Un cerchio, un punto al suo interno, una freccia rivolta verso il cerchio. La freccia è un uomo, un uomo maturo, uno con le spalle larghe, uno che ha imparato ad affrontare le cose più difficili e la malvagità del mondo. Eppure non perde la sua umanità. Il punto (il punto fermo, il punto di riferimento) è sua madre: il cerchio è il nido, la casa materna.
Quell'uomo era Paolo Borsellino e forse a dare la misura della sua grandezza è proprio quel suo modo essenziale e quasi infantile di segnare sull'agenda la consuetudine domenicale di far visita alla mamma, fra i tanti e importanti impegni di uno che tutti i giorni aveva appuntamento con la morte.
Lo ha raccontato suo fratello Salvatore, ieri durante la manifestazione delle Agende rosse, spiegando di averlo appreso da uno dei colleghi del magistrato ucciso dalla mafia vigliacca proprio una domenica pomeriggio, mentre tornava al nido, in via D'Amelio.
Non c'è molto da dire su questa abitudine "normale" di Paolo Borsellino, se non che l'emozione blocca le parole e i pensieri e che in questo momento suonano ancor più disgustose e indigeste le parole di chi - come Fabrizio Cicchitto - ancora una volta, obbedendo a un ben preciso ordine di scuderia, attacca Antonio Ingroia per aver denunciato che c'è una parte del Paese che non vuole sapere chi sono i responsabili di Via D'Amelio e aggiunge che il Pdl considera Falcone e Borsellino "non in modo retorico, non solo due personalità fondamentali della lotta alla criminalità organizzata ma anche portatori di qualcosa di più, come espressione alta di impegno di moralità e vivere civile". Parlano di moralità quelli che hanno trasformato le istituzioni in bordello e lo Stato in biscazziere (ora ci mancava solo il poker on-line) e che negano ai cittadini persino il diritto alla salute.
Come altrettanto disgustose risultano le dichiarazioni di chi dice basta alla "retorica delle commemorazioni" e sollecita verità sulle stragi non provando la minima vergogna ad affermare che "la politica deve essere credibile sostenendo e non ostacolando il lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine per fare piena luce su quella stagione fatta di collusioni con gli apparati deviati dello Stato e con la stessa politica". Cominci lui - Beppe Lumia, l'ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia - ad essere credibile troncando il perverso rapporto (di cui è artefice e strenuo sostenitore) del suo partito con un presidente di Regione indagato per mafia. Cos'è la sua, se non retorica delle commemorazioni?
Io preferisco le parole limpide, eroicamente umane, di chi ritiene che per onorare davvero Falcone e Borsellino "Il miglior modo è quello di essere cittadini attivi, non con atti di eroismo, ma con quel coraggio e quella responsabilità della cittadinanza. Rifiutare quel tentativo insistito di tenere i cittadini come sudditi teledipendenti, riscattando il proprio presente per avere un futuro più libero". Queste parole le ha dette Antonio Ingroia, che il suo nido professionale (e umano) lo ha costruito insieme a Falcone e Borsellino. Tutto il resto è ipocrisia e aria fritta, che fa male allo stomaco e ti dà la nausea.
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