lunedì 15 aprile 2013

Pipì stabile e sicura

Sono sicura che se decidessi di avviare una raccolta di firme a sostegno della legge di iniziativa popolare che ho in mente, ne otterrei una quantità infinita: certamente quelle di tutte le donne alte meno di un metro e sessanta. Una giustissima causa, dal momento che a ciascuna di noi è capitato - senza distinzione di razza, di lingua, di religione o di opinioni politiche - di dover esercitare il diritto costituzionale alla pipì usufruendo delle toilettes di un bar. Ora, il fatto è che già prima (cioè prima che, giustamente, una legge imponesse di adeguare i bagni per i portatori di handicap) eravamo costrette a farla all'impiedi per evidenti ragioni igieniche, ma ora la situazione si è aggravata. Molti proprietari di bar, infatti, per nulla intenzionati a spendere un centesimo in più del minimo indispensabile, non è che hanno aggiunto il wc per i disabili, no: hanno accorpato tutto, eliminando persino la distinzione fra "signore" e "signori", in un unico cesso alto quanto un grattacielo. Con la conseguenza che tutte noi al di sotto (o molto al di sotto, come nel mio caso) del metro e sessanta, non essendo munite di prolunga, oltre che all'impiedi siamo costrette a stare in punta di piedi che non ci riuscirebbe nemmeno Carla Fracci. Risultato? Io faccio un balletto strano: chiedo dove sono le toilettes, entro, constato l'impossibilità di scalare l'Everest, torno sui miei passi, saluto ed esco contorcendomi esattamente come quando ero entrata. Ma dico, già andare in un cesso pubblico non è che sia particolarmente esaltante e ci vai solo se ti scappa, in più ti devono punire? Cos'è, una specie di scuola di sopravvivenza? E alla fine - se sei riuscita a farla in piedi, in punta di piedi e pure facendo centro - cosa vinci, una pipì da seduta sul wc più pulito del mondo? In attesa che qualcuno mi chiarisca qual è il premio, io comincio la mia battaglia: per una pipì stabile e sicura.

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