I lavoratori nemmeno li hanno invitati; e neppure i loro rappresentanti sindacali. Come se in gioco non ci fosse la loro vita e quella delle loro famiglie. Poi una telefonata secca - come quella che qualche giorno fa, mentre erano al lavoro, gli annunciava che stavano per partire le lettere di licenziamento - per dire che la decisione era presa e non si tornava indietro.
Stamattina a Reggio Calabria, nella sede dell'Agenzia nazionale dei Beni confiscati, c'era la riunione per decidere del destino della Riela group, l'azienda di trasporti di Belpasso della famiglia legata al clan Santapaola e gestita dallo Stato che oggi si trova a dover fare fronte a un debito di sette milioni di euro nei confronti dei vecchi proprietari, mai rassegnati alla perdita del loro "bene" mafioso che negli anni hanno fatto di tutto per riprenderselo, dalle intimidazioni fino alla costituzione di un Consorzio che oggi è, appunto, creditore del Demanio.
Sembra che non abbiano perso nemmeno troppo tempo a discuterne: decisione presa e basta. La Riela chiude, i lavoratori vanno a casa.
Con la complice indifferenza e oggi anche con il silenzio agghiacciante di chi avrebbe dovuto fare di tutto per segnare un punto a favore dello Stato e contro la mafia: solite finte riunioni istituzionali, soliti impegni sulla carta, solite solidarietà pelose. Mentre i lavoratori ci credevano in quello che non era "soltanto" un posto di lavoro e il futuro per se stessi e per i loro figli, ma soprattutto un simbolo in questa terra a cui manca il respiro. Ci credevano talmente tanto che stringevano i denti persino davanti agli stipendi che da mesi non arrivavano. Loro ci andavano lo stesso a lavorare, a loro spese, come se quell'attività gli appartenesse e se il loro fosse un investimento.
Non avevano orari, quei lavoratori, non avevano sabati e domeniche: arrivavi lì la mattina presto e chissà quando ne uscivi, alle nove, alle dieci di sera; non facevi in tempo a sederti a tavola - per una cena già posticipata di due ore - che squillava il telefono: c'era un camion che aveva problemi, c'era della merce da caricare o da scaricare urgentemente. E uscivi di nuovo: nemmeno il tempo di parlare con tua moglie, nemmeno il tempo di chiedere a tua figlia a che punto fosse con la preparazione del nuovo esame universitario. Che chissà se potrà ancora esserci, perché le tasse per l'Università sono insostenibili per chi non ha più uno stipendio nemmeno per mangiare.
Oggi la mafia ha vinto e a farla vincere ha contribuito lo Stato: quello che chissà perché ci ostiniamo ancora a scrivere con la maiuscola, questa Repubblica fondata sulla disoccupazione in cui gli uomini sono merci, esattamente come una cassetta di arance da trasportare dalla Sicilia in Nord Italia che, se arrivano marce, si prendono e si buttano via.
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