martedì 8 novembre 2011

Legalità formale e illegalità sostanziale


Alcune settimane fa a Catania ho visto una famigliola tradizionale - padre, madre e due bambini - su uno scooter: rigorosamente senza casco, i quattro passavano sotto il naso poco vigile di un vigile che si guardava bene dal far notare loro che stavano commettendo un grappolo di infrazioni. E in realtà è una scena che si ripete quotidianamente a Catania quella degli scooteristi farciti di bambini e dei vigili romantici che - quando ci sono - guardano le stelle.
Qualche giorno dopo, sempre a Catania, ho visto un ragazzo e una ragazza sfrecciare allegramente con la loro Vespa senza arrestarsi per far passare i pedoni sulle strisce pedonali: con loro c'era anche il cane e nessuno dei tre, naturalmente, aveva il casco né si vedeva un vigile urbano nel raggio di un chilometro.
Ieri - ancora a Catania - percorrevo a piedi, con il carrellino della spesa, il tratto (un trattino tipografico, più che altro, date le dimensioni) di pista ciclabile e pedonale che collega piazza Spirito Santo a via Paternò. Arrivata alla fine, la scivola era bloccata da due auto in sosta che lasciavano appena lo spazio per il passaggio di un bambino di circa nove anni che non si nutra da MacDonald. E per fortuna le mie misure sono più o meno quelle: mi sono messa un po' in obliquo, ho sollevato il carrellino e, alla meno peggio, sono riuscita a passare. Dopo di che mi sono messa à la recherche du flic perdu. Ricerca assolutamente vana.
Tutti i giorni, costretta a scendere dal marciapiede per una ragione qualunque - il più delle volte perché sul marciapiede c'è un'auto posteggiata oppure perché ho fretta e non posso reggere il ritmo da "vara di Sant'Aita", cioè ondulatorio e sussultorio ma con calma e sur place, connaturato nei miei fancazzisti concittadini - mi ritrovo a camminare esattamente al centro della carreggiata, sentendomi come il protagonista di un videogioco che deve attraversare l'autostrada senza ridursi a un sammarzano maturo, perché ci sono almeno tre file di vetture parcheggiate e questo spesso sotto l'occhio amorevole dei rarissimi vigili e dei cosiddetti ausiliari del traffico.
Dopo di che, mi imbatto nella risposta sul giornale locale data dall'assessore comunale alla Polizia municipale, Massimo Pesce, alla lettera di un lettore che segnalava proprio il fenomeno dei genitori che vanno in moto senza casco e non si curano di metterlo ai loro figli piccoli. Secondo una linea condivisa con il suo sindaco visionario, che continua a parlare di una città perfetta che vede solo lui, anche Pesce parla d'altro. E svia il discorso svolgendo un temino preconfezionato in cui riferisce il dato nazionale di incidenti stradali, dettagliato per morti e feriti, scende nel particolare chiarendo quanti sono stati a Catania, fa una lezioncina sulla "assoluta necessità di coltivare ed incentivare la cultura della sicurezza e della legalità" e sull'educazione "all'uso di questo importante strumento di protezione personale" (il casco), racconta di "numerose" pattuglie di Polizia municipale (che ha visto solo lui), distingue fra repressione e prevenzione e, quanto a quest'ultima, si profonde in una mezza paginetta da depliant elettorale e, come Svicolone, svicola tutto a mancina favoleggiando di "interventi formativi" nelle scuole e in particolare del progetto "A scuola col casco", "rivolto agli studenti dai 13 ai 17 anni con il quale si costituirà presso l'Assessorato alla P.M. un Osservatorio per l'educazione stradale e la sicurezza e si svolgeranno nelle scuole dei corsi mirati alla informazione e alla trasmissione delle regole". Ora, a parte che l'assessore - come si può notare facilmente - usa il tempo futuro, tipico delle campagne elettorali, forse sarebbe il caso di fargli notare che è andato fuori tema perché va bene educare gli adolescenti all'uso del casco, ma il lettore poneva un'altra questione: cioè quella dei bambini vittime dei loro genitori arroganti e impuniti (e, in quanto tali, realisticamente elettori di destra) e dei vigili "impunenti" e, anzi, direi proprio strafottenti.
Per finire, stamattina ho fotografato un tombino. Direte: e che c'entra? C'entra. Perché Catania è piena di tombini che non si puliscono da tanto di quel tempo da essere cementati e molti lo sono perché le varie autofficine disseminate nel centro della città non trovano di meglio che scaricare olii proprio nei tombini. Con il risultato che questo impasto di acqua, olio, polvere, sporcizia di ogni tipo e cenere vulcanica li rende assolutamente impermeabili alla pioggia. Ovviamente nessuno si prende la briga di spiegare ai meccanici che quello che fanno è illegale e nessuno si cura di fargli capire che c'è un nesso fra quei tombini cementati e il fatto che loro sono costretti a chiudere e quindi a non guadagnare quando la strada diventa un fiume e le loro officine si allagano. Per non parlare del fatto che ci vuole niente che finisca come a Genova o come al Villaggio Santa Maria Goretti.
Però il quarto di sindaco, Raffaele Stancanelli, nella sua surreale campagna elettorale - dal comizio davanti al consiglio comunale convocato per comunicare che non si dimetteva da primo cittadino, perché non ha ancora completato la devastazione di Catania e lui quando intraprende un compito vuole portarlo fino in fondo (al baratro), ai continui proclami attraverso i fogli di regime o il suo autarchico blog - non fa che ripetere quasi ossessivamente il racconto delle sue presunte azioni contro l'illegalità.
Non so com'è, ma se penso al sindaco Stancanelli imputato coatto dell'inchiesta sulla cricca dei Servizi sociali; se penso all'ex assessore regionale alle Politiche sociali Stancanelli indagato per abuso d'ufficio per nomine irregolari in commissioni aggiudicatrici di gare d'appalto; se penso al primo cittadino di Catania Stancanelli coinvolto con tutta la sua giunta nell'inchiesta per falso ideologico e abuso d'ufficio per un aumento illegale di ore di lavoro riguardante circa quattrocento dipendenti comunali; se penso all'ex assessore regionale agli Enti locali Stancanelli che non vigilò sull'operato dell'allora sindaco di Catania Scapagnini lasciando che venissero svuotate le casse comunali e raschiato ben oltre il fondo del barile; se penso all'ex cognato ma sempre fedele dipendente di Raffaele Lombardo (il datore di lavoro di molti, che si fa dare voti dai mafiosi ma secondo l'ormai formalmente ex procuratore capo di Catania non va processato per mafia) Stancanelli; se penso al borgomastro Stancanelli che si riempie la bocca di legalità, magari per aver fatto cacciare a pedate qualche immigrato e la sua bancarella di cianfrusaglie, non so com'è ma mi ronza in testa una frase letta nel libro "Globalmafia" di Giuseppe Carlo Marino: "...l'appello enfatico alla legalità formale è spesso uno specchietto per le allodole usato...da regimi intrisi di illegalità sostanziale".

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