mercoledì 3 aprile 2013

Coincidenze (e incazzature)

Avevo appena firmato la petizione contro il delitto che si sta compiendo ai danni dell'Isola delle correnti di Portopalo, la costruzione di uno stabilimento balneare con annesso corredo di incivile civilizzazione (turisti della domenica, cemento, rumori, confusione, sporcizia, musica a palla, rifiuti...), quando - coincidenza - mi è arrivata una mail da uno dei componenti della Banda Roncati. Mi diceva di aver trovato in bozza un articolo che avevo scritto su di loro sette anni fa, quando li conobbi appunto a Portopalo, e mi chiedeva se ne avessi una copia. Quell'articolo, che avrebbe dovuto essere pubblicato su Rinascita, purtroppo non uscì. Parlavo di un'incazzatura - coincidenza - che grazie a loro mi era passata. Lo pubblico qui adesso, senza cambiare una sola virgola, come piccolo contributo a questa battaglia per salvare uno dei posti più belli e selvaggi della Sicilia, per tutelare una di quelle sensazioni dell'anima che ti entrano nelle vene come l'ossigeno che alimenta il sangue e senza il quale rischi di soffocare. Spero che serva per indurre qualcun altro a firmare. E spero che l'estate prossima, quando tornerà di nuovo in Sicilia, la Banda Roncati riesca a farmi passare (a me e a tutti quelli che amano quel luogo in maniera del tutto naturale, istintiva e selvaggia) questa nuova incazzatura. http://www.activism.com/it_IT/petizione/l-isola-delle-correnti-e-un-bene-comune-e-di-tutti/43048 Portopalo di Capo Passero, la punta estrema della Sicilia dove si abbracciano lo Jonio e il Mediterraneo, è un posto magico. Non puoi fare a meno di tornarci in continuazione, dopo che l’hai conosciuta, e questo malgrado l’assoluta mancanza di professionalità della gran parte di albergatori e ristoratori e nonostante sia stato vittima di amministrazioni comunali di centrodestra che sembrano disprezzare il gioiello che hanno per le mani. Palazzine deturpate da bronzei cimiteriali infissi in alluminio anodizzato (grande Woody Allen che ne piazzerebbe l’inventore in un girone dell’inferno!), case costruite in spregio delle leggi e lasciate lì incompiute, spazzatura, nessuna attività culturale degna di tale nome e l’unica che c’era fino a qualche anno, il festival del cinema di frontiera, trasferito definitivamente a Marzamemi che prima lo condivideva con Portopalo. Eppure ci torni, tutte le volte che puoi. Io li ho conosciuti lì. Ero in piazza, la Terrazza dei Due mari, dove si preparava un deprimente spettacolo di varietà con ragazzine bardate come cavalli e bistrate come in un bordello di quart’ordine, pronte ad esibirsi sul palco del paese, coltivando il sogno sinistro (o destro?) di finire a starnazzare in qualche tv berlusconiana. Prima che cominciasse, prima di mettermi a urlare in preda a una crisi di nervi, me ne sono andata, rassegnata a fare “le vasche” per il corso Umberto, invaso da bancarelle di cinesi stracariche di roba scadente e a basso costo, più deprimenti delle ruspanti pretty babies. D’un tratto lo scenario è cambiato: qualche nota vaga nell’aria, la miopia che non ti aiuta, il terrore di imbattermi in qualche altra manifestazione da strapaese voluta dal Comune. Poi li ho visti: belli, sorridenti, divertenti, allegri, stavano in mezzo alla strada, con i loro ottoni, qualche tamburo, le nacchere, una di loro con un cappello in mano a sollecitare le ‘offerte’. A Portopalo c’erano andati in vacanza, ma non hanno resistito all’idea di travolgere gli altri con la loro passione. E’ la Banda Roncati, una marching band fra le tante che sono nate negli ultimi anni in Italia: loro suonano e camminano, tu balli e gli vai dietro, stregata, senza rendertene conto, effetto ‘pifferaio magico’. Nel loro repertorio, dalla più ‘bandesca’ “Rosamunda” alla “Tammurriata nera”, fino alle sigle delle trasmissioni tv riarrangiate in maniera ironica; nella loro storia, l’impegno nella marginalità sociale. I loro primi spettacoli, ormai 14 anni fa, si svolgevano con la proiezione di diapositive sui reparti psichiatrici e la lettura delle controindicazioni contenute nei foglietti illustrativi degli psicofarmaci. Il loro stesso nome deriva da “un’irruzione – racconta Vincenzo Vitullo – all’ospedale psichiatrico Roncati di Bologna” fatta da un gruppo di musicisti che lavorava ad Imola insieme a Giorgio Antonucci: “uno psichiatra sui generis” lo definisce Vincenzo, che già prima dell’approvazione della legge Basaglia aveva tolto le inferriate alle finestre e via via eliminato mezzi di contenzione e psicofarmaci, restituito le posate di acciaio, mandato i degenti a passeggiare nel parco. E gli aveva regalato la musica. Da allora, e da quei pochi elementi, la banda non ha smesso di esistere e di espandersi. Un numero assolutamente variabile di musicisti, nessun direttore, nessun requisito di professionalità: soltanto la voglia di trasmettere allegria, di stare vicini a chi è emarginato dalla società – non soltanto i malati psichiatrici, ma gli immigrati, gli omosessuali, i detenuti - e di tradurre in musica il loro impegno politico. “Siamo assolutamente schierati a sinistra”, spiega Vincenzo, mentre Cinzia aggiunge che per lei la banda è “la soluzione ideale” per coniugare la sua voglia di impegno politico e la necessità di trasmettere un messaggio non violento. Infatti li trovi alle manifestazioni della sinistra, alla marcia per la pace Perugia-Assisi, e “la nostra presenza – aggiunge Cinzia -, il fatto che noi suoniamo alle manifestazioni, serve a non alimentare lo scontro”. Di “progetto politico” che li unisce parla Gabriella, che aggiunge: “ho difficoltà a parlarti della mia esperienza nella banda senza raccontarti la banda stessa”. E’ una storia di affiatamento la loro, di amicizia, di decisioni collettive, di sguardi che si capiscono al volo, fra di loro e anche con le bande dello stesse genere, la Titubanda, gli Ottoni a scoppio, con cui si incontrano alle manifestazioni, suonano insieme, si scambiano le date. E anche quest’articolo è corale: Vincenzo racconta la ‘genesi’, Cinzia precisa di essere “la più impedita”, Piero manda le foto, Gabriella spiega che “chi conosce il pezzo lo insegna a chi non lo sa…a volte guardi le dita del tuo vicino: è una specie di autoapprendimento”, Gino che ha studiato al Dams e sa leggere la musica dice che loro hanno una capacità particolare, in situazioni di strada, di “cogliere il momento della festa”, come a Portopalo dove si sono fermati a suonare per la signora del ristorante (una dei pochi a capirli) che gli offriva il fritto di gamberetti, o sotto i ponti o ancora, qualche settimana fa, in una casa di riposo di Bologna dove si festeggiavano i novant’anni di una partigiana e “i vecchini erano felicissimi”. E anche lui ricorda come alle manifestazioni, quando sono preannunciate situazioni difficili, loro si mettono alla testa del corteo, fra i cordoni della polizia e i manifestanti: e le tensioni si dissolvono. Come le incazzature che ti prendi a Portopalo.

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