Metti che un giorno devi andare da Catania a Tremestieri etneo e non hai la macchina. E' considerato quasi Catania, meno di nove chilometri di distanza, in un posto normale ti ci porterebbero gli autobus dell'azienda municipale. E non è questo il caso. E comunque è una distanza che con qualunque mezzo si potrebbe raggiungere al massimo in mezz'ora. Cerchi su Internet per vedere quale delle aziende regionali copra la tratta; ce n'è una - è l'Ast - ma la tabella degli orari è totalmente incomprensibile. Decidi di telefonare per avere informazioni: ovviamente non risponde nessuno. Ti incammini verso la stazione degli autobus: qualcuno mi dirà qualcosa. In effetti sì: alla biglietteria di un'altra società di trasporti mi confermano che a Tremestieri ci si va con l'Ast e che il terminal (parola grossa: è un parcheggio alla trucida in perfetto stile catanese) si trova dall'altra parte. Nessuna biglietteria e nessuno sportello per informazioni, sulle palettine davanti alle quali è fermo ciascun mezzo non c'è né direzione né - ma quante pretese! - una tabella con gli orari: c'è scritto solo Ast, tutto sbiadito. Comincio lo slalom fra i pullman alla ricerca di un autista che mi sappia dare qualche informazione. Alla fine ce n'è uno, seduto al posto di guida: "Scusi , dove si prende l'autobus per Tremestieri?" Omertoso e sintetico, senza muovere un muscolo: "Qui". Allora gli faccio un'altra domanda: "Ma è questo?". Affaticassimo, ripete il monosillabo e fa lo sforzo di accompagnare la parola con un movimento circolare del dito indice. Credo che intenda "in questa piazza". Di più, spontaneamente, non dice. Lo incalzo: "Ma i biglietti dove si comprano?". Ti indica un bar in lontananza. La cassiera i biglietti li vende, ma gli orari non li sa. Però è più loquace e ti spiega - stupita - che l'ufficio informazioni è aperto: in una traversa più in là. Sto già girando a vuoto da mezz'ora e comincio a pensare che se ci vado a piedi a Tremestieri, faccio prima. Il cosiddetto "ufficio informazioni" è una stanza buia in cui domina il grigio: grigi di "lurdìa" i pavimenti, grigie di secolare fumo di sigaretta le pareti, grigi gli astanti: quattro anziani genere dopolavoro che ciolleggiano (voce del verbo ciolleggiare, ciddiari, che tradurrei liberamente con un "ciondolare inutilmente come una minchia a riposo") su una panca e un quinto dietro una scrivania che tiene in mano dei fogli completamente consumati che sembrano rosicchiati dai topi: dovrebbe essere l'orario dei pullman. Chiedo. Mi dice a che ora parte il primo. E poi? Mi dice il secondo. E poi? Mi dice il terzo. Fra poco gli do un pugno. E poi? Una domanda, una risposta. Dirli tutti in una volta costa troppa fatica. Arrivo stremata a conoscere l'ora di partenza che mi potrebbe far comodo. "E quanto impiega?". Un'oretta. Cazzo, che significa un'oretta? O è un'ora o sono cinquanta minuti, cinquantacinque, sessantacinque. Cos'è un'oretta? Che sia almeno un'ora e mezza tendente a due, alla catanese? E metti che, dovendo andare per lavoro, avrei bisogno di sapere con precisione a che ora arriverò? Ciolleggio dissuasivo. Rinuncio.
E mi viene il sospetto che abbiano una convenzione a percentuale per incentivare l'uso delle auto e lo spreco di benzina. Ma la verità è che, a quanto sembra, la Regione avrebbe deciso di farla fallire l'Ast - sua partecipata al 100% - per svenderla ai privati. Dunque: licenziamenti, dipendenti demotivati, vetture vecchie che si rompono a metà strada, nessun ammodernamento, disservizi. Evviva la Sicilia, terra di sole, di mare e di turismo!
Nessun commento:
Posta un commento