domenica 30 giugno 2013
Fantasmi
Certi servizi giornalistici mi fanno venire voglia di menare le mani. Arriva il momento delle feste dei cattolici o delle grandi vacanze estive e la questione esistenziale sembra sia pandoro o panettone, albergo a cinque o a quattro stelle, viaggio di dieci giorni o di una settimana. Con immancabile intervista alla signora che fa la spesa, a proposito del menu natalizio o del pacchetto vacanze con lamentele da copione del tipo "ehi, sì, quest'anno dovremo fare a meno del caviale" oppure "abbiamo dovuto rinunciare al viaggio in Marocco e ci dovremo accontentare di una decina di giorni a Ischia".
E che sarà mai signora mia se imparate a limitare un po' la vostra inutilità bulimica!
Stamattina ne ho sentito uno (e non al Tg1 o in uno dei tg berlusconiani, ma in una radio di sinistra) a proposito delle conseguenze della crisi sulle vacanze degli italiani: consueto piagnisteo sulle famiglie costrette a fare la "spending review" sulle vacanze e a rinunciare agli alberghi optando per camper e roulottes, mentre i ragazzi dovranno accontentarsi della tenda.
Prima considerazione: per i più giovani la tenda è una soluzione divertentissima e poi (a rischio di dire cose impopolari in questo mondo in cui i padri spingono le figlie a farsela con un maniaco sessuale miliardario), sapete, non è così male se imparano a cavarsela da soli, dandosi una martellata su un dito mentre piantano un paletto o finendo in pasto ai pappataci da camping o - perfino! - se si lavano le pentole da soli.
Seconda considerazione: fermo restando che l'Italia intera è nella merda, perché tutti (tutti quelli che hanno un lavoro, però) devono fare i conti con stipendi bassi, assunzione in nero, rischio di licenziamento o cassa integrazione, sensazione costante di precarietà, comunque non capisco perché non si parli affatto di quelli che almeno una certezza - la certezza di non poter fare nemmeno una vacanza di un giorno - ce l'hanno, e cioè disoccupati e pensionati a 400 euro al mese.
Quelli al supermercato non li trovi per intervistarli sulle spese del cenone né si pongono il problema di dove e come fare le vacanze. Semplicemente non le fanno. Al più, se hanno la fortuna di vivere in una città di mare, li trovi a squagliarsi alla fermata dell'autobus in attesa di raggiungere la spiaggia più vicina. E poi c'è un'altra "sottocategoria": quelli che da casa non escono più, già immersi irreversibilmente in uno spleen nient'affatto letterario, e forse il giorno che ne usciranno sarà per fare un tuffo fra gli scogli. Ma non sarà divertente.
Questi non ci sono nei servizi giornalistici sulle vacanze, come fossero fantasmi. Appaiono una volta ogni tre mesi: dati statistici che servono a confezionare un bel reportage riferendo i commenti indignati e dei sindacati e gli improbabili impegni governativi per il rilancio dell'occupazione. Ma sono solo numeri: nessuno li vede, nessuno li intervista, nessuno vuole rischiare di farsi rovinare le vacanze da chi ormai vive perennemente in vacanza dalla vita.
Per loro soltanto un servizio trimestrale sui dati della disoccupazione. Poi spariscono di nuovo. Fantasmi che non fanno notizia, perché non fanno girare l'economia. Ma forse sarebbe più corretto dire che è l'economia che non fa girare loro.
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