Se Adriano Celentano non fosse un ingenuo cronico – che, dunque, non può avere contezza delle responsabilità che si assume un “personaggio pubblico” quando esprime un’opinione – ci sarebbe da incazzarsi sul serio. Se lui non fosse per sempre rimasto “il ragazzo della via Gluck”, con tutto il suo accorato dolore per la sua strada trasformata in “case su case, catrame e cemento”, ci sarebbe da pensare che sta facendo il gioco sporco e che l’unico suo obiettivo sia confondere le acque e le idee.
Mi riferisco alle due lettere (eccessivamente prolisse, e per fortuna che sui giornali non si sentono le pause) indirizzate urbi et orbi dal cantante e pubblicate sul Fatto quotidiano. Novello santone del qualunquismo, seppur animato dalle migliori intenzioni, nella prima – un appassionato appello al voto per i referendum – Celentano aveva già commesso più di uno scivolone nella prima. Innanzitutto rivolgendosi a leghisti e fascisti. Ma davvero pensava di convertirli? E soprattutto indicando in Antonio Di Pietro una sorta di salvatore della patria e quindi, forse, un possibile leader del centrosinistra (e francamente non si capisce come la cosa possa riguardare fascisti e leghisti). Altra brava persona proprio come Celentano, Antonio Di Pietro (anche se più di una volta ha scelto ed eletto candidati che lo hanno e ci hanno messo nei guai), ma il leader di IdV non è l’unico ad essersi intestato la battaglia per l’acqua pubblica o contro il nucleare e il conflitto di interessi: battaglia comune a molti e a un movimento che va addirittura oltre i confini della somma dei partiti politici sensibili a questi argomenti. E Celentano sarebbe il caso che si informasse prima di dare l’investitura a chicchessia.
Oggi, poi, nella lettera sulle elezioni amministrative di Milano, ha superato se stesso. Come quei ragazzini che a scuola, credendo di compiacere l’insegnante, nel tema ci infilano di tutto – tutto e il contrario di tutto – così viene bello lungo. Appunto: Celentano questo tema lo ha fatto lungo come sempre, ma ha combinato un pasticcio: all’inizio dice che l’unica speranza per il capoluogo lombardo (e forse anche per il Paese intero, perché lo stesso Berlusconi ha ammesso il valore politico di queste elezioni – anche se non c’è da aspettarsi che l’imbonitore ne tragga le conseguenze in caso di sconfitta) è Giuliano Pisapia, poi spiega che in realtà la speranza vera è Mattia Calise, il ventenne candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, infine solleva le braccia, divarica le gambe e fa un’altra giravolta e torna a dire che però forse è meglio votare per Pisapia. Per piacere, qualcuno gli spieghi che la politica non è Yuppi du.
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