mercoledì 17 luglio 2013
Fra il letto e il soffitto
Oggi ho incontrato un disoccupato. Certo, non è una notizia: i panda, gli esemplari rari in via di estinzione sono gli occupati. La notizia sarebbe incontrare uno che il lavoro ce l'ha; ma i disoccupati oggi te li tirano dietro come la frutta al mercato all'ora di chiusura.
Il fatto è che ci ho parlato. E nemmeno questa è una notizia. Perché, a meno di essere muti, visto che gli occupati non esistono più, è un dato oggettivo trovarsi a parlare con gli unici che popolano il mondo. Però abbiamo parlato di stati d'animo.
Ogni tanto bisognerebbe fermarsi a parlare con un disoccupato, ascoltarlo, sentire quello che ha dentro e non dice. Ti intrattieni a conversare del più e del meno e all'improvviso la sofferenza emerge come un germoglio dalla terra. Argomento banale, le vacanze, quello che impone l'attualità.
"Vacanze? Ma lo sai quanti anni sono che non ci vado?"
E comincia a raccontarti le sue giornate. Alcune incredibilmente piene, una frenesia di cose da fare, dieci-dodici ore senza sosta - "Almeno una volta c'era il badge che ti costringeva ad occuparti di te; adesso se mi fermo cinque minuti mi sento in colpa" - per illudersi di essere vivo; altre insopportabilmente vuote. Racconta di strade solcate a passo svelto per fingersi impegnato, per prendere a calci l'ennesima inutile giornata e cacciarla via. Ti racconta dell'amico che lo incontra e gli chiede: "Sei ancora a spasso?" A spasso, come se fosse un diletto. I giardinetti, le automobiline e il gelato in premio al bambino, se ha fatto il bravo. Come se chiamare con un termine infantile quel tumore che ti corrode lo rendesse meno invasivo. Poi c'è quell'altro amico che finalmente ti becca al cellulare dopo averti cercato invano a casa e ti chiede se sei "in ferie". Lo sa bene che sei in ferie forzate e perenni, ma non disdegna di conficcare la sua lama nella ferita.
"Non so se fosse consapevole delle sue parole - mi ha detto dopo essere rimasto per un po' in silenzio -, se il suo fosse sadismo o uno stupido modo di fare ironia. Ma avevo una gran voglia di prenderlo a pugni".
Mi ha spiegato di non avere avuto nemmeno la forza di reagire: se n'è tornato a casa e si è rannicchiato sul letto. "Però - mi ha confidato - più che sopra avrei voluto stare sotto: mi fa paura tutta quella distanza fra il letto e il soffitto, tutto quel vuoto da riempire. Meglio sotto".
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