mercoledì 23 maggio 2012

Beddu, riccu e malandrinu

Molti anni fa, ma non tanti da non ricordarsene e da sperare che la cosa sia ormai svanita nel tempo o si sia persa come i fiumi nel mare, nelle case siciliane, quando si delineava l'identikit dell'uomo da sposare si usavano tre termini: beddu, riccu e malandrinu. Qualcuno usava un tono canzonatorio, così da non farsi accusare di eventuali "collusioni", qualcun altro nemmeno si preoccupava di nascondere la totale adesione a questo principio. Beddu, riccu e malandrinu, cioè prepotente, mafioso. Sarà per questo, per questo nesso, che gli uomini belli non mi piacciono. Li puoi guardare e ammirare, certo, solo per gusto estetico, come si fa ad una mostra di quadri, che sono interpretazioni della realtà. Lo guardi, dici "bello" e continui il giro della galleria, analizzi colori e tecniche pitturali, cogli l'impressione, il sole che sorge, bello, bellissimo, ma è un'impressione. Poi torni a casa e ci sono le foto, che sono la rappresentazione della realtà, e c'è il sole quello vero che forse se non ti metti la protezione 50 ti fa diventare rosa-pig, ma quando ti entra nella pelle è un brivido come pochi. No, decisamente non mi piacciono gli uomini belli. E ancora meno mi piacciono quelli ricchi e malandrini. Perché se sono ricchi, di solito lo sono diventati sfruttando lavoratori, non pagando le tasse, usando il sopruso, la raccomandazione, la clientela, il favore. Tutto questo, per quanto mi riguarda, è mafia, nient'altro che mafia. E dovremmo avere il coraggio di ammetterlo che - ben prima che Berlusconi sdoganasse la mafia, l'evasione fiscale e l'illegalità in genere e le facesse diventare "valori" attraverso il linguaggio delle sue tv - la tradizione orale delle nostre famiglie ha fatto altrettanto danno proponendo quei disvalori come valori e pasticciando tutto, facendo passare per "favore" il diritto di tutti a lavorare, per "amico" un merdoso tangentista e per "famiglia" una congrega di assassini. Facciamo una cosa, oggi che è il ventesimo anniversario della strage di Capaci, facciamo una cosa noi che eravamo già grandi e i nostri figli che lo sono diventati nel frattempo e qualcuno ha anche fatto dei figli: oggi e da oggi cominciamoglielo a spiegare ai bambini che i nonni e i bisnonni (ai quali non per questo vogliamo meno bene) hanno detto e reiterato nei secoli un sacco di cazzate. Spieghiamoglielo alle nostre figlie e alle nostre nipoti che se uno è bello molto probabilmente è anche un coglione; che se uno è ricco molto probabilmente ha schiavizzato qualcuno e rubato allo Stato i soldi che avrebbero dovuto servire per le scuole e gli ospedali; che se uno è "malandrinu", quindi mafioso, non è un uomo da sposare, ma è una merda da cui tenersi il più lontano possibile. Magari, invece, potremmo recuperare un altro identikit antico (e molto meno di moda) dell'uomo se non da sposare di cui certamente innamorarsi: onesto, lavoratore. Cominciamo oggi, rendiamo onore in questo modo da oggi (e non con le parate di assassini e complici in doppiopetto che ci annegano nella retorica) a quegli onesti lavoratori: il magistrato, la magistrata, i tre agenti di scorta.

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