martedì 29 novembre 2011

Caro Signor Maestro

Chissà che non ci voglia davvero un maestro. L'ultimo allarme lo ha lanciato ieri da Firenze il linguista Tullio De Mauro: "Il 71% della popolazione si trova al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà: il 5% non è neppure in grado di decifrare lettere e cifre, un altro 33% sa leggere, ma riesce a decifrare solo testi di primo livello su una scala di cinque ed è a forte rischio di regressione nell'analfabetismo, un ulteriore 33% si ferma a testi di secondo livello. Non più del 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana".
A stretto giro di posta, nella serata di ieri, è arrivata la nomina a sottosegretario all'Istruzione di Marco Rossi-Doria, maestro elementare appunto. Un balzo in avanti alla velocità dei neutrini, se si pensa che siamo appena usciti dal tunnel di un ministro privo di neuroni sotto la cui "egìda" e senza nemmeno la necessità di sottoporsi a complicate e costose operazioni le carceri hanno cambiato sesso.
Forse ci vuole davvero un maestro, un esercito di maestri, per azzerare tutta l'ignoranza colpevolmente alimentata nell'ultimo ventennio, durante il quale a dirigere i Tg sono stati mandati i più servi, perché inducessero in confusione lo spettatore, facendogli credere che uno è stato assolto e dunque era innocente e non prescritto e dunque era colpevole ma grazie ai suoi poteri è riuscito a far perdere ai giudici tanto di quel tempo che il suo processo se n'è andato a puttane. Un ventennio che ha prodotto giochi per bambini nei quali la parola infliggere significa togliere. Sicché non è improbabile che un giorno, quando finalmente un Tribunale riuscirà ad infliggere a Berlusconi un bel meritato ventennio di galera, quei bambini diventati grandi potranno pensare che i vent'anni glieli hanno tolti e che dunque, ancora una volta, era innocente. Un ventennio durante il quale abbiamo chiamato onorevole persino il figlio di Frankenstein, il picchiatore fascista che usa il congiuntivo imperfetto al posto del congiuntivo presente (traducendo dal suo romanesco "annassero" o "facessero" e facendoti venire voglia, già solo per questo, di dirgli gentilmente e correttamente: "vada, vada affanculo, almeno fino a che non avrà imparato a parlare l'italiano!"). Un ventennio durante il quale non solo le pubblicità ma i giornalisti e gli scrittori hanno cominciato a dire "più estremo" senza che nessuno abbia un sussulto o che gli vengano le bolle su tutto il corpo. Un ventennio durante il quale l'impomatato dei sondaggi ha dato significato assoluto all'avverbio "assolutamente", usato non come rafforzativo ma in sostituzione di un sì o di un no: così uno fa una domanda, l'altro risponde "assolutamente" e il primo resta tutto il giorno come un coglione a chiedersi se volesse dire sì o no.
Ecco, signor maestro Rossi-Doria, anche se non è la cosa più importante, potrebbe cominciare con l'eliminarlo. No, non l'avverbio: potrebbe eliminare l'impomatato Masia dai Tg. Magari potrebbe mandarlo a fare la pubblicità della brillantina Linetti. Poi potrebbe fare un decreto per impedire a Gasparri di parlare se non dopo aver frequentato di nuovo tutto il ciclo delle scuole elementari. Infine potrebbe istituire una commissione (una specie di censura, ma linguistica) che esamini gli spot pubblicitari e ne vieti la messa in onda se contengono errori di italiano (ma pure di francese: sono più di cinquant'anni che sento pronunciare la t finale di Fernet e che mi si accappona la pelle!). Perché, vede caro maestro, ho come il vago sospetto che in questo Paese l'ignoranza la si voglia alimentare e non combattere perché serve ad allevare sudditi silenziosi e rassegnati. E la pubblicità è uno strumento eccelso in questo senso.
Succede proprio per questo che "Non più del 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l'uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana". Se ci fa caso, è a occhio e croce la stessa percentuale di persone che votano consapevolmente e non per l'amico, "per la persona" o per il favore.
Poi però - ma forse è meglio prima - faccia sedere sui banchi di scuola i suoi colleghi ministri e viceministri e spieghi loro che lavoro non significa favore, che pensione non è uguale a regalo generoso, che salario non vuol dire privilegio e che il significato di diritto non può che essere diritto, perché c'è gente che c'è morta nei secoli per conquistare i diritti.
Altrimenti c'è il rischio che gli Italiani - quelli per bene: quelli che sanno perfettamente come la parola lavoro si accompagni indissolubilmente al termine dignità, quelli che non fanno i furbi, quelli che non evadono il fisco, quelli ai quali questo nuovo governo con la scusa della crisi vuole sottrarre i diritti - si rivolgano a voi non con un gasparriano congiuntivo trasteverino né con un più corretto e cortese congiuntivo presente, ma vi ci mandino con un perentorio imperativo categorico.

P.S.: Caro Signor Maestro, nello stesso giorno dell'allarme lanciato da De Mauro e della sua nomina, è successa una terza cosa importante: sono morti (uno consapevolmente, forse perché non ne poteva più di un mondo governato dalle banche che calpesta i diritti dei lavoratori) tre grandi intellettuali italiani. Faccia in modo che la loro morte non sia stata vana.

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