Ricordate Franca Viola? Quelli che hanno più di cinquant’anni forse sì. Bisognerebbe farla studiare a scuola la sua storia e metterla nelle enciclopedie alla voce “Dignità”: forse non ci sarebbero tante ragazzine disposte a tutto. E bisognerebbe ricordarla ai politici disposti a tutto.
Franca Viola (che oggi ha poco più di una sessantina d’anni), nella Sicilia degli anni Cinquanta – quella delle donne con gli scialli neri che le ricoprivano dalla testa ai piedi (altro che burqa!) e del lutto per il marito portato a vita – e nell’Italia ancora lontana dalle battaglie femministe, dal nuovo diritto di famiglia, dal divorzio e dalla legalizzazione dell’aborto, era una ragazzina di Alcamo appena diciassettenne, rapita da un suo spasimante respinto (parente di boss mafiosi di calibro) e violentata con l’obiettivo di sanare tutto con il “matrimonio riparatore”, come se un atto burocratico potesse rimarginare una ferita del genere.
Franca Viola, prima fra tutte in Italia, si ribellò in un colpo solo alla prepotenza maschilista e mafiosa. E disse no all’ipocrisia e all’ulteriore violenza di un matrimonio senza amore.
Ora, fatte le dovute proporzioni, vorrei parlare del cosiddetto “diritto di tribuna” concesso (octroyé, come lo Statuto albertino) un paio di mesi fa a Sel e IdV dal presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Francesco Cascio, che – contestualmente e non so quanto casualmente – ha comunicato la propria intenzione di candidarsi alla presidenza della Regione. Decisione motivata dal fatto che quelle due forze politiche (rimaste fuori dall’Ars a causa dello sbarramento al 5% introdotto e confermato nel 2005 con referendum e fortemente voluto dal centrodestra e da Ds e Margherita - al tempo ufficialmente ancora centrosinistra, ma la metamorfosi era già avviata - che, soprattutto i Ds, uccidendo i piccoli partiti della sinistra volevano arginare l’emorragia di voti dovuta solo ai loro errori) sono “espressione di una consistente frazione del corpo elettorale”. Insomma, un matrimonio riparatore dopo la violenza fatta a centinaia di migliaia di elettori privati di rappresentanza politica. Grazie a questa “pezza”, Sel e IdV – ma dopo è stato aggiunto il Psi, perché qualcuno ha ricordato a Cascio che anche i socialisti avevano fatto le spese dello sbarramento – potranno assistere alle sedute del “parlamento siciliano” (cosa che, se non sbaglio, dovrebbe essere consentita a qualunque cittadino) e, soprattutto, avranno a disposizione stanze in cui riunirsi, telefoni, fax, computer.
Francamente la sensazione – supportata anche dalle sviolinate a Cascio da parte dei segretari regionali dei due partiti, Erasmo Palazzotto e Fabio Giambrone – è che gli si sia voluto mettere a disposizione tutti gli strumenti per farsi la campagna elettorale dando loro un vantaggio. E pazienza se Cascio non ricordava, appunto, che fuori dall’Ars era rimasto anche il Psi e se, soprattutto, non ricordava che quel 4,9% (quattrovirgolanovepercento!!!), pari ai voti di oltre centotrentunomila siciliani, non era di Sel che allora non esisteva, ma della lista Sinistra arcobaleno, all’interno della quale c’erano Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi e Sinistra Democratica che poi avrebbe dato vita a Sel. E se la memoria non m’inganna, furono proprio Verdi ed Sd ad opporsi alla presenza della falce e martello nel simbolo: c’è gente che ancora la sta cercando e ha messo la croce dove capitava in assenza di un riferimento certo. Ma questa è un’altra storia. O, se preferite, seguendo l’onda, un’altra narrazione.
Mi chiedo che senso abbia tutto questo. L’unica conseguenza che riesco a vedere è che Cascio si accaparra la riconoscenza dei ripescati in vista della sua candidatura alla presidenza della regione e i ripescati conquistano la possibilità di fare campagna elettorale in una posizione di privilegio rispetto ad altre forze politiche. Ma sul piano della dignità, faccio fatica a pensare che la si possa mantenere dopo una tale genuflessione. In più, l’escamotage della presenza nei consigli regionali di almeno cinque regioni non regge, appunto perché la forza rappresentata in altre regioni, cioè Sel, è diversa da quella che per un soffio non ha superato lo sbarramento in Sicilia. E, francamente, non mi interessa neanche che – a partire da questo ragionamento – il “privilegio” venga esteso anche alla Federazione della Sinistra (Pdci e Prc) e ai Verdi che costituivano tutti insieme la Sinistra Arcobaleno. Appunto, perché si tratta di un privilegio e, in quanto tale, odioso. Così come non mi va (cosa a quanto pare accaduta anche a molti che hanno ricevuto le telefonate di alcuni sondaggisti e che, per una sorta di moderna conventio ad excludendum, non hanno potuto esprimere la loro intenzione di voto per i comunisti perché non erano contemplati ma messi in un unico calderone rosé) di rinunciare alla mia identità comunista e di essere assimilata a chi ambisce a diventare la corrente di sinistra del Pd. Né di prestarmi alla guerra per bande fra Pdl ed Mpa, che considero in egual misura avversari politici e nemici della Sicilia.
Quanto a Cascio, se proprio è stato preso da una botta di democrazia e se vuol farsi perdonare la violenza che i partiti maggiori hanno perpetrato ai danni degli elettori, prima ancora che delle forze politiche più piccole, il presidente dell’Ars non prospetti anacronistici matrimoni riparatori, ma magari solleciti i parlamentari a modificare la legge e quindi abolire questo liberticidio che chiamano sbarramento. Lì, davvero, dimostrerebbe “sensibilità” per dirla con Giambrone.
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