lunedì 10 settembre 2012
B. e la prova costume
Facciamo un esempio: io (e milioni di persone normali, immagino) se devo fare un discorso in pubblico mi metto alla scrivania, libri, matite per sottolineare, evidenziatore per fotocopie, ricerca su Internet, un foglietto sul quale annotare spunti di ricerca; scrivo, limo, sistemo, rileggo a voce alta e possibilmente faccio ascoltare a voce alta (sì, Flaubert mi ha fatto male). Lo stesso immagino - con tempi più o meno brevi - fa l'economista prima di un convegno, il professore universitario e perfino il più strafottente degli studenti. Prima di una prova la gente normale fa così, almeno quattro appunti li prendi, anche sei uno avvezzo a parlare in pubblico.
Lui no. Lui si prepara per la prova, ma per la prova costume. Lui sarebbe il vecchio porco sparito improvvisamente (ma non scomparso, ahinoi) qualche giorno fa, del quale si è appreso che se n'è andato in vacanza per prepararsi alla grande rentrée, in vista della quale deve perdere otto chili. A parte che - otto chili in più o otto chili in meno - sempre un cesso resta dal punto di vista fisico (e anche da quello politico) e se anche fosse l'unico uomo sulla faccia della terra sarebbe preferibile darsi al bricolage, la domanda è: perché uno ha bisogno di perdere chili per governare un paese? E poi che bisogno c'è di andarsene in Kenya ospite di un pappone coatto che sembra uscito da una sceneggiatura di Verdone? La gran parte degli italiani, costretta a perdere chili per la povertà in cui ci ha gettati il suo governo e poi quello del pupazzo delle banche, se il requisito è quello dei chili perduti, saprebbe benissimo come governare. Anche perché quella degli italiani è fame vera. La sua è più voglia di qualcosa di buono.
O di bbona, visto che in base alle cronache il vecchio porco passerebbe la gran parte della giornata dentro un centro benessere. Confondendo la "ripassata" con il ripasso a cui ciascuno dovrebbe sottoporsi prima di una prova importante.
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