Oggi vorrei esprimere tutta la mia solidarietà all'albero di natale. Perché all'albero di natale e perché proprio oggi? Perché lui è come noi. Come noi donne, intendo: a un certo punto lo prendono, lo mettono in salotto, gli spiegano che è festa, ci appendono sopra un po' di palle e un po' di lucine e quando finisce la festa lo prendono e lo buttano nel cassonetto. Se è un albero vero. Se invece è di plastica lo impacchettano e lo mettono in garage, comunque in un luogo buio. Come fanno con le donne di plastica. Però gli dicono che è festa: lo dicono all'albero e lo dicono alle donne. E' festa: compriamo, spendiamo, ingozziamoci, diamo sfogo a tutta la volgarità repressa, fingiamo buoni sentimenti - magari con lenzuolate di statistiche che ci spiegano per quanti alberi e per quanti poveri il natale non è un bel giorno o per quante donne non c'è lavoro e non c'è rispetto - e poi rimettiamo tutto in garage per riparlarne fra un anno esatto. E' così che vuole il mercato.
Per me l'8 marzo non è festa: è giornata di lotta e di lutto. Lutto per le operaie ammazzate in fabbrica dal padrone oltre cento anni fa e per le precarie (e i loro colleghi precari) dipendenti di un negozio di Milano dove se sbagliano, per punizione, i maschi sono condannati a fare le flessioni e le femmine a eseguire esercizi per rinforzare i glutei (è solo questo che interessa ai maschi, no?); lutto per la dignità uccisa sul nascere di ragazzine allevate a McDonald e Mediaset che infatti stasera crederanno di dover "festeggiare" andando a vedere i maschi che fanno lo strip tease; lutto per Stefania e le altre, tutte le altre, un numero sconvolgente, scannate come animali al macello dagli stessi uomini che l'8 marzo hanno regalato loro le mimose.
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