In principio fu il premio Giuseppe Prisco. Cioè, il calcio d'inizio alla palla dello scandalo o al pallone della discordia - scegliete voi - fu dato dalla divulgazione dei nomi dei candidati al riconoscimento "alla lealtà, alla correttezza e alla simpatia sportiva" intitolato appunto all'ex vicepresidente dell'Inter.
Tralascio le considerazioni sull'inopportunità di intitolare un premio in cui si parla di lealtà e correttezza a uno su cui comunque pesa l'ombra di essere rimasto invischiato (condannato in primo grado, assolto in appello) negli affari illeciti del Banco Abrosiano; tralascio le considerazioni sull'opportunità (utopistica e che il mondo del calcio si guarderà bene dal prendere in considerazione) di istituire invece un premio per quei calciatori che non evaderanno le tasse e i soldi ricavati li useranno per andare a imparare l'italiano; tralascio il giudizio su mondo del calcio, proprietari di squadre, allenatori, giocatori e tifosi altrimenti mi querelano. Vengo al dunque. Dunque: la rosa dei finalisti è divisa in tre terne, una per i dirigenti delle squadre, la seconda per gli allenatori, l'ultima per i calciatori.
Il casino è scoppiato qualche giorno fa quando i tifosi del Chieti hanno saputo che fra i tre allenatori in lizza c'era quello della squadra "nemica" del Pescara, Zdenek Zeman. E siccome la cerimonia di premiazione avverrà proprio nella loro città, hanno cominciato a protestare con frasi del genere "Zeman a Chieti non lo vogliamo" o "Basta con quest'ondata di pescaresità" e minchiate simili che possono essere partorite soltanto dai cervelli (cervelli?) dei malati di calcio. Poteva finire qui, con la testadicazzesità degli ultras; e magari uno pensava che un'Autorità di buon senso, per esempio un sindaco, avrebbe stigmatizzato - come si dice in questi casi - l'episodio di intolleranza e preso le distanze.
Ma siccome ogni sindaco ha i cittadini che si merita e di solito fra il 51 e il 75% dei cittadini ha il sindaco che si è meritato e si è scelto, il primo cittadino di Chieti, Umberto Di Primio - Pdl con un "cursus honorum" da "curva" della politica dal momento che parte dal Msi-Dn, eletto al primo turno nel 2010 con il 61,4% dei voti -, ci ha messo il carico: "Io non premio un mezzo rom". E che ti potevi aspettare da uno squadrista?
Insomma Zeman ha risposto, dandogli dell'ignorante e facendogli fare la figura di merda che si meritava, e Di Primo non ha potuto far altro che innestare la retromarcia (mi ricorda qualcuno: non l'ho detto, sono stato frainteso, tutta invenzione dei giornalisti...) e scusarsi. Ma la pezza è stata peggiore del buco: era solo "una battuta" dettata dalla sua "fede juventina" .
Che il calcio sia l'oppio dei popoli lo sapevamo già ed era stato anche sancito ufficialmente nel 1970 con una frase pronunciata da un personaggio del film "Il presidente del Borgorosso football club" (presidente interpretato da Alberto Sordi e che, chissà perché, si chiamava Benito), ma sembra che adesso questa cosiddetta "fede" serva pure a giustificare guerre di religione e razzismo da parte di qualche mezzo uomo (non se la prenderà, dal momento che per lui Zeman non è nemmeno un rom intero) nostalgico della razza ariana
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