "na vota c'erano Moro e Berlinguer, finiti 'iddi' è finito tutto" e gli spiega che Moro l'hanno ammazzato perché era una persona per bene e non aveva coperture, mentre "a chissu" (sempre quello che ora torna) non lo ammazzano perché ha le protezioni. La signora (e i suoi amici che ormai si danno appuntamento lì da anni tutti i giorni) ha ben chiaro il lavoro straordinario dei magistrati palermitani contro la mafia, sa bene che una porcata è una porcata anche se proviene da un monarca assoluto, sente perfettamente il puzzo di merda che promana dall'inciucio nazionale e quello di merda al quadrato di un'ammucchiata di ex mafiosi che si fanno antimafiosi ed ex antimafiosi che si fanno mafiosi. E ha un'idea precisa: "Questi partiti non lo meritano il voto pulito degli operai". Usa questa parola antica e démodée, ma preziosa: pulito. Sarà per questo che quelle del solarium a un certo punto appaiono come chiare, fresche e dolci acque. Adesso, però, ci vorrebbe che i pochi partiti i quali invece quel voto pulito lo meriterebbero imparassero come si fa a parlare con queste persone.

venerdì 14 settembre 2012

Procacciatori d'affari

Ieri, appena uscita la notizia della studentessa sedicenne dell'Istituto alberghiero di Palermo indotta a prostituirsi da due compagni e che fra i clienti aveva quattro insegnanti, il preside della scuola è andato su tutte le furie. Giusto, direte voi. No, perché il preside ha preso la mira e ha sparato, ma ha sbagliato obiettivo. Isterico, almeno a giudicare da quello che riportano le agenzie, si è lanciato in una difesa d'ufficio della sua scuola (che peraltro guida soltanto da due anni, mentre i fatti in questione risalgono a sei anni fa) e il problema principale, a quanto sembra, non è tanto quello che è successo ma il fatto che la notizia sia venuta fuori. "Il fatto è - ha tuonato Rosolino Aricò - che la scuola è stata gravemente danneggiata senza alcun motivo, per fatti che sono successi fuori" e poi ha aggiunto che nessuno ne sapeva nulla: "Ho chiesto a molti insegnanti se fossero a conoscenza della vicenda, ma non ho avuto riscontro". E ha concluso: "Se qualcosa è successo, è accaduto fuori e chi ha sbagliato pagherà. Spero però che l'immagine dell'istituto non venga distrutta da questo episodio increscioso". Preside, ma si rende conto di quello che sta dicendo? Una ragazzina indotta/costretta a prostituirsi lei la liquida come "episodio increscioso"? E, soprattutto, il suo problema è l'immagine del suo istituto? Ha forse paura che il suo istituto, figlio di una Scuola puttana finalizzata solo al profitto, perda clienti come una prostituta che non dà soddisfazioni? Lei, signor preside, non se ne può uscire con fatti accaduti fuori e magari prendersela con i giornalisti che hanno dato la notizia (e le assicuro che il mio non è gratuito patrocinio della casta: fosse per me, ne rimanderei il 90% in prima elementare a fare le aste). Se lei guidasse la sua scuola come un buon padre di famiglia, avrebbe dovuto mettersi pancia a terra a scovarli e poi prenderli personalmente a calci in culo i quattro porci che hanno violentato una ragazzina e gli altri che probabilmente li coprono. Ma, appunto, uno dei problemi della scuola italiana è l'aver ridotto i presidi a procacciatori d'affari. Gli hanno fatto credere di essere "manager" e invece sono schiavi.

mercoledì 12 settembre 2012

Un piccolo conguaglio e la Fornero in cambio dell'Alcoa

Capita che uno, dopo tanti anni che paga l'affitto di casa a fondo perduto, abbia voglia di non buttare più i soldi dalla finestra e di comprarselo quell'appartamento dove magari ha fatto pure delle migliorie: perché ci si è affezionato e ci sta bene. A volte è previsto nel contratto di locazione che dopo un certo numero di anni la casa si può riscattare, altre uno ci prova: fa un'offerta al proprietario e quello, perché ha un investimento da fare altrove o semplicemente perché ha voglia di fare il viaggio che ha sempre sognato, accetta. Ora lo Stato italiano negli anni ha riempito di miliardate di lire e milionate di euro la Alcoa (come la Fiat), che però sono come quei padroni di casa stronzi e anche un po' lestofanti che non solo si rifiutano di riparare il tetto e ti lasciano piovere dentro casa ma magari si fanno pure dare i contributi per una ristrutturazione che non fanno e i soldi se li mettono in tasca. Siccome da soli non ci arrivano, essendo tecnicamente inetti, forse è il caso di suggerirglielo: fategli un'offerta, rilevatele voi queste aziende di parassiti che si sono arricchiti con i nostri soldi - e ora, come da copione, scappano - e rilanciatele. Visto che l'avete (e l'abbiamo) pagata per anni questa casa senza abitarla, forse ora è il caso di riprendercela: l'Alcoa, come la Fiat, come tutte le altre per le quali abbiamo fatto ponti (d'oro) e autostrade e che adesso pisciano dove mangiano. Io non sono un tecnico e di economia non ci capisco un tubo (ma nemmeno voi, però: altrimenti non avreste fatto tutto il danno che avete fatto in meno di un anno che siete al governo), ma - dal momento che lo fate voi - rivendico il mio diritto a dire la mia cazzata quotidiana (anche perché almeno io le produco in proprio e non perché me lo chiede l'Europa) e vi dico che a naso sono convinta che così lo Stato i soldi che ci ha messo li riprenderebbe in poco tempo e i posti di lavoro dei lavoratori diventati dipendenti statali non andrebbero perduti. Purché però a gestire l'azienda non vadano i supermanager, ma i lavoratori. A meno che la Fornero non decida che i lavoratori, in quanto tali, vanno sterminati tutti senza pietà perché pretendono - ohibò! - di lavorare e persino di essere pagati. Anzi, per non correre rischi, fate così: nel piatto, oltre al conguaglio (minimo, perché gliene abbiamo dati fin troppi di soldi), metteteci pure lei: che se la portino in America. Magari si fidanza con Marchionne e abbiamo qualche speranza che nessuno dei due torni più in Italia.

lunedì 10 settembre 2012

B. e la prova costume

Facciamo un esempio: io (e milioni di persone normali, immagino) se devo fare un discorso in pubblico mi metto alla scrivania, libri, matite per sottolineare, evidenziatore per fotocopie, ricerca su Internet, un foglietto sul quale annotare spunti di ricerca; scrivo, limo, sistemo, rileggo a voce alta e possibilmente faccio ascoltare a voce alta (sì, Flaubert mi ha fatto male). Lo stesso immagino - con tempi più o meno brevi - fa l'economista prima di un convegno, il professore universitario e perfino il più strafottente degli studenti. Prima di una prova la gente normale fa così, almeno quattro appunti li prendi, anche sei uno avvezzo a parlare in pubblico. Lui no. Lui si prepara per la prova, ma per la prova costume. Lui sarebbe il vecchio porco sparito improvvisamente (ma non scomparso, ahinoi) qualche giorno fa, del quale si è appreso che se n'è andato in vacanza per prepararsi alla grande rentrée, in vista della quale deve perdere otto chili. A parte che - otto chili in più o otto chili in meno - sempre un cesso resta dal punto di vista fisico (e anche da quello politico) e se anche fosse l'unico uomo sulla faccia della terra sarebbe preferibile darsi al bricolage, la domanda è: perché uno ha bisogno di perdere chili per governare un paese? E poi che bisogno c'è di andarsene in Kenya ospite di un pappone coatto che sembra uscito da una sceneggiatura di Verdone? La gran parte degli italiani, costretta a perdere chili per la povertà in cui ci ha gettati il suo governo e poi quello del pupazzo delle banche, se il requisito è quello dei chili perduti, saprebbe benissimo come governare. Anche perché quella degli italiani è fame vera. La sua è più voglia di qualcosa di buono. O di bbona, visto che in base alle cronache il vecchio porco passerebbe la gran parte della giornata dentro un centro benessere. Confondendo la "ripassata" con il ripasso a cui ciascuno dovrebbe sottoporsi prima di una prova importante.