martedì 15 maggio 2012
Fazio e Sanremo
Lo posso dire? Due coglioni infiniti! No, non i conduttori (che sono fin troppo furbi): il programma. Anzi: "Il" programma. Ovviamente quello di Fazio e Saviano, titolo preso da una canzone di De Andrè che basta e avanza per far schizzare l'audience.
Per onestà intellettuale premetto che ho visto solo quello che mi permetteva la palpebra, che a una certa ora - qualunque cosa ci sia in tv - cala, irrimediabilmente. Però lo devi guardare, perché Fazio (in coppia con Saviano) ormai è come Sanremo: l'indomani se ne deve parlare. Magari per dire di non averlo visto, ma se ne deve parlare. E dunque ho resistito finché ho potuto, ho aspettato la Littizzetto nella speranza che rendesse un po' più vivace la situazione e me ne sono andata a letto di cattivo umore.
Perché la sensazione che ho avuto (ma, ripeto, ne ho visto poco più di un'ora) è che la - pur sacrosanta, legittima e condivisa: da me, per quello che può importare - rivendicazione di restituire dignità alle parole stuprate e prostituite dall'ultimo Ventennio e la diga retorica che ieri sera ha tracimato da tutti i lati altro non siano che un pretesto per titillare l'ego sconfinato dei due amici e alla fine quello che ti resta negli occhi è un atto di autoerotismo collettivo (che già in sé è un ossimoro) con gigantesca tracimazione finale, ma con la differenza che la gente normale (i ragazzi soprattutto) di solito lo fa al cesso, assicurandosi di aver chiuso bene a chiave la porta, e invece a quei due piace farlo davanti a milioni di persone. Questione di gusti.
E il guaio è che Fazio (e Saviano) non si accontenta più di essere come Sanremo, nel senso che se ne deve parlare, ma è sulla buona strada anche per la durata del programma: tre giorni, com'era il festival un tempo, quindi con buone prospettive di arrivare a cinque, vallette mute comprese. Alle quali del resto neanche l'intellettuale di sinistra rinuncia.
Ho aspettato la Littizzetto, dicevo, e al suo posto si è presentato un pesce che non solo deve subire il castigo di stare imprigionato in un acquario, ma per di più l'acquario aveva un buco di lato e perdeva. E lei giustamente boccheggiava: ho avuto la sensazione che non riuscisse a imbroccare il registro espressivo giusto, che trattenesse la sua comicità per adeguarsi al "parrucconismo" retorico della serata risultando però patetica con quella specie di televendita di mutande che non ha fatto ridere nessuno; e poi, quando ha assunto il tono serio per il ragionamento sul "femminicidio" (che credo le stia sinceramente molto a cuore), non è riuscita ad essere né didascalica né comicamente incazzata come sa essere lei riuscendo a far passare le idee più di mille sermoni dei Fazio-Saviano di turno. Risultato: parlava come un politico consumato che ripete in ogni contesto gli stessi refrain stantii. Sicché, alla fine, è come "Un posto al sole": che sai esattamente cosa succederà e in che sequenza nelle prossime tre puntate.
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