mercoledì 16 maggio 2012
Sfruttamentino della prostituzione
Mi sembra di vederli, il labbro arricciato lateralmente in un sorriso malizioso e l'occhietto liquido di eccitazione in stile barzelletta da caserma, certi cronisti maschi mentre scrivono i loro pezzi su un giro di prostituzione.
"Donnine" le chiamano, pure se la sfruttata è un trans di due metri per due con voce baritonale oppure un'anziana signora ormai disfatta il cui antico mestiere si intuisce solo da un rossetto malfermo come le gambe di un vecchio, che non riesce a delimitare il contorno delle labbra.
Perché le chiamano donnine? A chi serve e a cosa serve chiamarle donnine?
Ipocrisia cattolica e solidarietà maschile al limite della correità: serve a diminuire il senso di colpa, a derubricare il reato? O volete farci credere di chiamarle così, "affettuosamente", perché si tratta di donne molto giovani. Sappiate, se sono ragazzine - e spesso lo sono -, che sono ragazzine, bambine, ma la loro vita è già morta e non potrete sollevare il vostro senso di colpa di maschi bavosi né farle ritornare "fanciulle in fiore" con la vostra terminologia da baciapile.
Serve a sottintendere il resto della frase, che era "donnine allegre" (Sai che allegria ad essere messe in mostra mezze nude in mezzo alla strada, al freddo e al gelo, essere picchiate, essere costrette ad abortire!)? Così, se sono donnine (allegre) e non donne, meritano meno rispetto? Magari un rispettino? E così chi le sfrutta merita indulgenza perché non ha sfruttato delle donne, ma solo delle donnine?
A quando l'introduzione nel codice penale del reato di "sfruttamentino della prostituzione"?
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