Sembra di sentire Antonio Razzi, il deputato “responsabile” pagato da Berlusconi con un incarico di consigliere del ministro delle Politiche agricole per occuparsi di lotta alla contraffazione alimentare, che motivava la sua nuova carica con l’essere un buongustaio e persino un bravo cuoco che qualche volta aiuta la moglie in cucina. E’ come se un’industria farmaceutica mettesse il custode dell’azienda, solo perché stitico, a fare ricerca sui lassativi.
Stessa logica aristotelica per Raffaele Stancanelli, sindaco di Catania ed ex assessore regionale alle Politiche sociali del governo Cuffaro, indagato dalla procura per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla cricca dei Servizi sociali e accusato dagli inquirenti di avere nominato arbitrariamente presunti esperti in realtà incompetenti (ma tutti più o meno suoi camerati di partito), che ha provato a farsi beffe dei giudici spiegando loro – per esempio – di avere infilato in una commissione aggiudicatrice di un appalto per il servizio di assistenza agli anziani un tal Giuseppe Calì, impiegato delle Poste, la cui competenza risiederebbe nel fatto di essere “padre di un soggetto disabile”, come si legge nelle carte del Gip.
Arroganza del potere: pensare di poter fare qualunque porcheria e poi – grazie all’impunità diffusa – giustificarla sparando cazzate senza paracadute.
Non sempre però la fanno franca. Stavolta il giudice delle indagini preliminari – a dispetto di qualche suo collega che forse avrebbe preferito nascondere la polvere sotto il tappeto – è andato sino in fondo, tanto da decidere per il sindaco di Catania l’imputazione coatta: Stancanelli dovrà essere processato malgrado la richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.
Le carte parlano chiaro: Stancanelli e il fido Ubaldo Camerini, direttore dei Servizi sociali del Comune di Catania, erano il gatto e la volpe. Stancanelli ordinava e Camerini eseguiva: il primo adottava provvedimenti – scrive il Gip – “in radicale assenza di potere” e Camerini, in seguito alla designazione dell’allora assessore, “nominava come esperti dell’area socio-sanitaria, soggetti del tutto estranei al settore di riferimento e quindi funzionalmente incompetenti in materia”. Porcherie su porcherie: secondo il giudice, Stancanelli non solo non avrebbe potuto, ma lo sapeva pure. Nella decisione di imputazione coatta si parla chiaramente di “piena consapevolezza dell’arbitrio perpetrato” e svolto con arroganza tale che le designazioni venivano comunicate all’esecutore materiale dal fax della segreteria politica del mandante. Nomine – specifica ancora il giudice – legate “a logiche politiche e clientelari”.
Stancanelli avrebbe dovuto dimettersi già da molto tempo, per il suo essere un sindaco dimezzato e per avere fatto – ammesso che sia possibile – ancora più danno del suo predecessore Scapagnini e avere ridotto Catania allo stremo. Se avesse un po’ di dignità, adesso dovrebbe recuperare il tempo perduto. Se poi ha paura di restare disoccupato, si tranquillizzi: c’è un’azienda farmaceutica pronta ad assumerlo come ricercatore sui lassativi. Per competenza.
Nessun commento:
Posta un commento